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Cordelia si mordicchiò distrattamente il labbro inferiore. — Ah. Ma lei, personalmente… voglio dire, le piace? Diventare la Contessa Vordarian le sembrerebbe una buona soluzione per quando si ritirerà dagli obblighi di Principessa Madre, un giorno o l’altro?

— Oh! Non ora, di certo. Essere il patrigno dell’Imperatore darebbe troppo potere a un uomo, in contrapposizione a quello del Reggente. E una popolarità che sarebbe pericolosa, se non vi fosse fra loro un’alleanza o un preciso equilibrio. O se le due cariche non fossero riunite in una sola persona.

— Come diventare suocero dell’Imperatore?

— Sì, proprio così.

— Io ho delle difficoltà a capire questa… suddivisione di poteri non-ufficiale. Lei ha dei diritti di qualche genere sul trono? Cioè, diritti che potrebbe reclamare?

— Questo dovrebbero deciderlo i militari. — Kareen scrollò le spalle. La sua voce si abbassò. — È come una malattia contagiosa, no? Io sono troppo vicina, contagiata, infettata… Gregor è la mia sola speranza di sopravvivenza. E la mia prigione.

— Non vorrebbe una sua vita privata?

— No. Voglio soltanto vivere.

Cordelia si appoggiò allo schienale, turbata. — Anche Vordarian la pensa a questo modo? Intendo dire… il potere non è la sola cosa che lei ha da offrire. Ho l’impressione che lei sottovaluti le sue attrattive come donna.

— Oh, su Barrayar il potere viene prima di ogni altra cosa. — La sua espressione si fece lontana. — Le confesso che… una volta chiesi al capitano Negri alcune notizie riservate su Vidal. Mi fu detto che utilizza i suoi funzionari in modo esente da critiche.

Quelle affermazioni distaccate non corrispondevano certo all’idea che Cordelia aveva di una relazione amorosa. Tuttavia non era solo desiderio di potere ciò che lei aveva letto nello sguardo di Vordarian durante la piccola cerimonia nella saletta, l’avrebbe giurato. Che l’elezione di Aral alla Reggenza avesse costretto Vidal a rinunciare al suo rapporto con Kareen? Un motivo sessuale avrebbe spiegato l’animosità con cui s’era rivolto a lei…

Droushnakovi uscì di camera in punta di piedi. — Si è addormentato disse sottovoce. Kareen annuì, poi appoggiò la nuca sulla spalliera e restò in silenzio per un poco, finché nel corridoio esterno si udirono dei passi. La porta era aperta. Un uomo in livrea si fermò sulla soglia. — Milady? In sala da ballo aspettano che lei apra le danze con il Lord Reggente.

Una richiesta o un’imposizione? Il tono piatto del servitore la faceva sembrare qualcosa di più, come la voce del destino.

— L’ultimo dovere della serata — disse Kareen a Cordelia mentre si rimettevano le scarpe. A lei parve che in quella pausa rilassante i suoi piedi fossero cresciuti di due misure. Si alzò con una smorfia e uscì dietro Kareen, seguita da Droushnakovi.

La sala da ballo aveva una pavimentazione in listelli di legno, e in legno dalle diverse tonalità erano anche i pannelli a muro, su cui erano scolpiti animali e piante. Il solo pavimento, su Colonia Beta, sarebbe finito in un museo, e quella gente incredibile ci ballava sopra. Un’orchestra di veri suonatori — selezionata, seppe Cordelia, tramite un’accanita competizione fra le bande del Servizio Imperiale — eseguiva musiche composte su Barrayar. Anche i valzer erano simili alle marce militari. Aral e la Principessa si scambiarono un inchino e quindi lui la condusse in un paio di giri solitari attorno alla sala, eseguendo passi laterali in cui ciascuno sembrava specchiarsi nell’altro, alzando le mani e muovendo le ginocchia, senza mai toccarsi. Cordelia ne fu affascinata. Non aveva mai pensato che Aral sapesse ballare. Questo bastò come apertura ufficiale, e le altre coppie invasero tutto lo spazio disponibile. Al termine del primo ballo Aral tornò accanto a lei, con espressione euforica. — Posso avere l’onore, milady?

Dopo quella lunga cena Cordelia avrebbe preferito un pisolino. Si chiese da dove gli venisse quell’improvvisa energia. Dai suoi terrori inespressi, magari. Scosse il capo, sorridendo. — Mi spiace, signore, ma non conosco l’arte della danza.

— Una grave lacuna. Facciamo due passi, allora. — Aral la prese sottobraccio. — Posso insegnarti subito i primi elementi, se vuoi — disse, mentre uscivano sulla terrazza del giardino, piacevolmente fresca e appena illuminata da pochi lampioncini colorati disposti dove c’erano gradini o altri ostacoli per i piedi.

— Mmh — si schermì lei, dubbiosa. — Se trovi un posto dove non ci veda nessuno. — Ma se un posto simile c’era, lei riusciva a pensare a qualcosa di meglio che tentare passi di danza.

— Bene. Suppongo che dietro questa siepe… oh! Ssshhh! — Sul volto di lui s’allargò un sogghigno lupesco, mentre le stringeva il braccio. Si fermarono all’ingresso di uno spazio fra le piante, dove le chiome piumose di alberi indigeni di Barrayar chiudevano la vista anche dall’alto. La musica arrivava anche lì.

— Provaci, Kou — stava insistendo la voce di Droushnakovi. La ragazza bionda e il tenente erano sull’angolo della terrazza, subito dietro la curva. Con aria poco convinta Koudelka poggiò il bastone sulla balaustra di pietra e unì le mani a quelle di lei. I due presero a spostarsi a destra e a sinistra, mentre Drou contava i passi: — Uno e due, tre-quattro! Uno e due, trequattro…

Koudelka vacillò, e la ragazza lo strinse. Lui le passò un braccio attorno alla vita. — Dannazione, è troppo difficile, Drou. — Scosse il capo, frustrato.

— Sshh… — Lei si portò un dito alle labbra. — Prova ancora. Non puoi aspettarti di riuscirci subito. Dici di aver fatto un sacco di esercizi con le mani, per la tastiera dei computer. Quante volte hai provato inutilmente? Più di una, scommetto.

— Il vecchio mi ha costretto a non mollare.

— Be’, forse anch’io voglio costringerti a non mollare.

— Sono stanco — si lamentò Koudelka.

Su, stringila, baciala, maledizione, lo incitò silenziosamente Cordelia, soffocando una risatina. Questo potresti farlo anche seduto. Droushnakovi, tuttavia, era determinata, e i due ricominciarono a muoversi. — Uno e due, tre-quattro. Ora a sinistra… — Di nuovo lo sforzo di Koudelka degenerò in quello che per Cordelia sarebbe stato un buon inizio per un abbraccio, se solo l’una o l’altra delle due parti avesse avuto l’audacia di provarci. Ma evidentemente erano ancora lontani da quel passo.

Aral scosse la testa, e in silenzio retrocessero verso le aiuole. Ispirato dalla scenetta lui si volse a baciare il sorriso divertito di Cordelia. Ma la loro delicatezza fu inutile, perché un anonimo Lord Vor passò loro accanto e girò sull’angolo della terrazza, raggelò le fatiche di Koudelka e di Drou a metà di un passo e andò ad appoggiarsi alla balaustra con l’aria di cercare urgentemente qualcosa fra i cespugli poco più avanti. All’improvviso disse qualcosa, e dall’oscurità si levarono altre due voci, una maschile e una femminile. Koudelka agguantò il suo bastone, e con passi molto più scattanti di quelli che aveva esibito durante la prova di ballo si affrettò a condurre altrove la sua insegnante. Il Lord Vor scese i gradini verso le aiuole, mentre da dietro le piante una figura gli usciva incontro. Ci fu uno scambio di parole molto aspro, volarono insulti, uno dei due inciampò o forse fu spinto. Vorkosigan prese a braccetto Cordelia e la portò lontano da quelle parole inadatte agli orecchi di una signora.

Più tardi, sotto il portico occidentale, intanto che aspettavano le loro auto, Cordelia si trovò accanto a Koudelka. Il tenente si volse a gettare uno sguardo indietro, verso il salone, da cui giungevano ancora musica e chiacchiere d’immutata intensità.

— Piaciuta la festa, Kou? — s’informò lei.

— Come? Oh, sì. È fantastico essere qui. Quando mi arruolai nel Servizio non lo avrei neppure sognato. — Sbatté le palpebre. — E ci sono stati momenti in cui sognavo a malapena di restare vivo. — Poi aggiunse, notando un filo di malizia nel sorriso di Cordelia: — A volte vorrei che assieme a ogni donna fosse accluso un manuale d’istruzioni.