“Déjà vu” pensò Rydra. Ma non poteva averlo incontrato prima in vita sua. Capelli blu, quasi neri, sopra un viso roccioso che denunciava la trentina. Fece un passo indietro per cederle la strada con un’incredibile economia di movimenti. Lei lo fissò, prima le mani, poi il viso, alla ricerca di un gesto che le rivelasse qualcosa. Lui le restituì lo sguardo, senza cederle nulla. Poi si girò, indicandole il barone al centro della sala. — Yon Cassius ha uno sguardo che oserei definire affamato.
— Mi domando quanto sia affamato — disse Rydra, e si sentì nuovamente strana.
La baronessa navigava agitata in mezzo alla folla in direzione del marito, alla ricerca di consigli: si doveva dare inizio alla cena o attendere ancora qualche minuto?
— Chissà come dev’essere un matrimonio fra due persone come loro? — chiese lo sconosciuto con una punta di divertimento compiaciuto.
— Molto tranquillo, immagino — rispose Rydra. — Possono preoccuparsi l’uno per l’altro.
Un educato sguardo interrogativo. Quando lui si accorse che lei non intendeva dare altre delucidazioni, ritornò con gli occhi alla folla. — Hanno tutti dei visi molto curiosi, quando guardano da questa parte per osservare voi, signorina Wong.
— Sono sguardi maligni — tagliò corto lei.
— Roditori. Ecco a cosa assomigliano. A un branco di roditori.
— Mi chiedo se non sia il loro cielo artificiale a farli sembrare così malaticci. — Rydra si accorse di non avere più il controllo totale sulla sua ostilità repressa.
Lo sconosciuto scoppiò in una risata. — Roditori malati di talassemia!
— Può darsi. Voi lavorate ai Cantieri? — La sua carnagione ostentava un colorito che stonava con il pallore generale.
— Per la verità, sì, signorina Wong.
Sorpresa, Rydra avrebbe desiderato domandargli qualcosa d’altro, ma in quel momento gli altoparlanti annunciarono: — Signore e Signori, la cena è servita.
Lui l’accompagnò per gli ultimi scalini, ma dopo alcuni passi nella folla, Rydra si trovò abbandonata. Continuò allora da sola verso la sala da pranzo.
Sotto la volta, il barone e la baronessa l’attendevano. Mentre la baronessa le prendeva il braccio, l’orchestra da camera sulla pedana sollevò gli strumenti.
— Venite, mia cara.
Si mantenne accanto alla rosea matrona che la guidava oltre la folla assiepata lungo il tavolo a forma di serpente.
— Noi siamo qui.
E allora il messaggio in Basco: “Capitano, sta succedendo qualcosa sulla nave.” La piccola esplosione nella sua mente la fece arrestare.
— Babel-17!
Il barone si voltò verso di lei. — Sì, capitano Wong? — Rydra vide l’incertezza tracciare pieghe cupe sul suo viso.
— C’è qualche luogo nei cantieri che contenga materiale di particolare importanza e che ora sia rimasto privo di sorveglianza?
— Tutto è controllato automaticamente. Perché?
— Barone, un sabotaggio verrà compiuto nei dintorni fra poco, oppure è già sul punto di essere portato a termine.
— Ma come potete…
— Non posso spiegarvelo ora, ma è meglio vi assicuriate che tutto funzioni alla perfezione.
La baronessa toccò il braccio del marito e disse con improvvisa freddezza: — Felix, questo è il tuo posto.
Il barone spinse indietro la sua sedia, si sedette e senza cerimonie fece da parte con un braccio tutto quello che aveva dinanzi. Sotto la tovaglia c’era un pannello di controllo. Mentre gli invitati si sedevano, Rydra vide Ottone, a circa sei metri, adagiarsi sull’amaca speciale preparata per la sua mole gigantesca e sfavillante.
— Voi accomodatevi qui, mia cara. Proseguiremo con la festa come se non stesse succedendo nulla. Penso sia la cosa migliore.
Rydra si sedette accanto al barone, e la baronessa si abbassò cautamente sulla sedia alla sua sinistra. Il barone stava mormorando qualcosa in un laringofono. Immagini, che Rydra non poteva vedere chiaramente, lampeggiavano senza soste sul piccolo schermo da otto pollici. Lui alzò per un attimo il capo e le disse: — Ancora nulla, capitano Wong.
— Ignoratelo, mia cara — disse la baronessa. — Questa è una cosa molto più interessante. — Le mostrò la piccola tastiera che aveva appena tolto da sotto il tavolo e ora riposava sul suo grembo. — È una cosuccia molto ingegnosa — proseguì la baronessa, guardandosi intorno. — Penso che ormai siano tutti pronti. Ecco! — Con l’indice paffuto premette un pulsante, e in tutta la sala le luci si affievolirono. — Posso controllare l’intera cena solo premendo il pulsante giusto al momento giusto. Guardate! — pigiò un altro pulsante.
Nel centro della tavola, per tutta la lunghezza, si aprirono dei pannelli e grandi vassoi colmi di frutta, di mele candite, di grappoli zuccherati e di mezzi meloni farciti di noci, si alzarono dinanzi agli ospiti.
— E il vino! — continuò la baronessa, premendo un altro pulsante.
Lungo tutta la tavolata spuntarono decine di fontanelle zampillanti.
— Riempite il vostro bicchiere, mia cara. Brindiamo — incalzò la baronessa, accostando il proprio calice a uno zampillo. Il cristallo si macchiò di scarlatto.
Alla destra di Rydra, il barone disse: — L’Arsenale sembra perfettamente in ordine. Ho avvertito anche i progetti speciali. Siete sicura che questo attacco avrà luogo?
— O è già in corso — rispose lei — o lo sarà entro due o tre minuti. Potrebbe essere un’esplosione o qualcosa d’altro.
— Questo non ci aiuta molto. Le comunicazioni hanno captato il vostro Babel-17. Sono stato avvisato di come questi sabotaggi procedono.
— Provate uno di questi, capitano Wong. — La baronessa le tese una fetta di mango e Rydra scoprì, dopo averla assaggiata, che doveva essere stata marinata nel Kirsch.
Quasi tutti gli ospiti, ora, erano seduti. Rydra scorse un ragazzo della squadra, di nome Mike, che cercava lungo il tavolo il segnaposto con il suo nome. E più indietro, vide lo sconosciuto che l’aveva fermata sulla scalinata avviarsi nella loro direzione.
— Il vino non è di uva, ma di prugne — disse la baronessa. — Un po’ pesante, forse, per incominciare un pasto, ma è così buono con la frutta. Io sono particolarmente fiera delle mie fragole. I legumi sono un incubo dei nostri laboratori idroponici, ma quest’anno siamo stati abbastanza fortunati.
Mike trovò il suo posto e subito immerse entrambe la mani nella coppa della frutta. Lo sconosciuto girò l’ultima ansa del tavolo, a pochi metri ormai dai loro posti. Calli reggeva due calici di vino e guardava ora l’uno, ora l’altro, probabilmente tentando di determinarne la capacità.
— Sono indecisa — si lamentò la baronessa — servire prima i sorbetti o una mia specialità, il caldo verde. Non riesco mai a decidere…
Lo sconosciuto raggiunse il barone, si chinò sulla sua spalla per osservare lo schermo, e gli sussurrò qualcosa. Il barone si girò verso di lui, poi si voltò indietro lentamente, con le mani appoggiate all’orlo del tavolo… e cadde in avanti. Un rivoletto di sangue gli strisciò dalla nuca sulla guancia
Rydra spinse indietro di colpo la sua sedia. Omicidio. Il mosaico si incastrò nella sua mente e quando l’ultimo frammento ebbe trovato il suo posto, disse: “omicidio”. Balzò in piedi.
La baronessa uscì in un fioco lamento e si alzò, rovesciando la sedia. Allungò tremando le mani rosa e paffute verso il corpo del marito e scosse incredula il capo.
Rydra si girò in tempo per vedere lo sconosciuto estrarre un vibratore da sotto la giacca.
Con uno strattone tolse allora la baronessa dalla linea di fuoco e il colpo basso centrò il tavolo, proprio sui comandi della baronessa.
Una volta in movimento, la baronessa raggiunse barcollante il marito e lo abbracciò. Il suo fioco lamento prese corpo e divenne un gemito acuto. Sempre stringendo il marito, la baronessa scivolò in ginocchio e cominciò a cullare dolcemente fra le braccia il cadavere di Felix Ver Dorco.