Bothari nascose il distruttore neuronico nella blusa, sotto un’ascella. Cordelia s’infilò lo storditore nella cintura della gonna, poi prese il sergente a braccetto e s’incamminò con lui. Svoltarono l’angolo con andatura tranquilla.
Quella era un’idiozia monumentale, decise Cordelia, con la testa poggiata su una spalla di Bothari e sforzandosi di restare al passo con lui. Per un’azione di quel genere avrebbero dovuto studiare il luogo con qualche ora di anticipo. Anzi, avrebbero dovuto contattare Padma e Alys fin dal mattino. Però… da quanto tempo Padma era pedinato? Possibile che la rete si stesse chiudendo intorno a lui già da qualche giorno? Se avessero avvicinato i due fuggiaschi, forse sarebbero caduti anche loro nella stessa trappola. Basta coi se e coi forse. È il momento di agire.
— Forse non ci hanno ancora notati. Qui c’è una porta — mormorò Bothari, rallentando il passo davanti a un androne. Un momento dopo la spinse nell’ombra e si schiacciò contro il muro accanto a lei. Erano abbastanza vicini per assistere da un posto di prima fila alla scena dell’arresto e sentire le voci. Uno sportello si aprì, e uno degli autisti uscì sul marciapiede; l’uomo parlò in una radio da polso con qualcun altro, e dall’interno dell’edificio provenne un rumore di passi. Ci fu un gemito, e ad esso seguì un tonfo.
Erano arrivati proprio sul più bello. Senza uscire dall’ombra Cordelia si sporse, e vide che una delle guardie di Vordarian aveva spinto un uomo contro una delle vetture, tenendolo per il collo. Benché il prigioniero indossasse solo un paio di mutande lunghe e una camicia slacciata, lei riconobbe subito Padma Vorpatril. Aveva una guancia sporca di sangue e un labbro gonfio, ma non opponeva resistenza; sulla sua faccia c’era il vago sorriso idiota di chi è ancora sotto l’azione del penta-rapido. Tentò di voltarsi, ma la guardia lo colpì con un pugno e lui mugolò, debolmente.
A far voltare Padma era stato il gemito di una donna, quella che altri due uomini con la divisa nera della Sicurezza stavano portando in strada. I due autisti e la guardia si girarono verso i colleghi. Cordelia a Bothari sbirciarono con cautela, cercando di muoversi il meno possibile.
Alys Vorpatril indossava solo una camicia da notte; aveva i piedi nudi infilati in due ciabatte; ciocche di capelli neri le ricadevano sul volto mortalmente pallido, e nei suoi occhi sbarrati c’era una disperazione che rasentava la follia. In quell’abbigliamento la sua gravidanza era più che mai evidente. Il caporale che l’aveva spinta fuori la teneva per le braccia, e quando fu sul marciapiede le restò alle spalle, aderendo a lei lascivamente con la parte anteriore del corpo. La donna parve non accorgersene.
L’uomo uscito con lui, un colonnello, aveva in mano uno schermo tascabile su cui si scorgevano due fotografie. Le guardò ancora, gettò un’occhiata all’addome di Lady Vorpatril, poi lo spense. — Bene. Abbiamo il Lord e abbiamo il suo erede — disse nella radio da polso. — Erano soli, nell’appartamento. Qui abbiamo finito.
L’altro ufficiale, un tenente, lasciò il collo di Padma Vorpatril. — E adesso cosa diavolo facciamo, colonnello? Vuole portarli fuori città? Non potevamo finire il lavoro qui, di sopra? — chiese, con aria scontenta. La sua espressione cambiò quando fu davanti a Lady Vorpatriclass="underline" con un sorrisetto le sollevò la camicia da notte fin sotto le ascelle ed esaminò il suo addome nudo. La giovane donna era ingrossata molto dall’ultima volta che Cordelia l’aveva vista, un mese prima. I suoi seni erano turgidi e opulenti, gonfi di latte, e la pelle intorno all’ombelico sembrava tesa come quella di un tamburo. Il tenente le tastò l’addome bianco con la punta di un dito, incuriosito. Lei tacque, col volto rigato di lacrime, tremando di paura e di rabbia per la libertà che l’uomo si prendeva con lei. — I nostri ordini sono di uccidere il Lord e l’erede. Di lei non si parla. Allora che si fa, ci sediamo in terra e aspettiamo che lo partorisca? O vuole aprirla con un coltello e tirarlo fuori?
Il colonnello non gli rispose. Si grattò il mento. L’altro ufficiale lasciò andare la camicia da notte della donna e suggerì: — Forse è meglio portarla al Quartier Generale e lasciare che se la sbrighino loro.
La guardia che teneva Lady Vorpatril sogghignò, continuando a premere il ventre contro le natiche di lei. — Mica dobbiamo portarcela subito, no? Voglio dire, non c’è fretta. E questa è carne Vor. Una possibilità che non capita tutti i giorni.
Il colonnello ebbe una smorfia fra disgustata e sarcastica. — Tu sei un pervertito, caporale.
Cordelia si rese conto, sbalordita, che per Bothari la scena non aveva più soltanto un aspetto tattico. Nei suoi occhi c’era una luce strana, fra inorridita e morbosamente affascinata, e gli si era accelerato il respiro. Dai veicoli erano usciti anche il secondo autista e altre due guardie, che assistevano in silenzio.
Ad un tratto il colonnello si slacciò la fondina e impugnò il distruttore neuronico. — No — disse, raggiungendo all’improvviso una decisione che lasciò esterrefatta Cordelia. — No, la finiremo qui, in fretta e pietosamente. Fatti da parte, caporale.
Strana pietà…
La guardia colpì con un calcio i ginocchi di Alys, da dietro, per farle piegare le gambe, e la gettò brutalmente al suolo. Lei protese le braccia, ma non poté salvare il suo addome da un duro colpo sul marciapiede bagnato. Padma Vorpatril, intontito dal penta-rapido, mandò un gemito e si mosse verso di lei. Il colonnello lo ricacciò indietro con una gomitata, puntò il distruttore neuronico sulla donna ed esitò, come incerto se mirare alla testa o all’addome.
— Spara per uccidere! - sibilò Cordelia a Bothari. Balzò fuori dal loro nascondiglio, puntando lo storditore a due mani, e premette il grilletto.
Bothari l’aveva oltrepassata con un balzo da tigre, e il raggio azzurro del suo distruttore neuronico colpì il colonnello ancor prima del raggio sparato da lei. Poi fu una macchia scura che si muoveva nel buio, correndo verso il riparo della più vicina delle due auto. Sparò ancora più volte, crepitanti scintille bluastre che elettrificarono l’aria, e due guardie caddero. Le altre si gettarono dietro i veicoli e risposero al fuoco.
Distesa sul marciapiede Alys Vorpatril sollevò le ginocchia, per proteggersi l’addome con le braccia e con le gambe. Suo marito Padma vacillò storditamente verso di lei e si lasciò cadere carponi, come per abbracciarla o coprirla col suo stesso corpo. In quel momento il tenente, rotolando via da dietro una ruota della vettura in cerca di un riparo migliore, si fermò e alzò il distruttore neuronico, mirando alla testa del Lord.
Quel momento di pausa gli fu fatale, ma purtroppo non gli impedì di sparare. Il distruttore neuronico di Droushnakovi lo investì in pieno con una scarica nello stesso istante in cui anche Cordelia lo colpiva con lo storditore. Dalla pistola dell’uomo era però già scaturito un abbagliante lampo d’energia, dritto verso la nuca di Padma Vorpatril. I capelli dello sventurato arsero in una sola vampa; il suo corpo s’inarcò con una violenta convulsione, e quando cadde di lato ebbe alcuni lunghi fremiti come se soffrisse ancora, ma era già morto. Alys Vorpatril mandò un grido, un verso breve e rauco che le si spezzò in gola. Si alzò sulle mani e sulle ginocchia, e per qualche momento parve congelata fra l’impulso di trascinarsi verso il corpo del marito o fuggire via.
Droushnakovi aveva scelto bene la sua posizione. L’ultima guardia e uno degli autisti riuscirono a ripararsi dai colpi di Bothari, ma non dai suoi. L’altro autista s’era invece gettato dentro una delle vetture; riuscì a metterla in moto e partì a velocità folle. Non andò lontano: in fondo alla strada la pistola a plasma di Koudelka centrò il parabrezza prima che il superstite completasse la curva. Il veicolo sbandò all’esterno, passò dritto fra due furgoncini posteggiati al marciapiede, evitandoli con precisione miracolosa, e si schiantò contro la facciata di un edificio. Dall’abitacolo si levarono lingue di fiamma.