Ma lei soffocò un mezzo sorriso e tornò a voltarsi.
— Ci vedremo, Lome, quando sarò di ritorno.
— Già, già, lo avete detto un paio di volte, ormai. Ma in sei mesi non vi ho vista una sola volta. — Scoppiò a ridere. — Ma mi piacete, signora capitano. Portatemi alla nebulosa di Cesare, un giorno o l’altro, e vi mostrerò qualcosa.
— Quando andrò, tu verrai con me, Lome.
Un sogghigno aguzzo. — Devo andarmene, eh? Allora arrivederci, signora capitano… — si inchinò, portando una mano alla fronte per salutarla. — Capitano Wong. — E se ne andò.
— Non avreste dovuto lasciarvi impaurire — disse Rydra al funzionario.
— Ma era… — Mentre cercava una parola adatta, lui si chiese: “Come fa a saperlo?” — Da quale dei cinque inferni è sbucato quell’uomo?
— È un terrestre. Anche se credo sia nato a mezza strada fra Arcturus e un pianeta del Centauro. E se lui dice la verità, sua madre doveva essere una Lumaca. Ma Lome racconta molte storie.
— Volete dire che tutta quella chincaglieria è dovuta a un intervento di chirurgia cosmetica?
— Già. — Rydra cominciò a scendere gli scalini verso il seminterrato.
— Ma perché diavolo si conciano a quel modo? Sembrano usciti da un libro di magia nera. È per questo che la gente normale non vuole avere nulla a che fare con loro.
— I marinai sono abituati ai tatuaggi. E poi, Lome non ha altro da fare. Dubito che abbia avuto un ingaggio da pilota negli ultimi quarant’anni.
— Non è un buon pilota? Ma allora, tutto quel parlare della nebulosa di Cesare…?
— Oh, sono certa che lui la conosce bene. Ma ormai dovrebbe avere centoventi anni, e dopo gli ottanta i riflessi sono troppo lenti; è la fine della carriera per un pilota. Lome si accontenta di fare la spola fra un porto e l’altro, è informato di tutto quello che succede a ognuno di noi e certi suoi pettegolezzi sono interessanti.
Entrarono nel caffè e si trovarono su una rampa metallica che sovrastava le teste dei clienti, al banco o ai tavoli, da un’altezza di nove metri. Nel centro della sala sembrava librarsi una enorme sfera di quindici metri di diametro, fumosa e indefinita sotto la luce dei riflettori. Rydra occhieggiò per un istante la sfera e lanciò uno sguardo al doganiere.
— I giochi non sono ancora cominciati.
— Volete dire quei combattimenti?
— Esatto.
— Ma è illegale!
— La legge non è mai stata approvata. Dopo averla discussa, hanno preferito rimandare la votazione.
— Oh!
Mentre scendevano fra la folla gioviale, il funzionario sbatté gli occhi. Parecchi clienti erano uomini e donne del tutto comuni, ma i risultati della chirurgia cosmetica erano tali e così numerosi da allibirlo. — Non ero mai stato prima in un luogo simile! — mormorò affranto. Rettili e creature anfibie discutevano e ridevano frammisti a grifoni e a sfingi dalla pelle metallica.
— Volete lasciare qui i vostri abiti? — sorrise la ragazza del guardaroba. La sua pelle era di un verde tenue, e l’enorme crocchia dei capelli sembrava di cotone rosa. Le labbra, i seni e l’ombelico scintillavano.
— No, grazie — rifiutò in fretta il doganiere.
— Toglietevi almeno le scarpe e la camicia — gli consigliò Rydra, sbottonandosi la camicetta. — La gente penserà che siete strano. — Lei si chinò, slacciò i sandali e li tese sopra la cassa. Aveva appena iniziato a sfibbiare la cintura dei pantaloni, quando colse il suo sguardo disperato. Allora sorrise, e riallacciò la cintura.
Lui si tolse lentamente la giacca, la camicia e la maglietta. Era sul punto di slacciarsi le scarpe, quando qualcuno lo afferrò per un braccio. — Ehi, doganiere!
Si alzò, fissando l’uomo nudo e massiccio, sul suo viso butterato c’era un sogghigno simile a una fenditura su una corteccia sporca. Il suo unico ornamento era costituito da minuscoli scarafaggi meccanici luminosi che sciamavano in formazioni rigorose sul petto, sulle spalle e sulle membra. — Come, scusate?
— Cosa stai combinando qui doganiere?
— Signore, io non vi do fastidio.
— E nemmeno io ti rompo le scatole. Vieni a bere, doganiere. Mi sento amichevole.
— Vi ringrazio di cuore, ma dovrei…
— Io sono amichevole. Tu non lo sei. Se tu non vuoi essere amichevole, doganiere, allora nemmeno io voglio esserlo.
— Ma non sono solo… — Lanciò un’occhiata impotente a Rydra.
— Andiamo. Berrete tutt’e due. Offro io. Veramente amichevole, dannazione.
L’altro braccio si diresse verso le spalle di Rydra, ma lei gli bloccò il polso. Le dita si spalancarono lasciando intravedere lo stellarimetro graduato inserito chirurgicamente nel palmo della mano. — Navigatore?
Lui annuì, e Rydra lasciò andare il polso.
— Perché stanotte sei così “amichevole”?
L’uomo, piuttosto ubriaco, scosse il capo. Portava i capelli annodati in una ispida treccia nera che gli cadeva sull’orecchio sinistro. — Mi piace il doganiere. E mi piaci anche tu.
— Grazie. Offrici quel bicchiere e ti offrirò qualcosa anch’io.
Mentre il viso butterato annuiva pesantemente, gli occhi verdi si strinsero. L’uomo le pose una mano fra i seni e sollevò il disco d’oro che pendeva dalla catenella. — Capitano Wong?
Lei annuì.
— Meglio non scherzare con voi, allora. — Rise. — Venite, capitano, e offrirò a voi e al doganiere qualcosa che vi farà sentire allegri. — Fece loro strada fino al banco.
Il liquore verde che in locali più rispettabili veniva versato in piccoli bicchieri, qui era servito in boccali.
— Se volete scommettere sull’incontro fra Ottone e il Drago e mi date vincente il Drago, vi spacco la faccia. Scherzando, naturalmente, capitano.
— Non sono qui per scommettere — disse Rydra. — Cerco uomini. Conosci Ottone?
— Ero il navigatore durante il suo ultimo viaggio. Siamo tornati una settimana fa.
— E tu sei amichevole per la stessa ragione che lo fa combattere stasera?
— Potreste anche metterla così.
Il doganiere al suo fianco si grattò la clavicola con aria meravigliata.
— L’ultimo viaggio di Ottone deve essere finito male — gli spiegò Rydra. — Ora l’equipaggio è senza lavoro, e Ottone si esibirà stanotte. — Poi si girò di nuovo verso il Navigatore. — Ci saranno molti capitani a contrattarlo?
L’uomo spinse la lingua contro il labbro superiore, socchiuse un occhio e abbassò il capo. Poi alzò le spalle.
— Finora sono l’unica?
Un cenno di assenso, un lungo sorso di liquore.
— Come ti chiami?
— Calli, Navigatore-Due.
— Dove sono i tuoi Uno e Tre?
— Tre dev’essere da qualche parte di sopra, a sbronzarsi. Uno era una deliziosa ragazza di nome Cathy O’Higgins. È morta. — Finì di colpo il bicchiere e fece un cenno per un altro.
— Questo lo offro io — disse Rydra. — Perché è morta?
— Siamo incappati negli Invasori. Io, Tre, Ottone e il nostro Occhio siamo stati i soli a cavarcela. Tutti gli altri morti compresa la nostra Lumaca. Una Lumaca maledettamente in gamba. Capitano, è stato un viaggio infame. L’Occhio ha avuto un collasso, dopo la perdita del Naso e dell’Orecchio. Avevano vissuto insieme discorporati per dieci anni. Ron, Cathy e io formavamo l’altro trio soltanto da un paio di mesi ma anche così… — Scosse il capo. — È stato infame.
— Manda a chiamare il tuo Tre — disse Rydra.
— Perché?
— Sto cercando un equipaggio completo.
Calli corrugò la fronte. — Ma non abbiamo più il nostro Uno.
— E volete restare a marcire qui per sempre? Andate alla Morgue.