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Dopo un lungo silenzio, la donna annuì lentamente.

— Dice che verrà con voi. Ha perso gli altri due membri del suo trio sette anni fa, anche loro a causa dell’Invasione. È per questo che è venuta qui e si è uccisa. Dice che vuole venire con voi. Volete prenderla?

— Ha ancora paura — disse Ron. — Per favore, non fare così. Io non ti farò del male. E neppure Calli.

— Se lei vuole venire — stabilì Calli — noi la prenderemo.

Il doganiere tossicchiò. — Dove posso trovare il suo psico-indice?

— Sullo schermo sotto il cristallo-archivio.

Il doganiere tornò verso il cristallo. — Be’… — Tolse di tasca la tavoletta da ricalco e cominciò a trascrivere gli indici. — C’è voluto un po’ di tempo, ma avete trovato tutti quanti.

— Ora integrate — gli disse Rydra.

Lui obbedì. Poi alzò gli occhi, quasi incerto fra lo stupore e l’ammirazione. — Capitano Wong, credo davvero che abbiate trovato il vostro equipaggio!

6

Caro Mocky,

quando riceverai questa mìa, sarò già partita da due ore. Manca mezz’ora all’alba e voglio dirti qualcosa, ma non intendo svegliarti una seconda volta. Piuttosto nostalgicamente, ho deciso di partire con la vecchia astronave di Fobo, la Rimbaud (il nome è stata un’idea di Muels, ricordi?). Almeno, su di lei mi sentirò come a casa; vi ho lasciato un cumulo di buoni ricordi. Parto fra venti minuti.

Posizione attuale: sono seduta su una sedia pieghevole nella cabina d’osservazione che si affaccia sul campo. Il cielo è tutto chiazzato di stelle verso ovest, e comincia a diventare grigio a est. Intorno a me si levano i neri aghi delle altre navi che devono partire. A oriente si intravedono, deboli, i segnali luminosi al limite del campo. È tutto calmo ora. Soggetto dei miei pensieri: una notte febbrile in compagnia di una ciurma che mi ha fatto scorrazzare avanti e indietro per la Città dei Trasporti fino alla Morgue. All’inizio era un po’ pesante e rumorosa, ma verso la fine si è calmata abbastanza. Per scegliere un buon pilota devi vederlo lottare. Un capitano attento può dirti con esattezza che razza di pilota sia una persona che lotta nell’arena. Basta solo osservare i suoi riflessi, anche se io non sono poi così esperta.

Ricordi quello che mi hai detto a proposito della lettura muscolare? Forse avevi più ragione di quanto io non pensassi. Questa notte ho incontrato un ragazzo, un Navigatore, che assomiglia all’offerta di laurea di Brancusi, o forse a quello che Michelangelo si augurava fosse il corpo dell’uomo. È nato nella Città dei Trasporti, e almeno in apparenza sembra sapere bene come deve lottare un pilota. Così l’ho osservato mentre lui a sua volta guardava lottare il mio pilota, e dai suoi fremiti e dai suoi sobbalzi ho avuto un’analisi completa di quello che stava succedendo nell’arena sopra la mia testa.

Tu conosci la teoria di De Faure per la quale gli psicoindici hanno le loro tensioni muscolari corrispondenti (una ripresa della vecchia ipotesi di Wilhelm Reich sull’armatura muscolare): ci ho pensato parecchio questa notte. Il ragazzo di cui ti parlavo faceva parte di un terzetto infranto, due uomini e una ragazza, e la ragazza è morta a causa degli Invasori. Gli altri due sono stati sul punto di farmi piangere. Ma non l’ho fatto. Invece li ho portati alla Morgue e ho trovato loro un rimpiazzo. Una strana faccenda. Sono certa che per tutta la loro vita penseranno che sono una strega. Comunque, i requisiti basilari erano indicati nell’archivio: un Navigatore Uno femmina che avesse perso due uomini. Ma come accomodare gli indici? Ho letto quelli di Ron e Calli guardandoli parlare e muoversi. I corpi della Morgue sono archiviati per ordine di psico-indici, così ho soltanto dovuto sentire quale era quello adatto a loro. La scelta finale è stata però un colpo di genio, se posso dirlo da sola. C’erano sei giovani donne fra le quali ero incerta, e non potevo più scegliere a orecchio, fidandomi solo delle mie sensazioni. Una di loro era una ragazza della Provincia di N’Gonda, nella Pan-Africa. Si era suicidata sette anni prima, dopo aver perso i due mariti durante un attacco degli Invasori ed essere tornata sulla Terra durante un embargo. Certo ricordi come erano i rapporti politici di allora fra Pan-Africa e Americasia. Ero certa che non sapesse l’inglese. L’abbiamo svegliata, e infatti lei non ne conosceva una parola. Ora, può darsi che i loro indici siano per il momento un po’ contrastanti, ma dando loro il tempo di conoscersi e di capire le rispettive lingue, io sono pronta a giurare che si troveranno benissimo insieme. Astuta, non trovi? E ora Babel-17, la vera ragione di questa lettera. Ti avevo detto di averla decifrata a sufficienza per sapere dove si sarebbe scatenato il prossimo attacco. I Cantieri di Guerra dell’Alleanza ad Armsedge. Volevo anche che tu sapessi dove me ne sto andando, nel caso che ti tornasse utile. Parlare e parlare e parlare: quale specie di mente può parlare come quella lingua riesce a fare? E perché? Sono ancora spaventata… come una bambina a una gara di ortografia. Ma ci sto prendendo gusto. La mia squadra è arrivata un’ora fa. Sono tutti quanti pazzi, adorabili, pigri ragazzacci. Fra pochi minuti dovrò dare gli ultimi ordini alla mia Lumaca (un gaglioffo grasso con gli occhi neri come la sua barba; si muove lentamente ma pensa in fretta). Tu sai, Mocky, che io, radunando questo equipaggio, ero interessata a un’unica cosa (oltre alla competenza, è naturale, e tutti sono estremamente efficienti): dovevano essere persone alle quali io potessi parlare. E con loro posso farlo.

Con affetto,

Rydra

7

Luce ma nessuna ombra. Il generale se ne stava immobile sul disco-slitta, fissando la nave nera e il cielo che impallidiva sempre più. Giunto alla base dell’astronave, scese dal disco metallico largo una sessantina di centimetri ed entrò nell’ascensore. Salì i trenta metri che lo separavano dal portello d’accesso. Lei non era nella cabina del comandante. Uscendone, incappò in un uomo grasso e barbuto che gli indicò la scala per il portello di carico con un cenno della mano. Salì allora lungo la scaletta. Il fiato cominciò a mancargli quando non era ancora a metà strada, ma si fece forza.

Lei tolse i piedi dalla paratia e si raddrizzò sulla sedia di tela con un sorriso. — Generale Forester, ero certa che vi avrei visto questa mattina. — Stava ripiegando l’orlo di una lettera.

— Volevo vedervi… e il respiro gli mancò del tutto. Dovette fare uno sforzo per continuare: … prima che partisse.

— Anch’io volevo vedervi.

— Mi avevate detto che se vi avessi consentito di condurre a vostro modo questa spedizione, mi avreste informato sulla destinazione che…

— Il mio rapporto, che credo troverete soddisfacente, è stato spedito la scorsa notte e ora si trova sul vostro tavolo al Quartier Generale Amministrativo dell’Alleanza… o ci sarà fra meno di un’ora.

— Oh. Capisco.

Lei sorrise. — Dovrete fare in fretta. Partiamo fra pochi minuti.

— Già. Ma devo partire anch’io stamattina, e ho già ricevuto un riassunto del vostro rapporto pochi minuti fa per telefono. Volevo soltanto dirvi… — e non riuscì a dire nulla.

— Generale Forester, una volta ho scritto una poesia che si intitolava Consiglio A Chi Volesse Amare I Poeti.

Il generale dischiuse i denti senza separare le labbra.

— Mi pare che cominciasse così:

Giovane uomo, lei a morsi ti strapperà la lingua.

Dolce signora, lui vi ruberà le mani…

“Potete leggervi il resto. È nel mio secondo libro. Se non siete disposto a perdervi un poeta sette volte al giorno, scoprirete che è un’impresa frustrante come poche altre.”