— Ma non è la stessa parola per la stessa cosa, se sono intercambiabili?
— No, ma… sì! Significano entrambi lo stesso tipo di cosa, e in un certo senso si corrispondono.
— Allora tu e io siamo la stessa cosa.
Rischiando una nuova confusione, lei annuì.
— Lo immaginavo. Ma tu — e il Macellaio puntò un dito verso Rydra — hai insegnato a me — distolse il dito e lo volse su se stesso.
— Sì. Ed è per questo che non puoi andare in giro ad ammazzare la gente. O almeno, prima devi rifletterci più a lungo. Quando tu parli con Jebel, tu e io continuiamo a esistere. Con chiunque altro tu parli a bordo di Tarik, anche per videotelefono, ricorda che tu e io esistiamo sempre.
— Il cervello deve pensarci.
— Devi farlo davvero.
— Se devo lo farò. Ma noi siamo uno, più degli altri. — Le sfiorò di nuovo il viso. — Perché tu mi hai insegnato. Perché con me tu non devi avere paura di nulla. Io ho appena imparato, e posso fare qualche errore con gli altri; per un io uccidere un tu senza prima pensarci parecchio è un errore, vero? Sto usando esattamente le parole, ora?
— Sì.
— Io non farò errori con te. Sarebbe troppo terribile. Cercherò di farne meno che potrò. E un giorno avrò imparato del tutto. — Poi sorrise. — Speriamo però che gli altri non facciano errori con me. Mi dispiacerebbe per loro, perché anch’io sbaglierei con loro, e senza pensarci troppo.
— Direi che per il momento è abbastanza onesto — mormorò Rydra e strinse le sue braccia. — Sono felice che tu e io siamo insieme, Macellaio. — Poi lui la strinse a sé, e Rydra affondò il viso contro la sua spalla.
— Ti ringrazio — sussurrò lui. — Ti ringrazio e ti ringrazio.
— Sei caldo — rispose lei contro la sua spalla. — Restiamo così ancora per qualche minuto.
Lui la tenne stretta, ma a un tratto Rydra sbatté le palpebre e sollevò gli occhi a fissare il suo viso attraverso la nebbia bluastra. — E questo che cos’è, Macellaio! — esclamò, di colpo gelida.
Lui le prese il viso fra le mani e chinò la testa finché i capelli d’ambra non le sfiorarono la fronte.
— Macellaio, ricordi che ti ho detto di poter sentire quello che la gente sta pensando? Be’, posso dirti che ora c’è qualcosa che non va, e anche se hai detto che non devo avere paura di te, adesso tu mi spaventi.
Rydra gli sollevò il volto. Era rigato di lacrime.
— C’è qualcosa di sbagliato in te, qualcosa che mi spaventa a morte. Dimmi che cos’è.
— Non posso — disse lui con voce rauca. — lo non posso. lo non posso dirlo a te.
E subito lei fu cosciente del fatto che si trattava della più orribile cosa che lei potesse immaginare.
Lo guardò combattere contro se stesso, e decise di intervenire nella lotta. — Forse posso aiutarti! Posso entrare nella tua mente, se me ne dai il modo, e trovare questa cosa.
Lui si tirò indietro e scosse il capo. — Tu non devi. Tu non devi farlo con me. Ti prego.
— N… non lo farò, Macellaio. — Si sentiva confusa. — Se n… non vuoi, n… on lo farò. — La confusione divenne dolore. — N… on lo farò, Macellaio! — Il balbettio della sua adolescenza le contorceva la bocca.
Lui respirava a fatica, pesantemente, ma pareva che cominciasse a riprendersi. — Sono rimasto solo e senza io troppo a lungo. Dovrò restarlo ancora per un poco.
— C… capisco. — Il sospetto, piccolo e sottile, fatto di nulla alla nascita, era scivolato fra di loro quando lui si era tirato indietro. Ma anche quello era umano. — Macellaio? Puoi leggere nella mia mente?
Lui sembrò sorpreso. — No. Non capisco neppure come tu possa leggere nella mia.
— Va bene. Ho pensato che potevi averci visto qualcosa che ti aveva spaventato.
Lui scosse il capo. Poi le si avvicinò di nuovo e cominciò: — Lo avevo detto prima. Tu e io siamo uno: ma tu e io siamo molto diversi. Io ho visto un mucchio di cose che tu non conoscerai mai. Tu conosci cose che io non vedrò mai. Tu mi hai fatto sentire di non essere solo. Ci sono molte cose, nel mio cervello, che potrebbero insegnarti a uccidere, a scappare, a vincere anche. Se ti troverai mai in pericolo, ma un pericolo reale, in cui qualcuno può fare un errore con te, allora entra pure nella mia mente e guarda cosa contiene. Usa qualsiasi cosa ti serva. Ti chiedo soltanto di aspettare finché non avrai tentato ogni altra cosa per difenderti.
— Aspetterò, Macellaio — mormorò lei.
Lui le tese una mano. — Vieni.
Lei gliela strinse, evitando lo sperone.
— È inutile studiare le correnti di stasi intorno all’astronave aliena se è amichevole verso l’Alleanza. Restiamo insieme qualche altro minuto.
Rydra si incamminò con una spalla premuta contro il suo braccio. — Amici o nemici — disse mentre avanzavano in quell’eterno crepuscolo affollato di spettri — tutta questa Invasione… a volte sembra talmente stupida. E questa è una cosa che non ti permettono di pensare, nel luogo da cui io provengo. Qui su Tarik voi evitate di porvi questa domanda. Vi invidio per questo.
— Vuoi andare al Quartier Generale dell’Alleanza per l’Invasione, vero?
— Esatto. Ma quando sarò arrivata, non sorprenderti se mi vedrai tornare indietro. Questa è un’altra cosa che vorrei togliermi dalla mente. Gli Invasori hanno ucciso i miei genitori, e il secondo Embargo ha ucciso quasi anche me. Due dei miei Navigatori hanno perso la loro prima moglie a causa degli Invasori. Eppure, Ron si chiedeva se i Cantieri di Guerra di Armsedge dovessero esistere. A nessuno piace l’Invasione, eppure essa prosegue. È così gigantesca che non avevo mai pensato seriamente di poterne uscire. Qui su Tarik è strano vedere tanta gente che, in modo magari un po’ distruttivo, ha fatto proprio questo. Forse dovrei smetterla di preoccuparmi per il Quartier Generale, dire a Jebel di tornare indietro e rifugiarmi con voi nella regione più densa della Fessura.
— Gli Invasori — disse pensoso il Macellaio — hanno fatto del male a molta gente, a te, a me. Hanno fatto del male anche a me.
— Davvero?
— Danni al cervello, te l’avevo detto. Sono stati gli Invasori.
— Cosa ti hanno fatto?
Il Macellaio scrollò le spalle. — La prima cosa che ricordo è la fuga da Nueva-Nueva York.
— Non è l’ultimo porto per la nebula del Cancro?
— Esatto.
— Gli Invasori ti avevano catturato?
Lui fece di sì col capo. — E mi fecero qualcosa. Forse era un esperimento, o forse soltanto tortura. — Scrollò ancora le spalle. — Non importa. Non posso ricordare. Quando fuggii non avevo più nulla; né memoria, né voce, né nome.
— Forse eri un prigioniero di guerra, e magari anche una persona importante, prima che ti catturassero…
Lui si piegò verso di lei e le chiuse la bocca con la propria guancia. Quando si risollevò, lei lo vide sorridere tristemente. — Ci sono alcune cose che il mio cervello può non ricordare, ma che può facilmente immaginare; io ero comunque un ladro, un assassino, un criminale. E io non ero io. Gli Invasori mi catturarono una volta. Fuggii. L’Alleanza mi catturò più tardi e mi rinchiuse su Titin. Fuggii…
— Sei fuggito da Titin?
Lui annuì. — Probabilmente verrò catturato ancora, perché è questo il destino dei criminali in questo universo. E forse fuggirò una terza volta. — Alzò le spalle. — Ma forse non sarò più preso. — Le lanciò una rapida occhiata, sorpreso non tanto per la sua presenza, quanto per qualcosa dentro se stesso. — Prima non ero io, ma ora ho una buona ragione per rimanere libero. Non mi prenderanno più. Ora esiste una ragione.