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Con tre dei suoi sensi occupati a quel modo, Rydra aveva perso ogni contatto con la realtà della cabina circostante e ora si muoveva in un oceano di astrazioni sensorie. Le occorse più di un minuto per collegare quelle sensazioni e incominciare a interpretarle.

— Va bene. Cosa sto osservando?

— Le luci sono gli asteroidi e le stazioni anulari che costituiscono i Cantieri di Guerra — le spiegò l’Occhio. — Quella sfumatura blu sulla sinistra è una rete radar che si estende in direzione del centro stellare 42. I lampi rossi nell’angolo superiore destro sono soltanto il riflesso di Bellatrix su un disco solare semi-smaltato che ruota di quattro gradi all’esterno del nostro campo visivo.

— Che cos’è quel ronzare? — domandò Rydra.

— La propulsione dell’astronave — le spiegò l’Orecchio. — Non fateci caso. Se lo preferite, posso escluderla.

Rydra annuì, e il ronzio cessò.

— Quel clicchettio… — cominciò l’Orecchio.

— … è codice Morse — finì Rydra. — Lo riconosco. Devono essere due radioamatori che vogliono tenersi alla larga dai circuiti visivi.

— Esatto — confermò l’Orecchio.

— Che cos’è che puzza in questo modo?

— L’odore principale è soltanto il campo gravitazionale di Bellatrix. Voi non potete ricevere le sensazioni olfattive in stereo, ma la buccia di limone bruciata è quella centrale d’energia situata nella luce verde di fronte a voi.

— Dove attraccheremo?

— Nel suono della triade E-minore.

— Nell’olio caldo che potete annusare alla vostra sinistra.

— Al centro di quel cerchio bianco.

Rydra passò il contatto al pilota. — Va bene, Ottone. Portala giù.

Il disco scivolò lentamente lungo la rampa mentre lei si adattava rapidamente alla gravità che era pari ai quattro quinti di quella terrestre. Una leggera brezza che spirava nel crepuscolo artificiale le sollevò i capelli sulle spalle. Intorno a lei si stendeva il più grande arsenale dell’Alleanza. Per un istante, considerò il destino che l’aveva fatta nascere all’interno dei possedimenti dell’Alleanza. Se soltanto fosse nata nella galassia accanto, ora si sarebbe trovata facilmente fra le file degli Invasori. Le sue poesie erano popolari da entrambe le parti. Era un pensiero sconvolgente, e si sforzò di allontanarlo.

— Capitano Wong voi giungete sotto gli auspici del generale Forester.

Lei annuì mentre il suo disco si arrestava.

— Ci ha avvisati inoltre che attualmente siete la maggiore esperta su Babel-17.

Lei annuì ancora. L’altro disco si fermò accanto al suo.

— Sono veramente felice di conoscervi, e per qualsiasi aiuto vi possa servire, non avrete che da chiedere.

Lei gli tese la mano. — Vi ringrazio, barone Ver Dorco.

Le ciglia dell’uomo si alzarono e il taglio della bocca si incurvò nel viso quasi nero. — Conoscete l’araldica? — Alzò le lunghe dita sottili allo scudo sul petto.

— Sì.

— I miei complimenti, capitano. Viviamo ormai in un mondo di comunità isolate, raramente a contatto con quelle pure più vicine, e sembra che tutti parlino lingue diverse.

— Io ne parlo parecchie.

Il barone annuì. — Qualche volta io penso, capitano Wong, che senza l’Invasione, cioè senza qualcosa che serva all’Alleanza per focalizzare le proprie energie, la nostra società si disintegrerebbe. Capitano Wong… — Si fermò, e i lineamenti sottili del suo viso mutarono, quasi contratti in un’improvvisa concentrazione. — Rydra Wong…?

Lei confermò con un cenno, sorridendo al suo sorriso, eppure circospetta dinanzi a quello che il riconoscimento avrebbe potuto significare.

— Non mi ero reso conto… — Lui le tese la mano, quasi si trattasse di un nuovo incontro. — Ma è naturale… — La superficialità del suo contegno scivolò via come una foglia nel vento, e quella trasformazione diede a Rydra un’insolita sensazione di calore. — I vostri libri, vorrei dirvi che… — La frase si spense in un leggero movimento del capo. Gli occhi neri troppo vuoti; le labbra, nel loro sorriso troppo simile ad un sogghigno malizioso; le mani che si cercavano fra le pieghe del vestito: tutto le parlava di un inquieto desiderio della sua presenza, di una fame repressa per qualcosa che lei era, o avrebbe potuto essere, di una vorace… — Nella mia casa, la cena è servita alle sette. — Lui interruppe i suoi pensieri con inquietante tempismo. — Questa sera cenerete con me e con la baronessa.

— Vi ringrazio. Ma volevo discutere con il mio equipaggio…

— Estendo anche a loro il mio invito. Abbiamo una casa spaziosa, e la sala delle conferenze è a vostra disposizione, così come gli intrattenimenti, certo meno limitati che a bordo della vostra nave. “La lingua purpurea e tremolante dietro i bianchi denti; le morbide linee scure delle labbra” pensò lei “formano le parole con gli stessi languidi movimenti delle mandibole inferiori di una mantide cannibale.”

— Vi prego di venire con un certo anticipo, in modo che sia possibile prepararvi…

Rydra trattenne il respiro, poi si giudicò una sciocca. Un leggerissimo restringimento delle sue ciglia le disse che il Barone aveva notato la sua esitazione.

— … per la visita attraverso i cantieri. Il generale Forester ha proposto che voi veniate informata di tutti i nostri sforzi contro gli Invasori. Questo è un grande onore, signora. Molti dei più alti ufficiali addetti a questi cantieri non conoscono neppure la natura di certe nostre ricerche. Vi mostreremo cose che ben poche persone hanno visto. Anche se oso dire che una buona parte di esse saranno probabilmente molto noiose. Ma alcuni dei nostri tentativi hanno dato risultati affascinanti. Noi manteniamo sempre attiva la nostra immaginazione.

“Quest’uomo porta a galla la paranoia che è in me” pensò Rydra. “Non mi piace.”

— Preferirei non dovervi importunare, barone. Ci sono alcune cose, sulla mia nave, che devo…

— Dovete venire. Il vostro lavoro qui verrà facilitato enormemente se accettate la mia ospitalità, ve lo assicuro. Una donna con le vostre grazie e le vostre doti rappresenterebbe un onore per la mia casa. E recentemente ho sentito molto la mancanza di… — le labbra scure scivolarono sui denti luccicanti — una conversazione intelligente.

Rydra sentì la propria mascella socchiudersi involontariamente per il terzo cerimonioso rifiuto. Ma il barone stava già dicendo: — Vi aspetto con il vostro equipaggio, senza alcuna fretta, prima delle sette.

Il disco scivolò via veloce lungo il viale. Rydra lanciò un’occhiata alle spalle, verso la rampa dove attendeva il suo equipaggio, stagliato contro il crepuscolo artificiale. Poi il suo disco cominciò a risalire il pendio verso la Rimbaud.

— Bene — disse al piccolo cuoco albino che era uscito dalle bende a pressione solo il giorno prima — per questa sera sei senza lavoro. Lumaca, stasera la ciurma esce a cena. Vedi se puoi rinfrescare loro il galateo… assicurati che tutti sappiano con quale posata si mangiano i piselli.

— La forchetta per l’insalata è quella piccola sul lato superiore del piatto — cominciò con voce soave la Lumaca, girandosi verso la squadra.

— E quell’altra piccolina più in alto? — chiese Allegra.

— Quella serve per le ostriche.

— Ma supponi che servano ostriche?

Flop si grattò il mento con una nocca. — Credo che si possa usare per pulirsi i denti.

Ottone appoggiò una zampa sulla spalla di Rydra. — Come vi sentite, ca’itano?

— Come un maiale sulla buca del barbecue.

— Sembrate quasi troppo… — cominciò Calli.