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L’uomo guardò lungo il tunnel nella direzione da cui era arrivato Theo, poi infilò la mano all’interno della giacca di pelle che indossava ed estrasse una pistola.

Il cuore di Theo ebbe un sussulto. Naturalmente, anni prima, quando il giovane Helmut gli aveva menzionato una Glock 9 mm., Theo aveva cercato una fotografia di quell’arma sul Web. La pistola squadrata semiautomatica che adesso era puntata su di lui era proprio quella dell’immagine; il suo caricatore poteva contenere fino a quindici proiettili.

L’uomo abbassò lo sguardo sulla pistola, come se lui per primo fosse sorpreso di vedersela in mano. Poi scrollò appena le spalle. «Una cosetta che mi sono procurato negli Stati Uniti… laggiù è molto più facile che venga fuori roba del genere.» Fece una pausa. «Eh, sì, lo so che cosa sta pensando.» Indicò con un gesto della mano la valigetta di alluminio con il timer a led blu. «Lei sta pensando che forse questa è una bomba. Ed è esattamente questo, una bomba. Immagino che avrei potuto collocarla in qualsiasi punto, ma ho percorso la galleria per un bel pezzo prima di trovare un luogo in cui nasconderla, per paura che qualcuno la trovasse. Infilarla in questo posto mi è sembrata la scelta più adatta.»

«Che cosa…» Theo si sorprese nel sentire come suonava la sua voce. Deglutì, sforzandosi di riacquistarne il controllo. «Che cosa sta tentando di ottenere?»

L’uomo scrollò di nuovo le spalle. «Mi sembra evidente. Sto cercando di sabotare il vostro acceleratore di particelle.»

«Ma perché?»

L’uomo gesticolò con la pistola in direzione di Theo. «Lei non mi riconosce, vero?»

«Ha l’aria familiare, ma…»

«È venuto a trovarmi in Germania. Uno dei miei vicini si era messo in contatto con lei; nella mia visione io stavo guardando un notiziario in videonastro sulla sua morte.»

«È vero» disse Theo. «Mi ricordo.» Non gli venne in mente il nome dell’uomo, ma ricordava benissimo l’incontro con lui, vent’anni prima.

«E perché stavo guardando quel notiziario? Come mai la storia della sua morte era l’unica storia di quel notiziario che stavo seguendo in quel futuro nel quale sono stato proiettato? Perché stavo controllando se avessero qualche prova che poteva ricondurre a me. Non ho mai avuto l’intenzione di uccidere qualcuno, ma io la ucciderò, se sarà necessario. In fondo sarebbe anche giusto. Lei ha ucciso mia moglie.»

Theo cominciò a protestare che lui non aveva fatto nulla del genere, ma poi gli tornò alla mente. Sì, ricordava la sua visita a quell’uomo. Sua moglie era caduta per le scale in una stazione della metropolitana durante il fenomeno della dislocazione temporale: si era spezzata l’osso del collo.

«Non potevamo assolutamente prevedere quello che sarebbe successo… non c’era proprio nessun modo di saperlo.»

«Ma certo che c’era un modo» scattò l’uomo… Rusch, ecco come si chiamava. Theo ricordò: Wolfgang Rusch. «Ma certo che c’era. Nessuno vi obbligava a fare quello che avete fatto. Tentare di riprodurre le condizioni dell’origine dell’universo! Tentare di portare con la forza l’opera di Dio alla luce del giorno! La curiosità dicono, uccise il gatto. Ma è stata la vostra curiosità… ed è mia moglie che è morta.»

Theo non sapeva che cosa dire. Come spiegare la scienza — il bisogno, la ricerca — a qualcuno che è palesemente un fanatico? «Mi ascolti,» disse Theo «dove sarebbe il mondo se noi non avessimo…»

«Lei pensa che io sia pazzo?» disse Rusch. «Pensa che sia fuori di cervello?» Scosse la testa. «Non sono fuori di cervello.» Infilò la mano nella tasca posteriore e tirò fuori il portafogli. Armeggiò per estrarne una tessera laminata gialloblu e la mostrò a Theo.

Theo la guardò. Era una un tesserino di facoltà, dell’università di Humboldt. «Docente con cattedra» disse Rusch. «Dipartimento di chimica. Laurea alla Sorbona.» Giusto… nel 2009 l’uomo aveva detto che insegnava chimica. «Se allora avessi saputo del suo ruolo in tutto questo, non le avrei parlato. Ma lei è venuto a trovarmi prima che il CERN rendesse pubblico il suo coinvolgimento nella faccenda.»

«E adesso vuole uccidermi?» chiese Theo. Il suo cuore batteva così forte che gli sembrò sul punto di scoppiare, mentre sentiva il sudore che gli colava lungo tutto il corpo. «Questo non riporterà in vita sua moglie.»

«Oh, certo che lo farà» disse Rusch.

Era proprio pazzo. Dannazione, perché Theo era andato nella galleria da solo?

«Non la sua morte, naturalmente» aggiunse Rusch. «Ma ciò che sto facendo. Sì, riporterà in vita Helena. Tutto per via del principio di esclusione di Pauli.»

Theo non trovò nulla da controbattere: quell’uomo vaneggiava. «Che cosa?»

«Wolfgang Pauli» disse Rusch, annuendo. «Mi piace raccontare ai miei studenti che mi hanno chiamato Wolfgang in suo onore, ma non è vero… era lo zio di mio padre che si chiamava così.» Una pausa. «Il principio di esclusione di Pauli si applicava in origine solo agli elettroni: due elettroni non possono occupare simultaneamente lo stesso stato di energia. In seguito venne allargato fino a comprendere altre particelle subatomiche.»

Theo sapeva tutto ciò. Cercò di nascondere il panico crescente. «E con questo?»

«Con questo io credo che il principio di esclusione si applichi anche al concetto di adesso. Ci sono tutte le prove: può esserci un solo adesso… in tutta la storia dell’uomo siamo sempre stati d’accordo su quale momento sia il presente. Non c’è mai stato un momento in cui una parte dell’umanità fosse convinta che era adesso, mentre un’altra parte credeva che fosse il passato, e un’altra ancora pensava che fosse il futuro.»

Theo alzò appena le spalle, senza riuscire a capire dove portasse quel discorso.

«Ma non capisce?» disse Rusch. «Proprio non ci arriva? Quando lei ha spostato in avanti di ventuno anni la consapevolezza dell’umanità — quando lei ha spostato l’adesso dal 2009 al 2030 — il senso dell’adesso che apparteneva alla gente del 2030 deve essersi spostato da qualche altra parte. Il principio di esclusione! Ogni momento esiste come ‘adesso’ per coloro che vi sono congelati dentro… non si può sovrapporre l’adesso del 2009 a quello del 2030: i due adesso non possono esistere simultaneamente. Nel momento in cui avete spostato in avanti l’adesso del 2009, l’adesso del 2030 è stato costretto a lasciare quel tempo. Quando ho saputo che avevate intenzione di replicare ancora l’esperimento nel momento esatto che le visioni originali avevano mostrato, ogni cosa è andata al suo posto.» Fece una pausa. «La supernova di Sanduleak oscillerà per molti decenni o secoli… di certo il tentativo di domani non sarà l’ultimo. Lei pensa che il desiderio dell’umanità di vedere il futuro verrà soddisfatto da un’altra occhiata? Certo che no. Siamo sempre famelici nei nostri desideri. Fin dai tempi antichi nessun sogno è mai stato più seducente di quello di vedere il futuro. Ogni volta che sarà possibile spostare la sensazione di adesso, noi lo faremo… sempre ammesso che domani il vostro esperimento abbia successo.»

Theo guardò la bomba. Se leggeva correttamente il display mancavano ancora cinquantacinque ore prima che esplodesse. Cercò di pensare con chiarezza: non immaginava quanto fosse snervante avere una pistola puntata al cuore. «E quindi… quindi che cosa vuole affermare? Che se qui nel 2030 non c’è nessuna apertura perché la consapevolezza del 2009 vi si infili dentro, allora quel primo balzo non avverrà mai?»

«Proprio così!»

«Ma è assurdo. Il primo balzo è già avvenuto. Noi tutti lo abbiamo vissuto ventuno anni fa.»

«Non tutti… qualcuno è morto» disse secco Rusch.

«Be’, certo, ma…»

«Sì, è successo. Ma io lo annullerò. Io scriverò retroattivamente gli ultimi due decenni.»