Vorkosigan sedette accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio. — E questo è solo l’inizio. Ogni mese, ogni settimana, ci sarà qualcosa di impossibile da risolvere. Che ne resterà di me dopo quindici anni di questa vita? Un vecchio come quello che tre mesi fa col suo ultimo respiro pregava che non ci fosse un Dio a cui dover rispondere? O un mostro corrotto dal potere, come suo figlio, così infetto che solo un raggio al plasma poteva sterilizzarlo? O qualcosa di ancora peggiore?
L’agonia che Cordelia gli lesse sul volto la spaventò. Si strinse a lui con più forza. — Non lo so. Non lo so. Ma già altri… altri hanno usato la loro capacità decisionale, in passato, agendo come potevano e prendendo il mondo così com’è. Ed erano esseri umani anche loro, né migliori né peggiori di te.
— Non è un pensiero molto tranquillizzante.
Cordelia sospirò. — Non puoi scegliere fra un male e l’altro, a rigor di logica. Puoi solo aggrapparti a dei principi etici generici. Non ti aiuteranno a decidere caso per caso; ma, qualunque ne sia il valore, saranno quelli che porterai avanti da qui in poi. E per amore della tua gente dovranno essere quanto più solidi possibile.
Lui annuì lentamente. — Lo so. La mia non era una domanda, su quale decisione prendere. Stavo solo… recalcitrando un po’. Con te posso permettermi questa debolezza. — Si alzò in piedi. — Mia capitana, se fra quindici anni sarò ancora sano di mente potrò ringraziare solo te.
Cordelia domandò: — Allora quale sarà la decisione?
Vide la risposta nel dolore che gli offuscò lo sguardo. — Oh, no — mormorò involontariamente, e si morse le labbra per non dir altro. E io che cercavo di illuminarlo con la mia saggezza. Non è questo che intendevo.
— Davvero non l’hai capito? — disse dolcemente lui, rassegnato. — La strada aperta da Ezar è la sola che può funzionare, qui. È un fatto. Lui ci sta ancora governando, dalla tomba. — Si levò la camicia e andò nel bagno per darsi una rinfrescata e cambiarsi.
— Ma tu non sei lui — mormorò Cordelia alla porta chiusa. — Non puoi cercare una strada diversa, la tua strada?
CAPITOLO OTTAVO
Vorkosigan intervenne alla pubblica esecuzione di Carl Vorhalas tre settimane dopo.
— È proprio necessario che tu vada? — gli chiese Cordelia quel mattino mentre si vestiva, silenzioso e assente. — Io non sono tenuta a far atto di presenza, vero?
— Santo cielo, no, naturalmente. Neppure la mia partecipazione è richiesta dalla legge, solo che… devo andare. Tu capisci il perché, ne sono certo.
— Non… non esattamente, salvo che non sia una forma di auto-punizione. Non sono sicura che tu possa permetterti questo lusso, con lo stress che il tuo lavoro già comporta.
— Devo andare. Un cane va ad annusare ciò che ha vomitato, no? I suoi parenti saranno là. Anche suo fratello.
— Che usanza barbarica.
— Be’, potremmo curare il crimine come una malattia, alla maniera betana. Ma tu sai cosa significa. Se non altro noi uccidiamo un uomo in modo pulito, invece che un pezzo alla volta per anni e anni. Non so cosa dirti.
— In che modo lo… lo faranno?
— Decapitazione. Dicono che sia indolore.
— E come fanno a saperlo?
Lui ebbe una risata aspra. — Domanda imbarazzante, già.
Vorkosigan non la abbracciò prima di uscire. Rientrò due ore più tardi, senza una parola di commento; scosse il capo quando lei gli chiese di venire a tavola, cancellò i suoi appuntamenti di quel pomeriggio, si appartò nella biblioteca del Conte Piotr e sedette davanti al lettore in cui aveva infilato il disco di un libro, senza accenderlo. Dopo un po’ Cordelia lo raggiunse, andò a sedersi sul sofà e pazientemente aspettò che lui facesse ritorno dalla terra lontana in cui la sua mente stava vagando, qualunque fosse.
— Il ragazzo è stato coraggioso — disse lui dopo un’ora di silenzio. — Si capiva che aveva pensato prima a ognuno dei gesti che avrebbe fatto. Ma nessun altro ha seguito quel copione. Sua madre si è gettata contro la grata divisoria, mentre lo portavano sulla piattaforma, ferendosi le mani e la faccia… e come se non bastasse, quel maledetto boia ha sbagliato il colpo. Tre volte ha dovuto calare la lama, per staccargli la testa.
— Sembra che Bothari abbia fatto di meglio con un coltello da tasca — mormorò lei. Lo spettro di Vorrutyer era stato più vicino del solito, quella mattina.
— Non è mancato niente di ciò che rende tragiche e odiose queste scene. Sua madre mi ha maledetto. Evon e il Conte Vorhalas hanno dovuto portarla via di peso. — Il suo tono mortalmente inespressivo riprese vita quando si voltò a guardarla. — Oh, Cordelia! Non può essere stata una decisione giusta! Eppure… eppure… un’altra non era possibile. È così?
Vorkosigan venne a sedersi accanto a lei e la abbracciò, in silenzio. Sembrava sul punto di piangere, e questo la spaventò più che se l’avesse visto indifferente. Pian piano, comunque, la tensione lo abbandonò.
— Suppongo che farei meglio a salire e a cambiarmi. Vortala mi ha messo in programma un colloquio col Ministro dell’Agricoltura su una questione troppo urgente per rimandarla, e poi c’è una riunione dello staff… — Il pensiero del lavoro lo fece tornare al suo solito autocontrollo, finché con un sospiro controllò l’orologio e si alzò.
Quella notte restò sveglio a lungo accanto a lei. Teneva gli occhi chiusi, ma Cordelia capì dal suo respiro che stava fingendo. Non riuscì a trovare una parola di conforto che non apparisse vuota di significato anche a lei, così tacque a lungo, finché all’esterno cominciò a piovere, e fu quel ticchettio contro i vetri a fargli riaprire gli occhi, poco dopo.
— Ho visto morire molti uomini — disse, sottovoce. — Uomini fucilati per ammutinamento, uomini mandati allo sbaraglio, e io stesso ho scelto questo invece di quello, e quando ho dovuto farlo anch’io ho ucciso… non so perché stavolta mi sembra d’essere davanti a un muro. Mi ha come fermato. E io non posso osare fermarmi, Cordelia, o cadremo tutti quanti. Devo riuscire a superare questa cosa, in qualche modo.
Fu un rumore di vetri infranti a svegliarla, nel buio, e un sibilo soffocato la fece trasalire. Un vapore aspro le mozzò il fiato, riempiendole la bocca, il naso, gli occhi. Il puzzo nauseabondo fu così violento e insopportabile da farle salire lo stomaco in gola. Accanto a lei Vorkosigan si alzò a sedere di scatto e mandò un grido.
— Una granata a gas! Soltossina! Non respirare, Cordelia! — Le premette un cuscino sulla faccia, e nello stesso movimento le sue braccia forti la strapparono via da sotto le coltri, tirandola giù dal letto. Lei si ritrovò in piedi, piegata in due per i conati di vomito; venne trascinata fuori, e nel corridoio vacillò contro il muro, mentre la porta della camera da letto si chiudeva con un tonfo alle sue spalle.
Rumori di passi in corsa echeggiavano sui pavimenti e sulle scale. Vorkosigan riuscì a gridare: — Via da qui! Gas soltossina! Sgombrate questo piano! Chiamate Illyan! — Poi cadde in ginocchio, tossendo e sputacchiando raucamente. Numerose mani li sollevarono di peso e li trasportarono in fretta verso le scale. Accecata dalle lacrime Cordelia non vedeva quasi niente.
Fra uno spasimo e l’altro Vorkosigan ansimò: — Hanno l’antidoto… alla Residenza Imperiale… è più vicina dell’ospedale. Ditelo subito a Illyan. Lui sa come fare. Nella doccia, ora… dov’è la cameriera di milady? Chiamate una cameriera…
Pochi momenti dopo fu spinta in una doccia, al piano di sotto, insieme al marito. Vorkosigan era a malapena in grado di stare in piedi, ma cercò di aiutarla. — Lavati più che puoi. Sfrega la pelle con forza, dappertutto. Non smettere. Non aprire l’acqua calda; continua a lavarti con quella fredda.