— Non ca’isco. — Lui scosse la testa e la criniera oscillò. Fece girare il bicchiere fra gli artigli scintillanti. — ’rocedevamo benissimo, e la via era com’letamente libera. Qualunque cosa sia successa, deve essere successa all’interno della nave.
Diavalo, con il fianco serrato dalle bende a pressione, zoppicò fino a loro per servire la torta e ritornò con lo stesso passo incerto al tavolo dell’equipaggio.
— Così — disse Rydra — siamo in orbita intorno alla Terra con tutti i nostri strumenti fuori uso, e non possiamo neppure sapere dove ci troviamo.
— Le a’’arecchiature di i’erstasi sono ancora intatte — le ricordò lui.
— Solo che non ’ossiamo sa’ere dove ci troviamo noi da questa ’arte del salto.
— E non possiamo saltare se non conosciamo il punto da cui partiamo.
Rydra lanciò un’occhiata alla sala da pranzo. — Ottone, cosa credi che stiano pensando?
— S’erano che voi li facciate uscire da questa situazione, ca’itano.
Lei sfiorò appena l’orlo del bicchiere con il labbro inferiore.
— E se qualcuno non ci riuscirà, resteremo qui dentro a mangiare i ’ranzetti di Diavalo ’er sei mesi, ’oi soffocheremo. Non ’ossiamo nemmeno lanciare un segnale di soccorso, con le normali a’’arecchiature in queste condizioni. Dobbiamo as’ettare finché non riusciremo a infilarci in i’erstasi. Ho chiesto ai Navigatori se ’otevano im’rovvisare qualcosa ma non ce l’hanno fatta. È stato tutto tro’’o ra’ido, sono riusciti a vedere solamente che eravamo lanciati in una grande orbita circolare.
— Dovremmo avere dei finestrini — disse Rydra. — Almeno potremmo osservare le stelle e calcolare la nostra orbita. Non dovrebbe essere superiore alle due ore.
Ottone annuì. — Ecco i risultati della tecnica moderna. Un oblò e un antiquato sestante sarebbero sufficienti a farci uscire di qui, ma ormai siamo ’ieni di congegni elettronici fino alle orecchie e senza di loro siamo ’erduti.
— Girando… — Rydra depose il bicchiere.
— Che cosa?
— Der Kreis — disse lei, aggrottando la fronte.
— Che cos’è? domandò di nuovo Ottone.
— Ratas, orbis, cerchio. — Appoggiò con forza le palme sul tavolo. — Cerchi — disse. — Il cerchio in diverse lingue!
La confusione di Ottone era terrificante dietro le sue zanne. La sua vellutata criniera si rizzò sulla fronte.
— La sfera — continuò lei — il globo, gumlas. — Poi si alzò in piedi. — Kule, Kuglet. Kring!
— Ma cosa im’orta la lingua? Un cerchio è un cer…
Ma lei si era messa a ridere, ed era uscita correndo dalla sala da pranzo. Nella sua cabina raccolse la traduzione incompleta. Sfogliò all’indietro alcune pagine, poi schiacciò il pulsante dei Navigatori. Ron, leccandosi un baffo di panna dal labbro superiore, chiese: — Sì, capitano? Che cosa desiderate?
— Un orologio — ordinò Rydra — e… un sacchetto di biglie!
— Huh? — fece Calli.
— Finirete più tardi la torta. Raggiungetemi subito al Centro G.
— Bi-glie? — sillabò meravigliata Mollya. — Biglie?
— Uno dei ragazzi della squadra le avrà certamente. Prendetele e portatemele al Centro G.
Con un balzo superò il flaccido involucro del sedile a bolla e corse oltre il portello, lungo il corridoio cilindrico che portava alla sala sferica completamente vuota del Centro G. Il centro calcolato della gravità di un’astronave consisteva in una stanza del diametro di nove metri in costante caduta libera. Qui alcuni strumenti sensibili alla gravità potevano svolgere indisturbati i loro compiti. Un istante più tardi, i tre Navigatori fecero la loro comparsa attraverso il boccaporto circolare. Ron stringeva una reticella contenente parecchie palline di vetro. — Lizzy dice che le rivuole indietro per domani pomeriggio: i ragazzi del Controllo Guida l’hanno sfidata e lei vuole difendere il suo titolo.
— Se la mia idea funziona, le riavrà prima di stanotte.
— Funziona? — Volle sapere Mollya. — Idea tua? — Già. Solo che non si tratta di un’idea del tutto mia.
— Di chi è allora, e di cosa si tratta? — chiese Ron incuriosito.
— Credo che appartenga a qualcuno che parla un’altra lin gua. Ora noi dobbiamo sistemare le biglie lungo le pareti, for mando una sfera perfetta, e controllare i loro movimenti con l’orologio.
— Ma perché? — chiese Calli.
— Per vedere dove si dirigono e quanto tempo impiegano a spostarsi.
— Non ci arrivo — brontolò Ron.
— La nostra orbita tende a comporre un’immensa circonferenza intorno alla Terra, esatto? Questo significa che ogni cosa, a bordo, tende a seguire la stessa orbita, e che se fosse lasciata libera da ogni altra influenza si sposterebbe lungo la stessa direzione.
— Esatto. E allora?
— Aiutatemi a sistemare queste biglie — ordinò Rydra. — Hanno un nucleo di ferro, così sarà sufficiente magnetizzare le pareti per mantenerle a posto. Poi le lasceremo libere tutte insieme.
Ron, piuttosto confuso, andò a magnetizzare le paratie della sala sferica.
— Ancora non capite? Siete tutti ottimi matematici, parlatemi delle massime circonferenze.
Calli raccolse una manciata di biglie e cominciò ad applicarle alle pareti, un leggero clic dopo l’altro. — Una circonferenza massima è il cerchio più grande che si ottiene tagliando una sfera.
— Il diametro della circonferenza massima è uguale al diametro della sfera — continuò Ron, allontanandosi dai comandi.
— La somma degli angoli di intersezione di tre circonferenze massime date, all’interno di una forma delimitata topologicamente, è prossima a cinquecentoquaranta gradi. La somma degli angoli di N. circonferenze massime è prossima a N volte centottanta gradi. — Mollya intonò con la sua voce musicale due delle definizioni che quella mattina aveva iniziato a memorizzare in inglese, grazie all’aiuto di un personafix. — Biglie qui, sì?
— Dappertutto, sì. Distanziate nello stesso modo, per quanto è possibile. Ditemi qualcos’altro sulle intersezioni.
— Be’ — disse Ron — data una sfera, tutte le sue circonferenze massime si intersecano fra loro… oppure sono coincidenti.
Rydra scoppiò in una risata. — Ehi, non la fai troppo semplice? Non ci sono altre circonferenze su una sfera che devono intersecarsi, a prescindere dal modo in cui le manovri?
— Credo che si possa spostare ogni altra circonferenza in modo che siano equidistanti in tutti i punti e non si tocchino. Tutte le circonferenze massime devono avere almeno due punti in comune.
— Rifletti per un attimo su questo e osserva le biglie che stanno formando le circonferenze massime del Centro G.
Di colpo Mollya batté le mani e si allontanò fluttuando dalla paratia. Con un’eccitata luce di comprensione negli occhi, balbettò rapidamente qualcosa in Kiswahili, e Rydra rise. — Esatto — disse poi. Per gli altri due Navigatori che la fissavano stralunati, tradusse. — Le biglie si muoveranno le une verso le altre e le loro orbite si intersecheranno.
Calli spalancò gli occhi. — È vero. Quando avremo compiuto un quarto della nostra orbita, le biglie dovrebbero essersi appiattite a formare un piano circolare.
— Parallelo al piano della nostra orbita — terminò per lui Ron.
Mollya aggrottò la fronte e con le mani fece un gesto di stiramento.
— Già — disse Ron — un piano circolare distorto, inclinato di un certo angolo che ci permetterà di calcolare da quale parte si trova la Terra.