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Simile a un gigantesco granchio con tre chele, la nave nemica si perdeva nella notte. Rydra spiccò un salto verso di essa. Per un istante il gelo le penetrò profondamente nelle ossa, poi i suoi piedi toccarono il metallo dello scafo nemico. Rotolò accanto alla base del grappino, mentre più in basso qualcuno lanciava un’altra granata verso il portello della sua nave. Non dovevano essersi accorti che lei e il Macellaio erano già usciti. Bene. Sparò. E un altro sibilo le giunse dal punto in cui era sparito il Macellaio.

Nell’oscurità sotto di lei, alcune figure si mossero. Poi alcune scintille si sollevarono dal metallo accanto alla sua mano. Il colpo era venuto dal portello della loro nave, e lei perse un quarto di secondo analizzando e scartando la possibilità che la spia fra di loro avesse deciso di dare man forte agli Invasori. Era stata la tattica degli Invasori quella di impedire loro di uscire dalla nave e di ucciderli mentre varcavano il portello. Avevano fallito, e ora si erano rifugiati loro stessi nel portello avversario per tenerli sotto tiro. Sparò, sparò ancora. Dal suo nascondiglio dietro l’altro grappino, il Macellaio stava seguendo il suo esempio.

Una sezione dell’orlo del portello cominciava già a luccicare sotto i colpi ripetuti. Poi, di colpo, giunse loro una voce familiare. — Va bene, basta così! Basta, Macellaio. Li avete beccati, ca’itano!

Rydra si arrampicò lungo il grappino, mentre il Macellaio usciva dal suo nascondiglio con la pistola abbassata. Ottone accese l’illuminazione nel portello e un vago chiarore si sperse nello spazio.

La luce distorceva maggiormente i già demoniaci lineamenti di Ottone che reggeva due figure molli, una per ogni artiglio.

— A voler essere onesti, questo è mio — disse, scuotendo il corpo di destra. — Stava tentando di scivolare dentro la nave, così gli sono saltato in testa. — Issò i due corpi sullo scafo della nave. — Non so voi due, ma io ho un freddo cane. Ho detto a Diavalo di ’re’ararci un ’o’ di whisky irlandese nella vostra cabina, ca’itano. O forse ’referite del rum con il burro? Venite dentro, siete quasi blu!

Nell’ascensore la mente di Rydra ritornò a pensare in inglese e il freddo cominciò a farsi sentire. Il gelo che aveva arricciato i capelli del Macellaio incominciava a sciogliersi in rivoletti lungo il suo collo. Rydra tremava.

— Ehi — esclamò lei mentre entravano nel corridoio — se tu eri lassù, chi controllava la nave?

— Kippi. Ora siamo sul controllo automatico.

— Rum — disse il Macellaio. — Senza burro e a temperatura normale. Soltanto rum.

— L’uomo del mio cuore — annuì Ottone. Buttò un braccio intorno alle spalle di Rydra e l’altro intorno a quelle del Macellaio. Poi, più che stringerli, li portò quasi di peso nella cabina.

Qualcosa strusciò contro lo scafo esterno con un rumore graffiante. Il pilota lanciò un’occhiata al soffitto. — Hanno staccato quei gra’’ini.

Mentre Rydra e il Macellaio sedevano ai loro posti infreddoliti, Ottone si avvicinò all’intercom: Ehi, Diavalo, non è ancora ’ronta quella roba da bere? Qui ce n’è bisogno urgente.

— Ottone! — Rydra gli afferrò il braccio mentre le passava vicino. — Puoi portarci da qui fino al Quartier Generale dell’Alleanza?

Lui si grattò un orecchio. — Siamo ’ro’rio all’estremità della Lingua del Drago. Io conosco l’interno della Fessura solo sulle carte, ma i ragazzi del Sensorio mi hanno a’’ena detto che siamo in qualcosa che ’otrebbe essere l’inizio della Corrente di Natal-Beta. Ci ’orterebbe fuori dalla Fessura e ’oi ’otremmo infilarci nella Atlas-Veloce. Arriveremmo davanti alla ’orta di casa dell’Alleanza. E il viaggio durerebbe diciotto, forse venti ore.

— Allora andiamo. — Diede un’occhiata al Macellaio, ma lui non fece obiezioni.

— È una buona idea — convenne Ottone. — Ormai metà Tarik è… ehm, discor’orata.

— Gli Invasori hanno vinto?

— Niente affatto. I Ciribiani hanno raccolto bene l’idea e hanno arrostito anche il ’orco grosso. Ma soltanto do’o che Tarik si era ’resa un buco nella ’ancia, grande abbastanza ’er farci ’assare tre battelli-ragno affiancati. Ki’’i mi ha detto che tutti quelli non ancora morti si sono raggru’’ati in una sezione della nave, ma che non hanno ’iù energia.

— E Jebel? — chiese il Macellaio.

— Morto — rispose Ottone.

Diavalo infilò nella cabina la sua testa bianca di albino. — Eccomi.

Ottone prese le bottiglie e i bicchieri.

Poi dall’altoparlante giunse una scarica statica: — Macellaio, vi abbiamo visti allontanarvi dalla nave degli Invasori. Così, ne siete usciti vivi.

Il Macellaio si spinse in avanti e prese il microfono. — Il Macellaio è vivo, capo.

— Certe persone hanno tutte le fortune. Capitano Wong, mi aspetto che scriviate un’elegia per me.

— Jebel? — chiese lei sedendosi al fianco del Macellaio. — Siamo diretti al Quartier Generale dell’Alleanza. Torneremo con i soccorsi.

— Quando vorrete, capitano. Per ora siamo soltanto un pochino stretti.

— Stiamo partendo adesso.

Ottone era già uscito.

— Lumaca, tutti i ragazzi stanno bene?

— Tutti presenti e pronti alle manovre. Capitano, voi non avete dato nessun permesso per portare a bordo dei fuochi d’artificio, vero?

— No, che mi ricordi.

— Era quello che volevo sapere. Ratt, vieni qui…

Rydra scoppiò a ridere. — Navigazione?

— Pronti in ogni momento — rispose Ron. In sottofondo si udiva la voce di Mollya: — Nilitaka kulula, nilale milele…

— Mollya ci sta insegnando una poesia in Swahili, — spiegò Ron.

— Oh. Sensorio?

— Etchum! L’ho sempre detto io, capitano: tenete pulito il vostro cimitero. Potreste averne bisogno, un giorno o l’altro. Basta vedere Jebel. Noi siamo pronti.

— Dirò a Lumaca di mandare giù un ragazzo con una scopa. Sei collegato, Ottone?

— Tutto okay, ca’itano.

I generatori di stasi furono accesi e lei si distese sullo strapuntino della poltrona. Dentro di lei, qualcosa si rilassò lentamente. — Non credevo che ce l’avremmo fatta ad uscirne. — Si girò verso il Macellaio, che sedeva sull’orlo del suo sedile e la stava fissando. — Sono nervosa come un gatto. E non mi sento troppo bene. Oh, diavolo, sta cominciando… — Con il senso di rilassatezza anche quell’oscuro malore che aveva tenuto indietro fino ad allora stava avanzando nella sua mente. E si arrampicava in tutto il suo corpo. — Tutta questa storia mi fa sentire come se stessi cadendo a pezzi. È come quando dubiti di ogni cosa, non credi più alle tue sensazioni, e incominci a pensare che tu non sei più tu… — Il respiro le si strozzò in gola.

— Io sono — disse lui dolcemente — e tu sei.

— Non lasciare mai che io ne dubiti, Macellaio. Ma c’è una spia fra il mio equipaggio. Te lo avevo detto, non è vero? Forse è Ottone e ora ci sta portando direttamente in un’altra nova! — Accompagnata dalla stanchezza saliva una bolla di isterismo. La bolla scoppiò, e lei strappò la bottiglia dalle mani del Macellaio. — Non berlo! D-D-Diavalo potrebbe avvelenarci! — Si alzò incerta sulle gambe. C’era una nebbia rossa che avvolgeva ogni cosa. — …oppure uno dei m-m-morti. Come… come posso c-c-combattere un fantasma? — Poi la paura le colpì lo stomaco, e lei arretrò come sotto un pugno. Con la paura venne il dolore. … per uccidere… uccidere noi! — sussurrò. … qualcosa ci ucciderà… e n-n-non ci sarai più tu, e non ci sarò io!