— Signore — disse Koudelka a Vorkosigan, in tono urgente, — la console delle comunicazioni è stata sabotata. — Il capoguardia della Sicurezza Imperiale confermò le sue parole con un cenno. — Stavo giusto per venire a informarla, quando… — Koudelka guardò il corpo di Negri steso sull’erba e deglutì saliva. Chini su di lui, due uomini della Sicurezza stavano cercando di effettuare un intervento d’emergenza: massaggio cardiaco, ossigeno, e stimolanti iniettati con un ipospray. Ma il corpo di Negri non rispondeva ai loro sforzi; il volto era esangue e flaccido. Cordelia aveva già visto dei morti e non aveva dubbi. Inutile. Quest’uomo non potrete richiamarlo indietro. Non stavolta. Ciò che voleva far sapere a Ezar è andato a dirglielo di persona. L’ultimo rapporto di Negri…
— Che genere di sabotaggio? — chiese Vorkosigan. — Immediato? O predisposto con un timer?
— Sembra risalire a poche ore fa — disse il capoguardia. — Non c’è segno di timer o esplosivi. Qualcuno ha aperto il pannello e ha fracassato l’interno.
Gli occhi di tutti si spostarono sull’uomo della Sicurezza che era di turno fuori dalla stanza degli impianti elettronici. Stava in piedi fra altri due che lo tenevano per le braccia, vestito di una tuta nera da fatica come loro. Il capoguardia l’aveva fatto portare fuori subito dopo l’atterraggio del velivolo. Era pallido quasi come Negri, e i suoi occhi spaventati si spostavano qua e là.
Vorkosigan ebbe un cenno del capo verso di lui. — Ha ammesso qualcosa?
— Nega tutto — rispose il capoguardia. — Naturalmente.
Vorkosigan si avvicinò al prigioniero. — Chi è entrato in quella stanza dopo di me?
L’uomo si guardò attorno nervosamente. Poi alzò una mano verso Droushnakovi, che si stava avviando verso la strada con Gregor in braccio. — Lei.
— Non è vero! — esclamò la ragazza indignata, stringendo a sé il bambino con più forza.
Vorkosigan fece una smorfia. — Non c’è bisogno del penta-rapido per vedere che uno dei due sta mentendo. Ora non ho tempo. Capoguardia, li arresti entrambi. Indagheremo più tardi. — Si voltò per scrutare l’orizzonte a nord, ansiosamente. — Tu — disse a un altro uomo della Sicurezza, — porta qui ogni mezzo di trasporto disponibile. Dobbiamo evacuare immediatamente. Tu — rivolgendosi a un armiere di Piotr, — vai ad avvertire la gente del paese. Kou, preleva tutte le registrazioni, usa un fucile a plasma per distruggere i computer e gli impianti elettronici, e quando hai finito raggiungimi fuori.
Con un ultimo sguardo angosciato a Droushnakovi, Koudelka zoppicò verso l’edificio. La ragazza bionda si teneva rigidamente eretta, spaurita e irritata. Non notò quasi l’allontanarsi di Koudelka; i suoi occhi erano fissi su Vorkosigan.
— Pensi di andare innanzitutto ad Hassadar? — domandò Piotr al figlio, in tono stranamente mite.
— Proprio così.
Hassadar era il capoluogo del Distretto dei Vorkosigan; Cordelia sapeva che là erano acquartierate truppe imperiali. Una guarnigione fedele?
— Non intendi difendere la città, spero — disse Piotr.
— No, naturalmente. — Negli occhi di Vorkosigan lampeggiava una luce dura, ferina. — Hassadar sarà il mio primo regalo al commodoro Vordarian.
Piotr annuì, come soddisfatto. Cordelia si sentiva girare la testa. Nonostante la sorpresa, nonostante le terribili notizie portate da Negri, né Aral né Piotr mostravano un filo di panico. Niente spreco di emozioni, nessuna parola inutile.
— Tu prendi il bambino — disse Aral al padre, sottovoce. Il vecchio annuì. — Ci incontreremo di nuovo a… no. Non dirmi dove. Mettiti tu in contatto.
— Giusto.
— Porta Cordelia con te.
Piotr aprì la bocca, la richiuse, poi disse soltanto: — Ah.
— E il sergente Bothari. Per Cordelia, visto che Drou è… per il momento fuori servizio.
— Mi servirà anche Esterhazy, allora — disse il Conte.
Aral annuì. — Ma voglio il resto dei tuoi uomini.
— Giusto. — Piotr condusse da parte il suo armiere, Esterhazy, e gli parlò sottovoce. Esterhazy si allontanò di corsa verso il pendio, sul retro della tenuta. Gli ordini cominciarono a fioccare e gli uomini si sparsero in ogni direzione. Piotr chiamò un altro dei suoi armieri in uniforme marrone e gli disse di prendere la vettura più grande e di partire subito verso est.
— Fino a che distanza, mio Lord?
— A tuo giudizio. Dovrai farti avvistare. Poi fuggi, se puoi, e raggiungi il Lord Reggente. Che Dio ti aiuti.
L’uomo annuì e corse via nella direzione in cui era scomparso Esterhazy.
— Sergente, tu ubbidirai alla voce di Lady Vorkosigan come se fosse la mia — disse Aral a Bothari.
— Sempre, mio Lord.
— Voglio questo aereo — disse Piotr, indicando il velivolo con cui era giunto Negri. Non fumava più, ma Cordelia vide che era troppo danneggiato per reggere in volo. Comunque, non sembrava in grado di sfuggire all’inseguimento di una semplice auto antigravità. — E il corpo di Negri — aggiunse il Conte.
— Sì. Lui lo apprezzerebbe — disse Aral.
— Ne sono certo. — Piotr annuì seccamente e si avvicinò ai due ancora chini sul cadavere. — Lasciate stare, ragazzi. È inutile. — Poi li diresse mentre caricavano il cadavere nella carlinga.
Infine Aral si rivolse a Cordelia. — Mia cara capitana… — La sua espressione era la stessa, immutata, da quando Negri era caduto fuori dal velivolo.
— Aral, io sono la sola a esser stata colta di sorpresa da tutto questo. È così?
— Sei ancora convalescente. Non volevo che ti preoccupassi. — Lui strinse le labbra. — Abbiamo scoperto che Vordarian stava imbastendo una cospirazione al Quartier Generale e altrove. Illyan lo teneva d’occhio da tempo; non so come, tuttavia aveva intuito qualcosa. Ma per accusare di tradimento un uomo così influente ci servivano prove inoppugnabili. Il Consiglio dei Conti è intollerante per quanto riguarda l’interferenza imperiale nelle attività private dei suoi membri. Non potevamo portare solo voci e sospetti davanti a loro.
«Poi, ieri sera, Negri mi ha chiamato. Aveva finalmente qualcosa di concreto, che ci avrebbe consentito di fare i nostri passi. Per arrestare il Conte di un Distretto occorreva un mio ordine ufficiale, come Reggente. Stasera avrei dovuto recarmi a Vorbarr Sultana per sovrintendere all’operazione. Evidentemente Vordarian è stato avvertito. Il suo piano originale non avrebbe dovuto scattare prima di un mese, preferibilmente dopo la mia morte.
— Ma…
— Vai, ora. — La spinse verso il piccolo aereo. — È questione di minuti prima che le truppe di Vordarian arrivino qui. Tu dovrai essere già lontana. Poco importa cos’ha in mano finora; non potrà ritenersi al sicuro finché Gregor sarà libero.
— Aral… — La voce di lei era stupidamente acuta. Deglutì quello che le parve un gelido groppo di veleno. Avrebbe voluto fare mille domande, dire mille cose. — Abbi cura di te.
— Anche tu. — Aral andò a prendere Gregor dalle braccia di Drou e le mormorò qualcosa sottovoce. Un po’ riluttante lei gli consegnò il bambino. Il gruppetto si strinse nella carlinga, con Bothari ai comandi, Piotr alla sua destra, e Cordelia sul retro con Gregor sulle ginocchia e il corpo di Negri legato alla meglio sullo stesso sedile. Il bambino non aveva aperto bocca, però tremava; i suoi occhi sbarrati dallo spavento si alzarono in quelli di lei. Cordelia lo strinse a sé automaticamente. Lui non rispose all’abbraccio, ma le appoggiò la testa sul petto. Negli occhi morti di Negri, ancora aperti, sembrava esserci uno strano sguardo assente, tranquillo, e per un attimo Cordelia quasi lo invidiò.
— Gregor — chiese al bambino, — hai visto la tua mamma? Sta bene? Dov’è?
— I soldati l’hanno presa — rispose lui con voce appena udibile.