Lanciò un’occhiata al proprio bicchiere.
— Di solito quell’abilità arrivava a un punto che io riuscivo sempre a controllare, ma ogni volta mi dava una sensazione strana. Allora avevo diciannove anni e una reputazione che mi indicava come la ragazzina che poteva spezzare ogni mistero. Immagino che fosse dovuto ai miei studi sulla struttura del linguaggio, e che per quello mi riuscisse più facile riconoscere i moduli… È la stessa cosa che mi è successa per Babel-17. Ho sentito che esisteva un certo ordine grammaticale, e che non si trattava di un accostamento di parole affidate al caso.
— E perché avete abbandonato il Dipartimento?
— Vi ho già spiegato due motivi. Il terzo è stato semplicemente dettato, una volta acquistata la padronanza della mia abilità, dal desiderio di usarla per i miei scopi personali. A diciannove anni ho lasciato l’Esercito e mi sono… be’ sposata, cominciando a scrivere sul serio. Tre anni più tardi è uscito il mio primo libro. — Alzò le spalle, mentre un sorriso leggero le distendeva i lineamenti.
— Per tutto quello che mi è successo dopo, leggete le mie poesie. È tutto lì.
— E sui mondi di cinque galassie, oggi, la gente scava fra le immagini della vostra ispirazione cercando le risposte agli enigmi della grandezza, dell’amore e dell’isolamento. — Quelle tre ultime parole spiccarono nella sua frase come tre vagabondi su un carro bestiame. Lei gli era dinanzi, splendida; qui, lontano dal suo ambiente e dalla sua uniforme, lui si sentiva disperatamente isolato. Ed era anche disperatamente inn… No!
Era impossibile e ridicolo e troppo semplice spiegare a quel modo ciò che gli pulsava dietro gli occhi e gli faceva tremare le mani. — Volete bere ancora qualcosa? — Un gesto di difesa automatico. Ma lei lo avrebbe interpretato come un atto educato e impersonale. Oppure no? Il barista venne e se ne andò.
— I mondi di cinque galassie — ripeté lei. — È tutto così strano. Ho solo ventisei anni. — I suoi occhi si fissarono su qualcosa al di là dello specchio. Non aveva bevuto che metà del suo primo bicchiere.
— A quest’età, Keats era già morto.
Lei sospirò. — Questa è un’epoca strana. Costruisce quasi di colpo i suoi eroi, giovanissimi, poi altrettanto rapidamente li lascia cadere nel nulla.
Lui annuì in silenzio, ricordando quella mezza dozzina di cantanti, attori, e anche scrittori, che negli ultimi dieci o vent’anni erano stati considerati geni per un anno, due, tre, e poi erano scomparsi. Anche la fama di quella donna era un fenomeno che durava da solo tre anni.
— Io sono parte del mio tempo — disse lei. — Mi piacerebbe riuscire a trascendere il mio tempo, ma temo che il mio tempo sia troppo intimamente connesso a ciò che io sono. — La sua mano si allontanò dal bicchiere sul ripiano di mogano. — Anche per voi militari le cose non devono essere molto diverse. — Sollevò la fronte. — Vi ho dato ciò che volevate?
Lui annuì. Era più facile mentire con un gesto che con una parola.
— Bene. Ora, generale Forester, che cos’è Babel-17?
Lui si guardò intorno alla ricerca del barista, ma un bagliore improvviso gli fece riportare gli occhi al viso di lei: il bagliore era soltanto un suo sorriso, ma con la coda dell’occhio lui l’aveva scambiata per una luce.
— Ecco — offrì lei, spingendo verso di lui il secondo bicchiere intatto. — Non me la sento di finirlo.
Il generale lo prese, bevve un sorso. — L’Invasione, signorina Wong… dev’essere una cosa collegata in qualche modo all’Invasione.
Lei si appoggiò a un gomito, ascoltando con gli occhi socchiusi.
— Tutto è cominciato con una serie di incidenti… almeno, dapprima sembravano incidenti. Ora siamo certi si trattasse di sabotaggio. Si sono ripetuti regolarmente in tutto il territorio dell’Alleanza dal dicembre ’68. Alcuni a bordo di navi da guerra, altri nei cantieri della Marina Spaziale, e hanno sempre provocato la perdita di materiale di primaria importanza. Per due volte, esplosioni hanno causato la morte di diversi alti ufficiali. In altre occasioni, invece, questi “incidenti” hanno avuto luogo in impianti industriali che producevano materiale bellico essenziale.
— Ma qual è il punto di collegamento fra tutti questi “incidenti”, al di fuori del fatto che avevano tutti a che fare con la guerra? Con la nostra attuale economia, è difficile trovare una sola industria che non sia connessa in qualche modo alla guerra.
— La cosa che li collega, signorina Wong, è Babel-17.
Lui la osservò mentre finiva il suo bicchiere e lo deponeva precisamente sul circolo umido sul banco.
— Appena prima, durante, e subito dopo ogni incidente, l’area colpita viene letteralmente affollata di messaggi radio che vanno e vengono da sorgenti non identificate. Parecchi messaggi sono su una lunghezza d’onda vicina ai duecento metri, ma vi sono anche emissioni improvvise attraverso i canali iperstatici che coprono distanze di alcuni anni luce. Abbiamo trascritto i testi delle trasmissioni durante gli ultimi tre “incidenti” e abbiamo dato loro il nome codice Babel-17. Questo è tutto. C’è qualcosa di utile in quello che ho detto?
— Sì. Esiste una buona probabilità che queste trasmissioni siano le istruzioni per i sabotaggi da parte di qualcuno che dirige gli “incidenti”…
— … Ma nessuno è stato capace di cavarci nulla! — Ormai era al limite dell’esasperazione. Non trasmettono altro all’infuori di quell’infernale balbettio a velocità doppia del normale! Alla fine qualcuno ha notato certe ripetizioni negli schemi che potevano suggerire un codice. I crittografi hanno pensato che fosse una buona traccia, ma in un mese non sono riusciti a capirci nulla. E hanno deciso di chiamare voi.
Parlando, il generale l’aveva osservata mentre lei rifletteva. Ora, Rydra sollevò gli occhi. — Generale Forester, vorrei esaminare le registrazioni originali di quei messaggi radio, e mi servirebbe anche un resoconto dettagliato, secondo per secondo se è disponibile, degli incidenti sincronizzati con le registrazioni.
— Non so se…
— Se non avete nulla di simile, cercate di ottenerne uno durante il prossimo “incidente”. Se quei garbugli radiofonici sono conversazioni, devo essere in grado di poter capire di cosa parlano. Forse non ve ne siete accorto, ma nella copia che i crittografi mi hanno inviato non c’è nessuna distinzione fra le voci. Cioè, io mi sono ridotta a lavorare sulla trascrizione di qualcosa che è completamente privo di punteggiatura e che non possiede neppure una pausa fra le varie parole.
— Posso farvi ottenere ciò che volete, all’infuori delle registrazioni originali…
— Voglio proprio quelle. Devo farne una trascrizione accurata, usando il mio equipaggiamento personale.
— Ve ne farò preparare una nuova, in base alle vostre specificazioni.
Lei scosse il capo. — Devo farlo io stessa, o non posso prometterle nulla. Esiste il problema delle distinzioni fonemiche e omofoniche. I vostri esperti non si erano neppure accorti che si trattava di una lingua, e non è certo loro venuto in mente di…
Lui la interruppe. — Quali distinzioni?