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Ripresero a girarsi intorno, si abbracciarono in un rapido ingaggio, si separarono, tornarono ad allacciarsi, e all’improvviso Bothari rotolò al tappeto con una spettacolare capriola, mentre Vorkosigan lo seguiva nel movimento torcendogli il braccio sinistro fin quasi a slogargli la spalla. Bothari compì un paio di tentativi di liberarsi, poi batté la mano al suolo. Stavolta fu lui a dover fare una pausa di mezzo minuto prima di rialzarsi.

— Stupefacente — commentò Droushnakovi, che si mangiava quello spettacolo con gli occhi. — In specie considerando la sua statura così inferiore.

— Piccolo ma cattivo, eh? — annuì Cordelia, affascinata. — Prendine nota.

Il terzo ingaggio fu breve. Un vortice di mosse e di colpi, quindi i due rotolarono al tappeto in una posizione che si concluse con una presa al braccio di Bothari ai danni dell’avversario. Vorkosigan, poco saggiamente, tentò di liberarsi con una contorsione, e l’altro, con faccia inespressiva, gli slogò il braccio all’altezza del gomito con un pop chiaramente udibile. Vorkosigan ringhiò di dolore e batté la mano sul ring. Koudelka dovette bloccare di nuovo un tentativo non richiesto di soccorso da parte delle guardie del corpo, che stavano imprecando furiosamente.

— Rimettimi l’osso a posto, sergente — grugnì Vorkosigan, disteso al suolo, e Bothari gli tenne fermo il braccio con un piede e gli diede un’accurata torsione.

— Devo ricordare — ansimò Vorkosigan, — di non farlo spesso.

— Se non altro non le ha rotto l’osso, stavolta — commentò Koudelka in tono incoraggiante, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi con l’assistenza di Bothari. Vorkosigan scese lentamente dal ring e andò a sedersi, con cautela, sull’erba davanti a Cordelia. Anche Bothari camminava con una certa difficoltà, palpeggiandosi le reni.

— Questo — disse Vorkosigan ancora col fiato mozzo, — è il modo in cui… ci allenavamo… a bordo della Generale Vorkraft.

— Tutti questi sacrifici — ribatté Cordelia, — e quante volte avrete messo in pratica la lotta a mani nude in una situazione di combattimento reale?

— Molto più spesso di quello che puoi credere. Ma quando ci è capitato di farlo, abbiamo vinto.

La riunione si sciolse e i partecipanti tornarono al loro lavoro quotidiano, fra un mormorio di commenti. Cordelia accompagnò Aral in casa, si prese cura del suo gomito e del taglio alla bocca, lo aiutò a fare la doccia e poi tirò fuori un cambio d’abiti, mentre lui si sdraiava bocconi sul letto per farsi massaggiare la schiena.

Durante il massaggio lei tornò all’argomento che quel mattino aveva cominciato a darle da pensare.

— Pensi che potresti dire qualcosa a Kou, sul modo in cui tratta Droushnakovi? Non è da lui comportarsi così. Quella ragazza si fa in quattro per riuscirgli simpatica, e lui non le offre neppure quel minimo di cortesia che usa coi suoi uomini. Drou è praticamente una collega, una compagna di lavoro, e… se non sto prendendo un abbaglio, è anche innamorata cotta di lui. Possibile che non se ne accorga?

— Cosa ti fa pensare che non se ne sia accorto? — domandò Aral.

— Il suo modo di fare, no? È una vergogna. E pensare che farebbero una bella coppia. Drou è attraente, non sembra anche a te?

— Bella faccia. Ma a me non piacciono le amazzoni combattenti… come tutti sanno. — Si girò a guardarla, con un sogghigno. — Non tutti apprezzano un corpo femminile così atletico, anche se ci sono possibilità interessanti. Ma vedo una strana luce nei tuoi occhi; un flusso di ormoni materni, suppongo.

— Devo slogarti anche l’altro braccio?

— Oggi no, grazie. Diavolo, avevo dimenticato quant’era doloroso allenarsi con Bothari. Ah… sì, in questo punto va bene. Anche un po’ più in basso…

— Domani avrai alcuni lividi molto interessanti.

— Starò alla larga dalle telecamere in agguato. Ma, prima che ti lasci troppo trasportare dai problemi sentimentali di Droushnakovi: hai riflettuto sulle ferite riportate da Kou?

— Ah. — Cordelia esitò, accigliandosi. — Pensavo che… le sue funzioni sessuali fossero ripristinate, come il resto del suo organismo.

— O altrettanto poveramente del resto. Quello è un tipo di chirurgia molto delicato.

Cordelia si morse le labbra. — Tu lo sai per certo?

— No. Non lo so. Posso solo dirti che questo argomento non è mai entrato nelle nostre conversazioni. Mai.

— Mmh. Vorrei sapere cosa significa. È un’omissione che non fa supporre niente di buono. Pensi che potresti chiedergli…

— Santo cielo, Cordelia! No, naturalmente. Che razza di domanda da fare a un uomo, soprattutto se la risposta fosse quella che temi. Io devo lavorare con lui, non dimenticarlo.

— Be’, io devo lavorare con Drou. Non mi serve a molto se sta lì a tormentarsi sul suo cuore infranto. Lui l’ha fatta piangere, più di una volta. Me ne sono accorta, quando credeva di non essere vista da nessuno.

— Sul serio? Stento a immaginarlo, parola mia.

— Non puoi aspettarti che io la aiuti a rassegnarsi. Sarebbe come dirle che non vale niente. Possibile che Kou la trovi sgradevole? O la sua è una forma di autodifesa?

— Buona domanda. Mmh… per quel che posso dirti, l’altro giorno il mio autista ha fatto una battuta su di lei, niente di offensivo… e Kou lo ha rimbeccato alquanto freddamente. Non credo che la trovi antipatica. Il fatto è che i suoi rapporti con chi è sano, e quindi anche con lei, sono stati alterati.

Cordelia abbandonò l’argomento su quell’annotazione un po’ ambigua. Desiderava aiutare l’uno e l’altra, ma non aveva risposte da offrire ai loro dilemmi. Personalmente non le era difficile immaginare soluzioni ai problemi dell’intimità sessuale originati dalle condizioni fisiche di Koudelka, ma offrire loro qualche suggerimento sarebbe stata un’indelicatezza inaccettabile. Intuiva che avrebbe soltanto offeso la loro sensibilità. La terapia sessuale era un concetto inesistente su Barrayar.

Da vera betana, aveva sempre creduto che due diversi comportamenti sessuali fossero un’impossibilità logica per la razza umana, anche in due culture diverse. Aggirandosi ora ai margini dell’alta società barrayarana al seguito di Vorkosigan cominciava finalmente a vedere come invece stessero le cose. Tutto sembrava nascere dal blocco del libero flusso delle informazioni a certe persone, preselezionate da un codice non-detto e tuttavia conosciuto da chiunque salvo lei. Uno non poteva parlare di sesso davanti alle donne non sposate o ai bambini. I giovani, sembrava, erano esenti da regole precise quando discutevano fra loro, ma non se una donna di qualsiasi età o rango era a portata d’orecchio. La regola subiva inoltre variazioni che dipendevano dallo stato sociale dei presenti. E le donne sposate, quando parlavano di sesso fra loro, rivelavano trasformazioni da lasciare a bocca aperta; su alcune cose si poteva scherzare ma non discutere seriamente, e certi aspetti della sessualità non potevano essere neppure accennati. A lei era capitato di mandare in stallo una conversazione oltre ogni speranza di recupero con quella che le sembrava un’osservazione perfettamente ovvia e lecita. E in questi casi Aral la prendeva da parte per spiegarle il suo errore…

Aveva cercato di buttar giù una lista delle Regole che pensava di aver individuato, ma erano così illogiche e contrastanti, in specie riguardo a cosa uno doveva fingere di non sapere di fronte a certe persone, che s’era sentita cadere le braccia. Una sera, a letto, aveva dato quella lista ad Aral, che nell’esaminarla era quasi soffocato dalle risa.

— È davvero così che ci vedi? Mi piace la tua Regola Sette. Dovrò tenerla a mente… vorrei averla conosciuta quand’ero ragazzo; avrei potuto evitare di sorbirmi tutti quei dannati video informativi del Servizio.

— Se la «terrai a mente» con qualcuna che non sia la tua legale consorte, quello che non eviterai di sorbirti sarà un pugno sul naso — l’aveva informato lei. — Queste sono le vostre regole, non le mie. Voi siete abituati a rispettarle inconsciamente. Io devo giocare al vostro gioco senza conoscerle.