Lei annuì, muovendo la guancia contro le sue dita. — Stai afferrando l’idea. — Se il suo petto era fresco, la sua mano era calda. Lei vi appoggiò la sua. — Certe volte mi spaventi.
— Io e me — continuò il Macellaio. — Solo una differenza morfologica, non è vero? Perché certe volte mi spaventi?
— Ti spavento. Una correzione morfologica. Tu spaventi me, perché derubi banche e infili coltelli alla rovescia negli occhi della gente, Macellaio!
— Tu fai cose simili? — La sua sorpresa durò un istante. — Sì, è vero. Tu le fai. E hai dimenticato.
— Ma non le ho fatte io — disse Rydra.
— E perché questo dovrebbe spaventare io?… correzione, me.
— Perché è qualcosa che io non ho mai fatto, che non desidererei mai fare. E tu mi piaci, mi piace la tua mano sul mio viso, e se tu di colpo decidessi di infilarmi un manico di coltello in un occhio…
— Oh. Tu non mi infileresti mai un manico di coltello in un occhio — disse il Macellaio. — Non ho da preoccuparmi.
— Potresti cambiare idea.
— Tu non lo farai. — La fissò più da vicino. — Io non penso sul serio che tu vuoi uccidermi. Lo so. Tu lo sai. È qualcosa d’altro. Perché non ti dico qualcosa d’altro che mi ha spaventato? Forse tu puoi vedere qualche indizio e capirlo. Il cervello non è stupido.
La sua mano scivolò sul collo di Rydra, e nei suoi occhi brillava una luce di interesse. Lei aveva già visto qualcosa di simile quando lui si era voltato da quel feto morto nel laboratorio di biologia. — Una volta… — cominciò lei lentamente — …be’, c’è stato un uccello.
— Gli uccelli mi spaventano?
— No. Ma questo uccello ci riuscì. Ero appena una bambina. Tu non ricordi di essere stato bambino, vero? In molte persone, quello che succede da bambini è molto importante per ciò che si diventa da adulti.
— Anche per quello che sono io?
— Sì, e anche per me. Il mio dottore voleva regalarmi questo uccello. Era una gracula, un uccello che sa parlare. Ma non sa quello che dice. Ripete soltanto come un registratore. Solo che io non lo sapevo. Molte volte riesco a sapere in anticipo quello che la gente sta per dirmi, Macellaio. Non ho mai capito bene perché, ma da quando sono su Tarik mi sono accorta che deve entrarci la telepatia. Comunque, questo uccello era stato addestrato a parlare nutrendolo con lombrichi ogni volta che diceva le cose giuste. Sai quanto sono grandi i lombrichi?
— Così?
— Esatto. Alcuni sono anche più lunghi. Mentre una gracula può raggiungere i venti o venticinque centimetri. In altre parole, un lombrico può essere lungo quattro quinti di una gracula, ed è questo l’importante. L’uccello aveva imparato a dire: “Ciao, Rydra, fuori è una bella giornata e io sono felice”. Ma l’unico significato di questa frase nella mente dell’uccello era una combinazione di sensazioni visive e olfattive che potrei tradurre liberamente con C’è un altro lombrico in arrivo. Così, quando entrai nella serra e dissi ciao all’uccello, e lui mi rispose “Ciao, Rydra, fuori è una bella giornata e io sono felice”, mi accorsi immediatamente che l’uccello stava mentendo. C’era un altro lombrico in arrivo, che io potevo vedere e annusare, ed era grasso e lungo quasi quanto me. E io dovevo mangiarlo. Divenni leggermente isterica. Non l’ho mai spiegato al mio dottore, ma ogni volta che lo ricordo ho ancora dei brividi freddi.
Il Macellaio annuì. — Quando tu hai lasciato Rea con il denaro, ti sei nascosto in una caverna sull’inferno ghiacciato di Dis. Sei stato attaccato dai vermi, lunghi quattro metri. Sono sbucati dalle rocce che avevano traforato con la loro pelle imbevuta di acido. Avevi paura, ma li hai uccisi. Poi hai alzato una rete protettiva collegata al tuo impianto elettrico di emergenza. Dopo averli uccisi, ti sei accorto che potevi batterli e che quindi non dovevi più avere paura di loro. L’unica ragione per cui non li hai mangiati era che l’acido rendeva le loro carni velenose. Ma non mangiavi da tre giorni.
— Io ho…? — mormorò Rydra. — Voglio dire, tu hai fatto ciò?
— Tu non hai paura delle cose di cui ho paura io. Io non sono spaventata da quello di cui hai paura tu. Questo va bene, no?
— Immagino di sì.
Con delicatezza, lui abbassò il viso verso il suo, poi si tirò indietro, cercando negli occhi di Rydra una risposta.
— Che cos’è che ti spaventa? — chiese lei.
Lui scrollò il capo, non per negare, ma per la confusione che ora sembrava riempirgli il cervello. — Il bambino, il bambino che è morto — mormorò. — Il cervello ha paura, paura che tu rimanga solo.
— Hai molta paura di rimanere solo, Macellaio?
Lui scosse di nuovo il capo.
— La solitudine non è buona.
Lei annuì in silenzio.
— Il cervello lo sa questo. Per molto tempo non lo ha saputo, ma poi ha imparato. Solo su Rea, anche con tutto quel denaro. Più solo su Dite; e su Titin, dove anche fra tutti gli altri prigionieri eri sempre il più solo di tutti. Nessuno ti capiva davvero quando tu parlavi. E tu non capivi veramente loro. Forse perché gli altri dicevano tu e io così spesso, e tu stai imparando soltanto ora quanto sei importante tu e quanto lo sono io.
Rydra si scosse. — Volevi allevare tu il bambino in modo che lui… parlasse la tua stessa lingua?
— In due non si è soli.
— Capisco.
— È morto — mormorò lui, e grugnì. — Ma ora non sei più così solo. Io ti ho insegnato a capire gli altri, un poco. Tu non sei stupido, e impari alla svelta. — Si girò completamente verso di lei e, appoggiandole la mano sulla spalla, le parlò con gravità. — Io ti piaccio. Anche quando mi hai visto per la prima volta su Tarik, c’era qualcosa in me che ti piaceva. Ti ho visto fare cose che io pensavo sbagliate, ma ti piaccio ugualmente. Io ti ho detto come distruggere la rete difensiva degli Invasori e tu lo hai fatto per me. Ti ho detto che volevo andare alla Lingua del Drago e tu ora mi stai portanto là. Tu farai tutto quello che ti chiederò. È importante per me saperlo.
— Grazie, Macellaio — mormorò lei stupefatta.
— E se tu dovessi rapinare un’altra banca, tu darai a me tutto il denaro rubato.
Rydra scoppiò a ridere. — Ti ringrazio. Nessuno ha mai pensato di fare nulla del genere per me. Ma spero che non dovrai più rapinare…
— Tu ucciderai chiunque cercherà di farmi del male, li ucciderai come non hai mai ucciso nessuno prima.
— Ma non devi…
— Tu ucciderai tutti gli uomini di Tarik se cercheranno di separarci.
— Oh, Macellaio… — Lei si voltò e si mise una mano sulla bocca. — Che accidente di insegnante sono! Tu non capisci una cosa… stai parlando di me, ma…
La sua voce le giunse lenta e meravigliata: — Pensi che io non ti capisca.
Lei si girò verso di lui. — Ma io ti capisco, Macellaio! Io ti capisco. Devi credermi, ti prego. Ma credi anche che devi imparare qualche cosa d’altro.
— Tu mi credi — esclamò lui fermamente.
— Allora ascolta. Io non ti ho insegnato l’esatto significato di tu e io.
— Ma…
— Ogni volta che negli ultimi dieci minuti hai detto tu avresti dovuto dire io. E ogni volta che dicevi io, dovevi dire tu.
Lui abbassò gli occhi sul pavimento, poi li risollevò di nuovo senza una risposta.
— Tutto quello che hai detto era morfologicamente sbagliato. Ciò di cui tu parlavi in prima persona riguardava invece me come soggetto. E viceversa.