Ai piedi della scala un giovanotto alto, appoggiato a un bastone da passeggio, sollevò lo sguardo nel sentire l’eco dei loro passi. Il volto del tenente Koudelka era regolare e piacevole quanto quello di Bothari era rozzo, e alla vista di Cordelia si aprì in un sorriso. Neppure le sottili rughe di sofferenza intorno agli occhi e agli angoli della bocca invecchiavano i suoi lineamenti. Indossava l’uniforme imperiale verde, identica salvo i gradi a quella del capitano Illyan. I lunghi polsini e l’alto colletto della giacca celavano le sottili cicatrici rosse che s’intrecciavano su metà del suo corpo, ma Cordelia poteva vederle con gli occhi della mente. Nudo, Koudelka avrebbe potuto posare come modello vivente per una conferenza sulla struttura del sistema nervoso umano: ognuna di quelle linee rappresentava un nervo morto, espiantato e sostituito da una treccia di fili d’argento. Il tenente Koudelka non s’era ancora del tutto abituato al suo nuovo sistema nervoso. Diciamo la verità: i chirurghi, qui, sono macellai incapaci e ignoranti. Non era stato certo un lavoro all’altezza degli standard betani. Ma Cordelia non consentiva che un solo accenno di quei giudizi privati trapelasse sul suo volto.
Koudelka gratificò Bothari di un breve sogghigno e di un: — Salve, sergente — prima di accennare un mezzo inchino verso di lei. — Buon mattino, Lady Vorkosigan.
Il suo nuovo titolo continuava a suonarle strano, inadatto a lei. Gli restituì il sorriso. — Buongiorno, Kou. Dov’è Aral?
— L’ammiraglio è andato in biblioteca con il capitano Illyan, per decidere dove installare il nuovo impianto di terminali attrezzato contro le intercettazioni. Dovrebbero aver già finito di… ah! — Koudelka annuì nel sentire i passi che si avvicinavano. Cordelia seguì il suo sguardo verso un’arcata laterale. Elegante e snello, formale, Illyan era eclissato dalla splendida uniforme verde dell’uomo sui quarantacinque anni che camminava al suo fianco. La ragione per cui lei era lì, su Barrayar.
L’ammiraglio Lord Aral, Conte Vorkosigan, in ritiro. Ufficialmente in ritiro, almeno, fino al giorno prima, quando la loro vita era stata di nuovo stravolta dagli eventi. Atterreremo in piedi, in un modo o nell’altro, stanne certo. Bruno, con appena qualche filo grigio nei capelli e la mandibola segnata da una cicatrice a forma di L, Vorkosigan aveva un fisico muscoloso e potente. Si muoveva con energia compressa. I suoi occhi grigioverdi, attenti e indagatori, s’illuminarono quando vide Cordelia.
— Ti auguro una giornata serena, mia signora — disse, prendendole una mano fra le sue. La sua sintassi elaborata poteva suonare artificiosa, ma il sentimento nudo e crudo di quello sguardo vivace era sincero. Nello specchio dei tuoi occhi io mi vedo bella, pensò Cordelia con un senso di calore. Non c’è cristallo in questo mondo che mi rifletta così. D’ora in poi mi specchierò solo in te. Le sue mani erano asciutte e calde, di un calore gradito, un calore vivo, chiuse intorno alle sue fredde dita sensibili. Tua moglie. Questo le suonava giusto, autentico, rassicurante come lasciare la mano fra quelle di lui, e un po’ del peso di quel nuovo nome, Lady Cordelia Contessa Vorkosigan, le scivolò via dalle spalle.
Per un breve momento comprese quei tre uomini con un solo sguardo: Bothari, Koudelka e Vorkosigan, uno accanto all’altro. I feriti, uno, due e tre. Ed io, la Lady-ancella di ognuno. I sopravvissuti. Tutti loro avevano ricevuto ferite quasi mortali nell’ultima guerra, su Escobar: Kou nel corpo, Bothari nella mente, Vorkosigan nello spirito. La vita continua. Marcia o muori. Riusciremo a riprenderci del tutto, un giorno o l’altro? Poteva solo sperarlo.
— Mia cara capitana, sei pronta ad andare? — chiese Vorkosigan. La sua voce era baritonale, il suo accento barrayarano aveva un tono un po’ rauco.
— Pronta come più non potrei esserlo, suppongo.
Illyan e il tenente Koudelka fecero strada verso l’uscita. Koudelka aveva un’andatura sciolta a paragone di quella rigida di Illyan, e Cordelia sentì che i dubbi la facevano accigliare. Vorkosigan le offrì il braccio e uscirono insieme, lasciando la casa affidata a Bothari.
— Qual è il programma per i prossimi giorni? — domandò lei.
— Be’, per prima cosa questa udienza, naturalmente — rispose Vorkosigan. — Subito dopo dovrò incontrare numerose persone. Il Conte Vortala si occuperà della coreografia. Entro qualche giorno ci sarà il voto di consenso da parte dei Consigli Riuniti, e poi il mio giuramento. Non abbiamo un Reggente da centoventi anni, e Dio sa quale protocollo tireranno fuori per spolverarlo alla meglio.
Koudelka sedette nel compartimento anteriore della vettura insieme all’autista. Nel retro, il capitano Illyan prese posto sul divano di fronte a Vorkosigan e a Cordelia. Quest’auto è corazzata, si accorse lei, notando il rumore sordo e pesante con cui gli sportelli si abbassavano. Illyan rivolse un cenno del capo all’autista, al di là del vetro antiproiettile, e la vettura partì senza scosse. Dall’esterno non entrava alcun rumore.
— Consorte del Reggente. — Cordelia assaggiò il suono delle parole. — È questo il mio nuovo titolo?
— Sì, milady — disse Illyan. Buona parte della lingua barrayarana derivava da quella inglese, mescolatasi con altre durante i secoli dell’Era dell’Isolamento, e la terminologia nobiliare era rimasta quasi intatta. Quasi, perché un inglese si sarebbe rivolto a lei con l’appellativo di «Vostra Grazia», oppure col meno formale «Lady Cordelia». Ma lei non ne sapeva ancora abbastanza. Forse il «milady» di Illyan stava per un «mia signora» di cui neppure un’imperatrice si sarebbe lamentata.
— Avrò dei doveri ufficiali, insieme a questo titolo?
Illyan guardò Vorkosigan, che disse: — Mmh, sì e no. Ci sarà un sacco di cerimonie a cui partecipare… fare «atto di presenza», nel tuo caso. A cominciare col funerale dell’Imperatore, che sarà sgradevole per tutti, salvo forse che per l’Imperatore Ezar. Si svolgerà secondo le sue ultime volontà. Non so se abbia predisposto già tutti i particolari anche di questo, ma non lo escluderei. Ormai gli resta poco a cui pensare, e non vorrà venir meno alla sua reputazione di persona pratica.
«Buona parte dei tuoi doveri sociali potrai plasmarli come credi meglio. I discorsi e le occasioni ufficiali, le nozze, i battesimi e i funerali, le udienze ai deputati dei vari Distretti… si tratta di relazioni pubbliche. Il genere di cose che la Principessa Kareen sta facendo un po’ a intuito. — Vorkosigan esitò, prendendo nota del suo sguardo preoccupato, e subito aggiunse: — Oppure, se vuoi, sei libera di tenerti in disparte e fare vita privata. In questo momento nessuno potrebbe biasimarti se facessi questa scelta… — La mano con cui il marito le circondava la vita le accarezzò un lato dell’addome, ancora piatto. — In effetti, preferirei che tu non ti affaticassi con troppi impegni.
«Prima di tutto, comunque, dal punto di vista politico… gradirei che tu fungessi da mio collegamento con la Principessa Kareen ed il… piccolo futuro Imperatore. Fai amicizia con lei, se puoi. È una donna estremamente riservata. L’educazione del bambino è vitale. Non dobbiamo ripetere gli errori di Ezar Vorbarra.
— Posso provarci — sospirò lei. — Sembra che appartenere ai Vor di Barrayar non sia un lavoro di tutto riposo.
— Non abbatterti, via. Non mi piace vederti così depressa. D’altra parte la cosa ha anche un aspetto interessante.
— Perché faccio tanta fatica a vederlo? Vai avanti.
Lui rifletté un momento per scegliere le parole. — Quando l’ultimo erede al trono, il Principe Serg, definì il Conte Vortala un idiota progressista, non aveva annusato male nei suoi propositi. L’insulto era perfino logico. Il Conte Vortala cercava di mettere insieme un partito progressista coi membri della classe nobiliare. Con la gente che conta, come direbbe lui. Noti un’incongruenza in questo proposito?