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Ancora la sua risposta, insieme adulatrice e sbarazzina.

— Be’, è vero — sorrise lui. — Per voi non penso sia la stessa cosa.

La sua disinvoltura sembrò contagiarlo; e sia che lei scherzasse prendendogli la mano, o che lui si stupisse del proprio coraggio sfiorando la sua, l’apparizione era reale sotto le sue dita, e la pelle morbida e liscia.

— Siete troppo audace. Voglio dire, non sono abituato a vedere delle donne appena conosciute… che si comportano in questo modo.

La sua logica affascinante gielo spiegò di nuovo, facendolo sentire più vicino a lei, sempre più vicino, finché anche le sue dolci canzonature non furono che una musica incantevole.

— Be’, sì, siete senza corpo e certe cose non hanno valore. Ma…

E lei lo interruppe, con una parola, o un bacio, uno sguardo, un sorriso, senza che lui si accorgesse di essere stato toccato, ma riportandone una specie di luminoso stupore, paura, eccitazione; la sensazione di quel corpo contro il suo, qualcosa di completamente nuovo. Lui lottò per trattenerla, per mantenere soprattutto dentro di sé quel ricordo, ma si sentiva debole, almeno quanto si indeboliva via via il contatto di quella figura. Lei se ne stava andando! E ora sembrava ridere, come se…

Rimase immobile mentre la risata si allontanava, e uno smarrimento angosciato gli si infiltrò nella mente facendo sfumare la sua coscienza…

5

Quando gli altri ritornarono, Ottone gridò: — Buone notizie! Abbiamo trovato quello che volevamo.

— L’equipaggio arriverà fra poco — aggiunse Calli. Rydra gli tese le tre piastrine metalliche. — Si presenteranno alla nave due ora prima… ma cos’è successo?

Danil D. Appleby allungò una mano per prendere le piastrine. — Io… lei — e non poté dire altro.

— Chi? — chiese Rydra. La preoccupazione che lui le leggeva sul viso stava scalzando dalla sua mente anche i più piccoli ricordi di quello che era successo, e questo non gli piaceva.

Calli scoppiò in una risata. — Una succube! Mentre noi eravamo via, è stato agganciato da una succube!

— Già! — Ottone ridacchiò. — Guardatelo! — Anche Ron si mise a ridere.

— Era una donna… credo. Posso ricordare quello che io ho detto…

— Quanto ti ha preso? — gli domandò Calli.

— Preso?

Ron scosse il capo. — Non credo che lo sappia.

Calli sogghignò al Navigatore Tre e poi al doganiere. — Dai un’occhiata al portafogli.

— Come?

— Dagli un’occhiata.

Incredulo, lui si frugò in una tasca. Aprì la busta metallica. — Dieci… Venti… Ma io ne avevo almeno cinquanta quando sono uscito dal caffè!

Calli si batté le cosce ridendo. Poi si avvicinò al doganiere e gli pose un braccio intorno alle spalle. — Diventerai un vero uomo dei Trasporti, dopo che ti sarà successo ancora un paio di volte.

“Ma lei… io…” La sua mente era stata derubata di tutti i ricordi, e questo vuoto gli bruciava non meno di una delusione d’amore. Il portafogli depredato era una sciocchezza. I suoi occhi si gonfiarono di lacrime. — Ma lei era… — e la confusione soffocò la fine della frase.

— Che cos’era, amico? — gli chiese Calli.

— Lei… era. — Quella era l’unica verità.

— Anche senza cor’o, ’ossono fregare gli ingenui — mormorò Ottone. — E di solito tentano di farlo con dei metodi s’orchi. Sarei imbarazzato, se dovessi dirti quante volte è successo anche a me.

— Vi ha lasciato abbastanza per arrivare a casa — intervenne Rydra. — Per il resto, vi rimborserò io.

— No, non…

— Andiamo, capitano. È stato lui a goderne, e ora tocca a lui pagare, eh, doganiere?

Tossicchiando imbarazzato, l’uomo annuì.

— Allora date un’occhiata a quegli indici — consigliò Rydra. — Dobbiamo ancora trovare una Lumaca e il Navigatore Uno.

A un telefono pubblico, Rydra richiamò la Marina. Sì, era già stata radunata una squadra. E con loro veniva raccomandata una Lumaca. — Benissimo — disse Rydra, e tese il ricevitore al doganiere. Questi fece comunicare gli indici psichici e li unì a quelli dell’Occhio, dell’Orecchio e del Naso che Rydra gli aveva consegnato. Poi eseguì l’integrazione finale. La Lumaca sembrava particolarmente indicata. — Mi pare un coordinatore di talento — arrischiò il doganiere.

— Non si riesce mai ad avere una Lumaca tro’’o buona. Specialmente con una squadra nuova del mestiere. — Ottone scosse vigorosamente la testa. — È sem’re un ’roblema far filare diritto i ragazzi.

— Questo dovrebbe riuscirci facilmente. Possiede il più alto indice di compatibilità che io abbia mai visto.

— Ma qual è il suo quoziente di ostilità? — chiese Calli. — All’inferno la compatibilità! È capace di rifilarti una pedata nel culo quando ne hai bisogno? Il doganiere scrollò le spalle. — Pesa centoventi chili ed è alto solo un metro e settanta. Avete mai conosciuto una persona grassa che sotto il suo lardo non fosse maligna come un topo?

— Questo volevo! — esclamò Calli con una risata.

— Dove andremo a curare l’altra ferita? — domandò Ottone a Rydra.

Lei alzò le sopracciglia con aria interrogativa.

— Intendevo a cercare il ’rimo navigatore — spiegò Ottone.

— Alla Morgue.

Ron ebbe un brivido, Calli sembrò meravigliato. Le piccole cimici luminose formarono una collana intorno al suo collo, poi si riversarono sul petto poderoso. — Capitano, sapete che il nostro primo navigatore deve essere una ragazza disposta a…

— E lo sarà — rispose Rydra.

Lasciarono il Settore Discorporato e salirono sulla monorotaia per attraversare i tortuosi recessi della Città dei Trasporti, poi Costeggiarono lo spazioporto. L’oscurità dietro i finestrini era solcata da luci di segnalazione bluastre. Le astronavi si sollevavano con sfolgorii bianchi, azzurri a quella distanza, e si trasformavano in stelle sanguigne nell’aria rugginosa.

Per i primi venti minuti, scherzarono fra di loro cercando di sovrastare il ronzio dei motori. Il soffitto fluorescente spandeva una luminosità verdastra sui loro visi, sui loro grembi. Uno dopo l’altro, il doganiere li osservò diventare silenziosi mentre l’inerzia si trasformava in una vertiginosa propulsione. Lui non aveva neppure aperto bocca, tentando ancora di ricordare quella creatura e il suo volto, le sue parole e la sua forma. Eppure tutto restava lontano, una vaga presenza frustrante, come il perduto fantasma di un amore.

Quando discesero sulla piattaforma scoperta della Stazione di Thule, un vento caldo spirava da est. Le nuvole si erano spezzettate al cospetto di una luna d’avorio, e ghiaia e granito inargentavano le siepi incolte. Dietro di loro si stendeva la nebbia rossastra della città; davanti, nella notte ormai indebolita dal respiro del mattino, si alzava la nera costruzione della Morgue.

Scesero la gradinata e si incamminarono lentamente attraverso il parco di pietra. Il giardino di acqua e roccia era innaturale nell’oscurità. Non vi cresceva nulla.

Alla porta, le larghe piastre metalliche nude e prive di una qualsiasi luce erano una macchia nell’oscurità circostante. — Come si entra? — chiese il doganiere, mentre insieme salivano i bassi gradini.

Rydra sollevò il disco di capitano che portava al collo e lo appoggiò contro un altro disco sulla porta. Si udì un ronzio, e la luce divise in due l’ingresso mentre i battenti scivolavano di lato. Rydra entrò, e gli altri la seguirono.

Calli fissò la volta metallica sopra il proprio capo. — E pensare che in questo posto c’è abbastanza carne congelata dei Trasporti da accontentare le richieste di un centinaio di stelle e di tutte le loro flotte.