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Un’altra occhiata al temporizzatore della bomba: le cifre azzurrine risplendevano nell’oscurità. Trentasette minuti.

Bang!

Il proiettile sibilò a un palmo da Theo, che si rannicchiò istintivamente, poi colpì un’intelaiatura metallica sul soffitto, riempiendo il tunnel di scintille.

Theo sperò che Jake e Moot fossero scesi dalla stazione di accesso usando l’ascensore. Se la cabina si trovava in alto, Theo non aveva il tempo di aspettarla, e avrebbe dovuto farsi di corsa tutte le rampe di scale per evitare che Rusch gli sparasse addosso.

Theo sterzò di nuovo, questa volta per evitare una staffa che sosteneva la conduttura con i cavi della monorotaia. Si guardò indietro. Accidenti, il carrello di Rusch doveva avere una batteria più carica della sua; adesso gli era quasi alle calcagna.

La parete ricurva della galleria continuò a scorrergli avanti e, sì… perdio, eccola! La zona di sosta della stazione di accesso. Ma…

Ma ormai Rusch era troppo vicino… fin troppo vicino. Se Theo avesse fermato lì il carrello, Rusch gli avrebbe sparato addosso. Dannazione, dannazione, dannazione.

Theo provò un colpo al cuore mentre oltrepassava la stazione di accesso. Si girò sul sedile e la vide allontanarsi alla vista. Rusch, che evidentemente non aveva voglia di inseguire Theo per tutto il tunnel, sparò un altro colpo. Questo colpì il carrello, e la sua struttura metallica reagì vibrando.

Theo sollecitò il veicolo. Gli tornarono alla mente i vecchi carrelli da golf che il CERN utilizzava per percorrere brevi distanze all’interno della galleria, e ne sentì la mancanza. Almeno quelli non rischiavano di capovolgersi per l’eccessiva velocità.

I due continuarono a correre, sempre più avanti, ondeggiando lungo il tunnel, e…

Un forte fragore alle sue spalle. Theo si guardò indietro. Il carrello di Rusch aveva urtato contro la parete, e si era fermato. Theo non riuscì a reprimere una risatina.

Calcolava di avere percorso ormai circa diciassette chilometri… fra poco sarebbe comparsa alla vista la piazzola della stazione della monorotaia. Poteva raggiungerla, prendere l’ascensore e risalire fino alla sala di controllo dell’LHC. Sperò di vedere il trenino parcheggiato lì, il che voleva dire che Jake e Moot erano riusciti a raggiungere la salvezza, e…

Maledizione! Il suo carrello a cuscino d’aria, con la batteria scarica, stava esalando l’ultimo respiro. Probabilmente prima era risuonato il segnale di allarme, ma Theo non era riuscito a sentirlo per il rumore prodotto dal motore sollecitato al massimo. Il carrello cadde sul pavimento della galleria, scivolando per una certa distanza lungo la superficie di cemento prima di fermarsi in modo definitivo. Theo afferrò la bomba e si mise a correre. Una volta, da ragazzo, aveva partecipato a una rievocazione della corsa effettuata nel 490 A.C. da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria dei greci sui persiani… ma allora aveva trent’anni di meno. Adesso il cuore gli batteva forte, mentre cercava di aumentare la velocità.

Bang!

Un altro colpo di pistola. Rusch doveva essere riuscito a rimettere in funzione il carrello. Theo continuò a correre, con le gambe che, almeno nella mente, gli pesavano come macigni. Più avanti si trovava l’area di smistamento principale del campus, con una dozzina di carrelli parcheggiati lungo la parete. Solo un’altra ventina di metri…

Si guardò indietro. Rusch si stava avvicinando rapidamente. Cristo, non poteva fermarsi lì… sarebbe diventato un bersaglio fin troppo facile.

Theo costrinse il suo corpo a resistere per gli ultimi metri, e…

La caccia continuò.

Si lasciò cadere dentro un altro carrello a cuscino d’aria e si ritrovò nuovamente a piroettare lungo il tunnel, sempre in senso orario. Si guardò alle spalle. Rusch abbandonò il suo carrello, probabilmente preoccupato per la carica delle batterie, e salì a bordo di un altro, lanciandosi subito all’inseguimento.

Theo diede un’occhiata al timer della bomba. Restavano solo venti minuti, ma questa volta sembrava che lui avesse un buon vantaggio. E proprio per quello si soffermò a riflettere per un momento. Poteva essere che Rusch avesse ragione? Poteva esistere la minima possibilità di disfare tutti i danni, tutti i lutti che si erano verificati ventuno anni prima? Se non fossero esistite le visioni, la moglie di Rusch poteva essere ancora viva; così come la figlia di Michiko, e il fratello stesso di Theo, Dim.

Ma, naturalmente, nessuno che fosse stato concepito dopo le visioni — nessuno che fosse nato negli ultimi vent’anni — sarebbe stato lo stesso. Quale spermatozoo penetrasse in un ovulo dipendeva da migliaia di dettagli; se il mondo si sviluppava in modo differente, se le donne restavano incinte in giorni diversi, o addirittura in secondi diversi, i loro figli sarebbero stati diversi. C’erano — quanti erano? — qualcosa come quattro miliardi di individui che erano nati negli ultimi vent’anni. Anche se fosse riuscito a riscrivere la storia, aveva forse qualche diritto di farlo? Quei miliardi di uomini non meritavano forse i settant’anni di vita loro destinati, invece di essere semplicemente spazzati via, nemmeno uccisi ma del tutto cancellati dalla linea temporale?

Il carrello di Theo continuò il suo viaggio lungo la galleria. Si guardò ancora all’indietro; Rusch spuntava in quel momento dalla curva del tunnel.

No. No, anche se avesse potuto, lui non avrebbe cambiato il passato. E poi non era convinto che Rusch avesse ragione. Sì, il futuro poteva essere cambiato, ma il passato? No, quello doveva essere immutabile. Almeno su quello era sempre stato d’accordo con Lloyd Simcoe. Ciò che sosteneva quel Rusch era pura follia.

Un altro sparo! La pallottola lo mancò, colpendo il soffitto del tunnel sopra di lui. Ma Rusch ci avrebbe provato di nuovo, se avesse capito dove stava puntando Theo…

Un altro chilometro di corsa. Il timer segnava ormai undici minuti. Theo osservò i segnali lungo la parete, cercando di illuminarli con la fioca luce dei fari. Doveva essere poco avanti, e…

Eccola! Proprio dove l’aveva lasciata!

La monorotaia, appesa al soffitto. Se fosse riuscito a raggiungerla…

Echeggiò un altro colpo di pistola. Questo colpì il carrello, e per poco Theo non perse di nuovo il controllo dei veicolo. La monorotaia si trovava ancora a un centinaio di metri di distanza. Theo armeggiò ancora con la leva di guida, chiedendole velocità, sempre più velocità…

La monorotaia era composta da cinque elementi: una cabina a ciascuna delle due estremità, e tre vetture nel mezzo; lui doveva raggiungere la cabina più lontana, perché il treno si sarebbe mosso solo nella direzione che i suoi sistemi di rilevazione consideravano come in avanti.

C’era quasi…

Non rallentò gradualmente il carrello a cuscino d’aria; al contrario, tirò di scatto il freno. Il veicolo schizzò in avanti, e Theo insieme a esso. Andò a sbàttere contro la parete del tunnel, scivolando via e facendo volare scintille da tutte le parti. Theo uscì, afferrò la bomba e…

Un altro sparo…

Dio!

Uno schizzo del suo stesso sangue gli imbrattò la faccia…

Un dolore forte come non lo aveva mai provato in tutta la sua vita…

Un pallottola piantata nella spalla destra…

Dio…

Lasciò cadere la bomba, poi la riafferrò a tentoni con la mano sinistra e s’infilò barcollando nella cabina della monorotaia.

Dolore… dolore incredibile…

Premette il pulsante di avvio.

I fari, montati al di sopra del parabrezza inclinato, si accesero, illuminando la galleria davanti a lui. Dopo l’oscurità dell’ultima ora, quella luce gli sembrò dolorosamente forte.

La monorotaia si mise in moto, emettendo una specie di gemito. Theo spinse la leva della velocità, e il treno accelerò progressivamente.