— E dopo quei labirinti che abbiamo attraversato, io non la ricordo certo — sospirò T’mwarba.
— Nel caso che qualcuno cerchi di localizzarci, la stanza viene spostata automaticamente ogni quindici secondi. Non potrà uscire. — Il generale fece un cenno verso il Macellaio.
— Io spero solo che nessuno riesca ad entrare. — T’mwarba premette un interruttore su una macchina.
— Volete ripetermi le vostre intenzioni?
— Il Macellaio è stato colpito da amnesia, dicono i dottori di Titin. Ciò significa che la sua coscienza è limitata alla sezione del cervello che contiene i ricordi datati dal ’61. La coscienza risulta in effetti ristretta a un unico segmento della corteccia. Questo apparecchio — …il dottore sollevò un elmetto metallico e lo infilò sul capo del Macellaio, continuando a lanciare occhiate a Rydra… — serve a creare una serie di “spiacevolezze” in quel segmento della corteccia e a spingere quella parte del cervello a collegarsi di nuovo con il resto, rimasto isolato.
— Ma cosa succederà se non esistono più connessioni fra quella parte della corteccia e il cervello colpito da amnesia?
— Se riusciremo a scuoterlo a sufficienza, sarà lui stesso a crearne delle nuove.
— Con il genere di vita che ha condotto finora — commentò piuttosto incredulo il generale — mi chiedo cosa ci possa essere per lui di tanto spiacevole da indurlo a fuggire dal suo cervello.
— Onoff, Algol, Fortran — rispose il dottor T’mwarba.
Il generale lo osservò stupito mentre effettuava gli ultimi collegamenti.
— Di solito, questo apparecchio crea nella mente del paziente una situazione del tipo “pozzo dei serpenti”. Ma per una mente che non conosce la parola io, o che ne è rimasta priva così a lungo, la tattica della paura non è utile.
— E allora cosa userete?
— Algol, Onoff e Fortran, con l’aiuto di un barbiere e del fatto che oggi è mercoledì.
— Dottor T’mwarba, comincio a rimpiangere di non avere dato un’occhiata preliminare al vostro psico-indice…
— So quello che sto facendo. Nessuna di quelle lingue per calcolatori possedeva la parola io. Questo particolare evitava situazioni del tipo “Io non posso risolvere il problema”, oppure “Non sono minimamente interessato”, e una risposta come, “Ho altre cose migliori con cui perdere il mio tempo”. Generale, sul versante spagnolo dei Pirenei c’è un paese dove abita un solo barbiere. Questo barbiere rade tutti gli uomini del paese che non si fanno la barba da soli. Ora, il barbiere rade anche se stesso, oppure no?
Il generale aggrottò la fronte.
— Non mi credete? Ma generale, io dico sempre la verità. Tranne ogni mercoledì: il mercoledì, ogni mia affermazione è una bugia.
— Ma oggi è mercoledì! — esclamò il generale cominciando a sentirsi confuso.
— Molto comodo. Su, su, generale, non trattenete il fiato finché non siete blu in viso.
— Io non sto trattenendo il fiato!
— Non ho detto che lo stavate facendo. E ora rispondete con un sì o un no: avete smesso di picchiare vostra moglie?
— Dannazione, non posso rispondere a una domanda che…
— Be’, mentre state pensando a vostra moglie e decidendo se trattenere il fiato, sempre tenendo a mente che oggi è mercoledì, ditemi… chi fa la barba al barbiere?
La confusione del generale scoppiò in una risata. — Paradossi! Volete dire che gli imbottirete la mente di paradossi con i quali lui dovrà lottare.
— Quando lo si fa con un computer, questo finisce con l’andare in corto circuito a meno che non sia programmato per spegnersi non appena ne incontra uno.
— E supponendo che lui decida di discorporarsi?
— Credete che una simile bazzecola possa fermarmi? — Indicò un’altra macchina. — Quella serve appunto a impedirlo.
— Un’ultima cosa. Come sapete quali paradossi fornirgli? Di sicuro quelli che avete usato con me non…
— Non funzionerebbero, lo so. Inoltre, essi esistono solo in inglese e in poche altre lingue analiticamente impacciate. I paradossi si spezzano nelle manifestazioni linguistiche della lingua in cui sono espressi. Per il barbiere spagnolo e il mercoledì, sono le parole “tutti” e “ogni” che contengono significati contraddittori. La costruzione “non… finché” possiede un’ambiguità simile. Lo stesso vale per la parola “smettere”. Il nastro che Rydra mi ha spedito conteneva una grammatica e un vocabolario di Babel-17. Affascinanti. È la lingua più analiticamente precisa che si possa immaginare. Ma questo perché in Babel-17 tutto è flessibile, e le idee compaiono in enormi quantità di conformazioni governate dalle stesse parole. Il che significa che il numero di paradossi possibile è impressionante. Rydra aveva letteralmente riempito l’ultima metà del nastro con alcuni degli esempi più ingegnosi. Se una mente limitata a pensare in Babel-17 restasse invischiata in questi paradossi, andrebbe in corto circuito, si brucerebbe…
— O fuggirebbe in un’altra zona del cervello. Capisco. Bene, procedete pure. Cominciate.
— L’ho già fatto due minuti fa.
Il generale osservò il Macellaio. — Non vedo nulla.
— E non lo vedrete per un altro minuto. — Regolò alcuni comandi. — Il sistema di paradossi che ho escogitato deve infiltrarsi attraverso l’intera parte cosciente dal suo cervello. Ci sono moltissime sinapsi che devono incominciare a scattare.
Di colpo, sul duro viso muscoloso del Macellaio, le labbra scoprirono i denti stretti in una morsa.
— Ci siamo — mormorò il dottor T’mwarba.
— Ma cosa sta succedendo alla signorina Wong?
Il volto di Rydra aveva subito la medesima contorsione.
— Avevo sperato che non sarebbe successo — sospirò T’mwarba — ma ne avevo il sospetto. Sono in unione telepatica.
Un crac improvviso dalla parte del Macellaio. La cinghia frontale si era allentata e la sua testa aveva urtato lo schienale del sedile.
Un suono lamentoso dalla parte di Rydra, che salì per un istante verso le vette di un gemito a bocca spalancata, ma subito si interruppe. I suoi occhi meravigliati ammiccarono un paio di volte, e lei gridò: — Oh, Mocky, fa male!
Una delle cinghie che legavano le braccia del Macellaio si spezzò con uno schiocco sordo, e una mano stretta a pugno si sollevò. Poi una luce accanto al pollice del dottor T’mwarba si trasformò da bianca ad ambrata, e il pollice premette con forza un pulsante. Il corpo del Macellaio ebbe un sussulto; poi si rilassò.
Il generale Forester incominciò: — Si è discorpor…
Ma il Macellaio ansimava ancora.
— Liberami, Mocky — implorò Rydra.
T’mwarba avvicinò la mano a un microinterruttore, e le cinghie che le stringevano la fronte, i polpacci, i polsi e le braccia, scivolarono di lato. Subito lei si precipitò attraverso la cella nella direzione del Macellaio. — Anche lui?
Lei annuì
T’mwarba schiacciò il secondo microinterruttore e il Macellaio scivolò in avanti fra le braccia di Rydra. Il suo peso trascinò a terra anche lei, ma subito Rydra cominciò a massaggiargli i muscoli irrigiditi sulla schiena.
Il generale Forester aveva estratto un vibratore è lo stava puntando sui corpi distesi a terra. — Chi diavolo è allora, e da dove viene? — domandò.
Il Macellaio fu sul punto di crollare ancora, ma puntò le mani sul pavimento e si sollevò a mezzo. — Ny… — cominciò. — Io… io sono Nyles Ver Dorco. — La sua voce sembrava aver perso le tonalità più raschianti. Il timbro era di un quarto più alto e una leggera pronuncia strascicata di tipo aristocratico accompagnava le sue parole. — Armsedge. Sono nato ad Armsedge. E ho… ho assassinato mio padre!