— Infatti, ed è questo a renderlo particolare. Di rado beve alcolici. Tuttavia dopo la morte della prima moglie attraversò un brutto periodo, e molto spesso lo si vedeva andare in giro con Ges Vorrutyer… uh… — Vorpatril si guardò attorno e abbassò la voce. — Tuttavia era pericoloso farlo rilassare troppo, perché allora diventava serio e depresso e non ci metteva niente a lanciarsi contro qualsiasi ingiustizia o misfatto o pazzia avesse sollevato la sua ira di recente. Dio, se parlava. Prima del quinto bicchiere, e cioè prima di rotolare sotto il tavolo per la notte, era già al punto di declamare la rivoluzione in versi endecasillabi rimati. Io l’ho sempre saputo che un giorno sarebbe finito in politica. — Ebbe una risatina, e lanciò uno sguardo affettuoso alla figura seduta fra i Conti dall’altra parte della camera.
Il voto del Consiglio Riunito per la conferma della designazione imperiale di Vorkosigan alla Reggenza fu una strana faccenda agli occhi di Cordelia. Non avrebbe mai creduto che settantacinque barrayarani dovessero mettersi d’accordo per decidere da quale parte dovesse alzarsi il sole al mattino, visto che tutti sapevano che s’era già alzato. Comunque, il voto fu praticamente unanime a favore della decisione dell’Imperatore Ezar. Le sole eccezioni furono cinque uomini dalla faccia aggrondata che dichiararono di astenersi, quattro con voce stentorea, uno così debolmente che il Lord Guardiano del Cerchio dei Parlatori dovette chiedergli di ripeterlo. Anche il Conte Vordarian votò «sì», e Cordelia si disse che quel mattino Vortala doveva essere riuscito a escogitare concessioni molto persuasive; probabilmente proprio quelle a cui Vordarian mirava fin dall’inizio. Sembrava una partenza di buon auspicio e incoraggiante per il nuovo lavoro di Vorkosigan, e Cordelia lo fece osservare a Vorpatril.
— Uh… sì, milady — rispose lui, lanciandole un sorrisetto di sbieco. — L’Imperatore Ezar ha chiarito che desiderava un consenso generale.
Il suo tono chiarì a lei che qualcosa le era sfuggito. — Sta cercando di dirmi che qualcuno dei presenti avrebbe preferito votare contro?
— Questo sarebbe stato imprudente da parte loro, nelle attuali circostanze.
— Allora gli uomini che si sono astenuti… hanno avuto il coraggio delle loro opinioni. — Cordelia li guardò con nuovo interesse.
— Oh, quelli possono farlo — commentò Vorpatril.
— Cosa vuol dire? Rappresentano l’opposizione, suppongo.
— Sì, ma loro sono l’opposizione ufficiale. Nessuno che stia complottando un vero colpo di stato lo lascerebbe sospettare appoggiando l’opposizione. Quelli da cui Aral deve guardarsi le spalle sono fra la folla che ha votato a suo favore.
— Quali? — Cordelia aggrottò le sopracciglia, preoccupata.
— Chi può dirlo? — Lord Vorpatril ebbe un gesto vago, poi le diede una risposta a cui forse neppure lui credeva: — Negri, magari.
Intorno a loro era rimasto un semicerchio di poltroncine vuote, Cordelia non avrebbe saputo dire se per motivi di sicurezza o per deferenza. Evidentemente per la seconda ragione, perché quando arrivarono due ritardatari, un uomo con la divisa verde e i gradi di capitano e un giovane in elegante abito civile, le domandarono scusa e sedettero nella fila davanti a loro. Cordelia si disse che sembravano fratelli, e ciò le fu confermato allorché il più giovane disse: — Ecco laggiù papà, l’ho visto: tre sedie dietro il vecchio Vortala. Qual è il nuovo Reggente?
— È quel tipo lustro e serioso in rosso e blu, quello che se ne sta tutto impettito a destra di Vortala.
Cordelia e Vorpatril si scambiarono un’occhiata dietro le loro schiene, e lei si portò un dito alle labbra. Vorpatril scrollò le spalle, con un sogghigno.
— Che si dice di lui, nel Servizio?
— Dipende a chi lo chiedi — disse il capitano. — Sardi giura che è un genio della strategia, e si divora i suoi bollettini. Pare che sia stato dappertutto. Ogni gavettone arruolato in questi ultimi venticinque anni prima o poi fa il suo nome a proposito di qualcosa dove c’era anche lui. Zio Rolf aveva molti video delle sue riunioni in Sala Operazioni. Per contro Niels, ad esempio, che era a Escobar, lo definisce il più freddo bastardo che abbia mai incontrato.
— Ho sentito dire che segretamente sarebbe un progressista.
— Non c’è niente di segreto in questo. Alcuni dei signori ufficiali Vor lo temono molto. Adesso lui e Vortala stanno cercando di portare papà dalla loro parte, su quel nuovo sistema di tassazione.
— Oh, diavolo.
— Mirano a risucchiare denaro dalle nuove colonie.
— Uh-hu. Questo dovrebbe interessarlo, già. I Vorkosigan sono così dannatamente poveri. Che sia Komarr a pagare. È per questo che lo abbiamo conquistato, no?
— Non esattamente, mio ignorante fratello. E i fringuelli di città amici tuoi… non hanno ancora incontrato in qualche salotto la sua fiamma betana?
— Uomini di mondo, prego — lo corresse il fratello. — Non li confondere coi tuoi corvacci del Servizio.
— Non c’è pericolo. No, sul serio… ci sono strane chiacchiere che circolano su di lei, su Vorkosigan e su quello che hanno fatto a Vorrutyer, a Escobar. E alcune dicono l’opposto di altre. Pensavo che mamma avesse sentito dire qualcosa di più, su di lei.
— Pare alquanto schiva, per una leonessa dello spazio che si mangia gli incrociatori da battaglia a colazione. Non ci tiene a farsi vedere in giro. Forse il suo aspetto lascia a desiderare.
— Allora fanno coppia. Neanche Vorkosigan è una gran bellezza.
Cordelia, divertita, nascose un sorriso dietro una mano, finché il capitano disse: — Non so chi sia quello spastico a tre gambe che si tira dietro. Uno scribacchino del suo staff, probabilmente.
— Potrebbe trovare di meglio che quel mutante. Come Reggente, Vorkosigan avrà a disposizione il fior fiore del Servizio.
Il sorriso le morì sulle labbra. Quei commenti buttati lì con tanta indifferenza l’avevano colpita come un pugno allo stomaco. Lord Vorpatril non sembrava averci fatto caso. Li aveva sentiti, ma la sua attenzione era concentrata sulla sala sottostante, dove stava per cominciare il giuramento. Droushnakovi, sorprendentemente, era arrossita, e distolse lo sguardo. Cordelia si piegò in avanti. In lei ribolliva un flusso di parole, ma ne scelse soltanto alcune e le pronunciò col suo più freddo tono di comandante di nave.
— Capitano, e lei, signore, chiunque siate. — I due uomini si voltarono, sorpresi da quell’interruzione. — Per vostra informazione, il gentiluomo in oggetto è il tenente Koudelka. E non c’è ufficiale migliore, al servizio di qualunque bandiera.
I due la fissarono irritati e perplessi, incapaci di replicare a una donna, nella loro cultura, coi modi duri che avrebbero usato con un uomo. — Credevo che la nostra fosse una conversazione privata, signora — disse aspramente il capitano.
— Non ne dubito — replicò lei altrettanto rigida, benché fremesse. — Per avervi ascoltato, sebbene fosse inevitabile, vi chiedo scusa. Ma per i vostri disdicevoli commenti sul segretario dell’ammiraglio Vorkosigan siete voi a dovervi scusare. Il suo ferimento è stato una sventura per l’uniforme che anche lei indossa e per il servizio imperiale che condividete. — Teneva la voce bassa, quasi in un sussurro, e stava tremando. Un’overdose di Barrayar. Cerca di controllarti meglio.
L’attenzione vagante di Vorpatril tornò su di lei, e l’uomo assunse un’espressione sbalordita. — Un momento, un momento — disse. — Cosa significa, ora…
Il capitano girò di più la testa. — Oh, Lord Vorpatril. Poco fa non l’avevo riconosciuto, signore. Mmh… — Agitò una mano verso la sua attaccante dai capelli rossi, come per dire: «È con voi questa signora? E in tal caso, perché non la tenete sotto controllo?» Poi aggiunse, gelido: — Noi non ci conosciamo, signora.