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— Ci sono anche molti dipendenti della Dogana — disse il doganiere.

— Ma perché qualcuno dovrebbe chiamare indietro un doganiere che ha deciso di schiacciare un sonnellino? — domandò Ron con candida ingenuità.

— Già, perché mai? — insisté Calli.

— Certe volte è stato fatto — rispose seccamente il doganiere.

— Ma più raramente che per i Trasporti — intervenne Rydra. — Oggi, il lavoro svolto dalla Dogana nei traffici stellari è piuttosto una scienza. Mentre quello svolto nello spazio attraverso i livelli di iperstasi è ancora un’arte. Forse fra un centinaio d’anni saranno entrambi due rami della stessa scienza, ma in questo momento una persona che conosce bene la sua arte è un po’ più rara di un’altra che ha imparato alcune regole scientifiche. Inoltre, esiste una lunga tradizione. La gente dei Trasporti è abituata a morire e a essere richiamata indietro, per lavorare di nuovo con vivi e morti. Ma questo è più difficile da accettare per la Dogana. Da questa parte per i Suicidi.

Lasciarono il vestibolo per infilarsi nel corridoio che portava al deposito. Il pavimento in leggera salita li condusse in un vasto salone illuminato da luci invisibili. Lungo le pareti, in insenature rettangolari che arrivavano a trenta metri di altezza, file di bare di vetro dai riflessi metallici. Nelle bare, al di là dello stesso cristallo brinato, si intravedevano sagome oscure e immobili. Sembrava la tana di un ragno.

— Ciò che non capisco in questa faccenda — sussurrò il doganiere — è il fatto che possano essere chiamati indietro. Ma allora chiunque muoia può essere richiamato in un corpo? Avete ragione, capitano Wong, fra noi della Dogana è piuttosto indelicato parlare di cose… come questa.

— Qualunque suicida che decide di staccarsi dal proprio corpo attraverso i normali canali della Morgue, può essere richiamato indietro. Ma in caso di morte violenta, quando la Morgue ottiene il corpo troppo tardi, oppure quando l’età è troppo avanzata, sui centocinquant’anni, allora la morte è permanente. Qui, tuttavia, con i mezzi adeguati, lo schema cerebrale del suicida viene registrato, e chiunque lo voglia può avere accesso alle abilità intellettuali del morto, mentre la cosiddetta coscienza se ne va dovunque debba andare.

Poco distante, un cristallo-archivio alto più di tre metri scintillava come quarzo rosa. — Ron — chiamò Rydra — E anche tu, Calli.

I due Navigatori si avvicinarono perplessi.

— Conoscete qualche Primo Navigatore che si è suicidato di recente e che noi potremmo…?

Rydra scosse il capo negativamente. Fece passare una mano dinanzi alla cellula del cristallo-archivio, e sullo schermo concavo alla sua base comparvero alcune parole. Fermò le dita. — Navigatore Due… — Girò la mano. — Navigatore Uno… — Si arrestò e cominciò a muovere la mano in una direzione diversa. — …maschio, maschio, maschio, femmina. Ora, Calli e Ron, parlatemi.

— Huh? Di che cosa?

— Di voi stessi, di quello che volete.

Gli occhi di Rydra si spostarono dallo schermo all’uomo e al ragazzo che le stavano accanto, tornando poi allo schermo.

— Be’… — Calli si grattò la testa.

— Carina — disse Ron. — Voglio che sia carina. — Si spinse leggermente in avanti, con un’intensa luce negli occhi azzurri.

— Oh, sì — intervenne Calli — ma non deve essere una dolce e paffuta ragazza irlandese con i capelli neri e gli occhi di agata e le lentiggini che sbucano fuori dopo solo quattro giorni di sole. E non deve avere una voce sdolcinata e carezzevole che ti fa andare su di giri anche mentre ti passa i risultati dei suoi calcoli, e ti fa sciogliere le ossa quando ti prende la testa e la stringe sul seno e ti dice quanto lei abbia bisogno di sentirsi…

— Calli! — il grido di Ron.

E il colosso si fermò, con un pugno affondato nello stomaco, respirando a fatica.

La mano di Rydra si spostò di qualche centimetro sul lato del cristallo. I nomi sullo schermo oscillavano avanti e indietro.

— Ma carina — ripeté Ron. — E che ami gli sport, che le piaccia lottare, quando siamo a terra. Cathy non era molto atletica. E io ho sempre pensato che per me sarebbe stato molto meglio, se lei lo fosse stata. Mi sento più a mio agio, con la gente che può lottare con me. Però deve essere anche seria, soprattutto sul lavoro. E che sia rapida come Cathy. Solo…

Le dita di Rydra si mossero un po’ più a sinistra. — Solo — continuò Calli, togliendo il pugno dallo stomaco e respirando più facilmente — che deve essere una persona intera, una nuova persona. Non qualcuno che sia per metà quello che noi ricordiamo di un’altra persona.

— Sì — disse Ron. — Che sia un buon navigatore, e che ci ami.

— …che ci possa amare — lo corresse Calli.

— Se lei fosse come voi la vorreste e contemporaneamente se stessa — domandò Rydra, con la mano incerta fra due nomi sullo schermo — voi potreste amarla?

Un attimo di esitazione, poi il lento assenso del colosso e il rapido annuire del ragazzo.

Rydra staccò la mano dal cristallo, e un nome scintillò sullo schermo.

— Mollya Twa, Navigatore Uno. — Seguirono i numeri di riconoscimento, e Rydra li batté sulla tastiera a fianco dello schermo.

Venti metri sopra le loro teste, qualcosa lampeggiò. Una delle centinaia di migliaia di bare di vetro stava scendendo sostenuta da un fascio a induzione. Sulla piattaforma di richiamo spuntarono numerosi gruppi di minuscoli cilindri dalle punte luccicanti. La bara si posò sulla piattaforma, il contenuto nascosto dalla brina e dai fiori esagonali di ghiaccio all’interno del cristallo. Le punte luminose dei cilindri si agganciarono nella parte inferiore della bara con una serie di schiocchi metallici.

La brina si sciolse di colpo e per un attimo la superficie interna del cristallo rimase annebbiata, per poi ricoprirsi subito di goccioline. Tutti si avvicinarono per vedere.

Striscia nera contro nero. Un movimento, dietro il vetro scintillante; poi il vetro scivolò via, scoprendo la sua pelle calda e scura, i suoi larghi occhi terrorizzati.

— Va tutto bene — la rassicurò Calli toccandole una spalla. Lei alzò la testa per guardare la sua mano, poi la lasciò ricadere sul cuscino. Ron si sporse su di lei.

— Salve?

— Ehm… signorina Twa? — mormorò Calli. — Siete viva, ora. Volete amarci?

— Ninyi ni nani? — Il suo viso sembrava stupito. — Niko wapi hapa?

Ron si sollevò meravigliato. — Non penso che parli inglese.

— Sì, lo so — sogghignò Rydra. — Ma tranne questo, è perfetta. In questo modo avrete il tempo di conoscervi, prima di capire le vostre reciproche sciocchezze. Le piace lottare, Ron.

Ron tornò a guardare la giovane donna nella bara. I suoi capelli color grafite erano tagliati corti come quelli di un ragazzo, e le labbra piene erano bluastre per il freddo. Ti piace la lotta?

— Ninyi ni nani? — domandò lei di nuovo.

Calli tolse la mano dalla sua spalla e fece un passo indietro. Ron si grattò la testa e aggrottò la fronte.

— Allora? — chiese Rydra.

Calli alzò le spalle. — A essere sinceri, non lo sappiamo.

— Gli strumenti di navigazione hanno comandi standard. A bordo non vi saranno problemi di comunicazione.

— È carina — mormorò Ron. — Sei carina. Non aver paura. Ora sei viva.

— Ninaogapa! — Lei strinse la mano di Calli. — Jee, ni usiku au mchana? — Aveva gli occhi spalancati.

— Ti prego non aver paura! — Ron si chinò accanto a lei e le strinse il polso teso verso Calli.

— Sielwi lungha yenu. — Poi scosse il capo, un gesto non di negazione, ma solamente di stupore. — Sikuyuweni nivi nani. Ninaogapa.

E velocemente, Calli e Ron annuirono rassicuranti.

Rydra si infilò fra di loro e parlò.