Rydra raccolse un boccone dalla ciotola. — Penso che dovremo aspettare finché non potremo chiederlo a Jebel. — Ci fu un movimento su una cuccetta. — Spero che i ragazzi stiano tutti bene. Perché non ho chiesto a quella ragazza se anche il resto dell’equipaggio era a bordo? — Sbuffando si avvicinò alla cuccetta. — Come ti senti?
— La mia testa — borbottò Carlos con una smorfia. — Devo aver preso una sbronza.
— E in che modo? — chiese Rydra, cominciando a spezzare le corde.
— Il vino — continuò Carlos — alla festa. Ne ho bevuto troppo. Ehi, ma cos’è successo?
— Quando l’avrò scoperto, te lo farò sapere.
Carlos si alzò in piedi. — Dove sono finiti gli altri?
— Kile è sopra di te. Quelli che mancano saranno da qualche altra parte.
Ottone aveva nel frattempo liberato Kile, e ora il ragazzino stava cercando di infilarsi le dita nel naso.
— Ehi, bimbo — lo chiamò Carlos. — Tutto bene?
Kile fece correre gli alluci su e giù per il tendine d’Achille, poi sbadigliò e disse qualcosa di incomprensibile.
— No, non è vero — rispose Carlos — perché ho controllato io non appena sono entrato.
“Oh, splendido” pensò Rydra. “Ci sono ancora lingue che devo approfondire.”
Ora Kile si stava grattando un gomito. Improvvisamente la sua lingua guizzò da un angolo della bocca e i suoi occhi si spostarono di lato.
Rydra lo imitò.
La rampa stava scendendo di nuovo dalla parete, e questa volta toccò il pavimento.
— Volete venire con me, capitano Wong?
Jebel, con i capelli d’argento e la fondina sullo stomaco, stava immobile nell’apertura.
— Il resto del mio equipaggio… — domandò per prima cosa Rydra — sta bene?
— Sono tutti nelle altre corsie. Se volete vederli…
— Stanno bene?
Jebel annuì.
Rydra accarezzò Carlos sulla testa. — Verrò a trovarti più tardi — mormorò.
La mensa era una sala enorme, dal soffitto arcuato e dalle pareti opache come roccia appena sbozzata. In alcuni punti erano stati dipinti segni zodiacali verdi e scarlatti, e diverse scene di battaglia. E le stelle… dapprima, Rydra pensò che il vuoto punteggiato di luci oltre le colonne della galleria fosse un’ampia vetrata, ma in realtà era solo una gigantesca proiezione (lunga almeno trenta metri) della notte stellare che fronteggiava la loro nave.
Uomini e donne sedevano e chiacchieravano intorno a tavoli di legno, o in piccole alcove lungo le pareti. In fondo a un’ampia scalinata c’era un ampio bancone che sorreggeva vassoi di cibo e caraffe, e oltre il bancone Rydra scorse l’alluminio e il bianco smaltato della cucina dove uomini e donne in grembiule preparavano i pasti.
Molti si girarono verso di loro, quando entrarono. Quelli più vicini si toccarono la fronte in segno di saluto. Lei seguì Jebel lungo una grande tavolata.
L’uomo grifone arrivò turbinando. — Padrone, è lei?
Jebel si girò a Rydra, il suo viso roccioso addolcito. — Questo è il mio divertimento e la mia distrazione, capitano Wong. In lui è il mio senso dell’umorismo che tutti mi rimproverano di non avere. Ehi, Klik, sistema un po’ i nostri posti.
La testa piumata si abbassò un attimo, un occhio nero sbatté un paio di volte, e Klik sprimacciò con cura i cuscini dei due posti a capotavola. Jebel sedette e Rydra lo imitò.
— Jebel — chiese Rydra, — che rotta segue la vostra nave?
— Noi rimaniamo nella Fessura di Specelli. — Scoprì dalla cappa la propria spalla bitorzoluta. — Qual era la vostra posizione originale, prima che finiste nel campo d’attrazione della nova?
— Noi… siamo partiti dai Cantieri di Guerra di Armsedge.
Jebel annuì. — Siete stati fortunati. Parecchie navi-ombra vi avrebbero lasciati emergere tranquillamente al centro della nova quando i vostri generatori si fossero scaricati. Si sarebbe trattato di una discorporazione piuttosto… finale.
— Lo immagino. — Rydra si sentì irrigidire lo stomaco al solo ricordo. Poi chiese: — Navi-ombra?
— Sì. Ecco cos’è Jebel Tarik.
— Mi spiace, ma non conosco questo tipo di navi.
Jebel rise, un suono soffice eppure aspro, che proveniva dalle profondità della sua gola. — Spero che non rimpiangerete mai le mie parole, allora.
— Proseguite — disse Rydra. — Vi ascolto.
— La Fessura di Specelli è opaca alle onde radio. Una nave, anche una montagna come Tarik, su quasi tutte le lunghezze d’onda è indistinguibile. L’effetto è lo stesso lungo tutta la direttrice del Cancro.
— Quella galassia appartiene agli Invasori — mormorò Rydra con una leggera apprensione.
— La Fessura è praticamente la linea di confine del Cancro. Noi… controlliamo quest’area e badiamo che le navi degli Invasori rimangano al loro posto.
Rydra osservò l’esitazione sul suo viso. — Ma non ufficialmente, vero?
Di nuovo lui rise. — E come potremmo, capitano Wong? — Accarezzò un ciuffo di piume sul collo di Klik. Il buffone arcuò la schiena. — Neppure le navi da guerra autorizzate possono ricevere ordini e direttive in questa zona dello spazio a causa della sua densità radio. Perciò il Quartier Generale Alleato è clemente con noi. Noi svolgiamo bene il nostro lavoro, e loro guardano da un’altra parte. Non possono darci ordini, è vero: ma non devono neppure rifornirci di armi o di viveri. Per questo noi ignoriamo certe convenzioni di recupero e salvataggio. Gli altri spaziali ci chiamano saccheggiatori. — Rimase in attesa di una sua reazione. — Noi siamo fedeli difensori dell’Alleanza, capitano Wong, ma… — Sollevò una mano, piegò le dita a pugno e se lo portò sullo stomaco. — Ma se siamo affamati, e nessuna nave degli Invasori passa da queste parti… be’, prendiamo quello che capita.
— Capisco — disse Rydra. — Devo dedurne che io sono stata “presa”? — Ricordò il barone, l’esitante elasticità implicita nella sua sottile figura.
Le dita di Jebel si allargarono sul suo stomaco. — Sembro forse affamato?
Rydra sogghignò. — Sembrate invece molto ben pasciuto.
Lui annuì soddisfatto. — Questo è stato un mese fecondo. Se non lo fosse stato, forse ora non saremmo qui a discutere amichevolmente. Voi siete nostri ospiti, per il momento.
— Allora ci aiuterete a riparare i nostri generatori…
Jebel alzò di nuovo la mano, a fermarla — …per il momento — ripeté.
Rydra si era spinta in avanti sul suo sedile; ora tornò ad appoggiarsi con rassegnazione.
Jebel parlò a Klik. — Porta i libri. — Il buffone sparì veloce. — Noi viviamo pericolosamente — proseguì Jebel — e forse è per questo che viviamo bene. Siamo civili… quando ne abbiamo il tempo. Il nome della vostra nave mi ha convinto a obbedire al suggerimento del Macellaio di agganciarvi. Qui al Margine riceviamo raramente la visita di un Bardo. — Rydra sorrise quanto più gentilmente le permetteva il gioco di parole.
Klik ritornò con tre volumi. Le copertine erano nere con il bordo argentato. Jebel li soppesò un istante. — Il mio favorito è il secondo. Sono rimasto molto colpito da quella lunga poesia che è Esiliati nella Foschia. Avete detto di non avere mai sentito parlare delle navi-ombra, eppure conoscete bene le sensazioni “con cui la notte si dona per incatenarti”… è questa la strofa, non è vero? Lo confesso, il terzo libro non l’ho capito. Vi sono troppe allusioni umoristiche e troppi riferimenti a fatti recenti. Noi siamo troppo isolati. — Scrollò le spalle. — Abbiamo salvato il primo libro dalla collezione del capitano di un cargo Invasore che si era spinto da queste parti. Il secondo… be’, proviene da una piccola nave dell’Alleanza. Credo che ci sia una dedica sulla seconda pagina. — Aprì il libro e lesse: — “A Joey per il suo primo volo: perché dice così bene ciò che io ho sempre voluto dire. Con tanto amore, Lenia.” — Chiuse il libro. — Toccante. Il terzo l’ho acquistato soltanto un mese fa. Ma dovrò leggerlo ancora diverse volte prima di poterne parlare con voi. Sono meravigliato dalla coincidenza che ci ha uniti. Da quanto tempo è uscito il terzo libro?