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Ecco qui. La nostra intera strategia era basata sulla possibilità di agire in silenzio e senza farci vedere, no? Pensò Cordelia, correndo avanti. Lei e Droushnakovi arrivarono insieme accanto ad Alys Vorpatril; la afferrarono sotto le ascelle e la tirarono in piedi.

— Andiamocene da qui — grugnì Bothari, girando intorno all’altro veicolo. Scavalcò il cadavere di una guardia e si chinò sul corpo di Padma Vorpatril, per spegnere le fiammelle che si levavano dai resti della sua camicia. Cordelia gli fu grata di quel gesto inutile.

— Santo cielo — mormorò Koudelka, che arrivava zoppicando con le borse in mano. Guardò la scena. — Ah, pover’uomo. Vordarian dovrà pagare anche per questo.

La strada era ancora deserta. Non per molto, sospettava Cordelia. Bothari indicò una traversa buia. — Da quella parte. Andiamo.

— Non ci converrebbe prendere quest’auto? — domandò Cordelia.

— No. La rintraccerebbero. E non serve, dove stiamo andando.

Lei non era affatto certa che Alys Vorpatril, sconvolta e tremante, potesse sopportare lo sforzo di tener loro dietro, ma si mise la pistola nella cintura e le passò un braccio intorno alla vita. Drou la sostenne dall’altra parte, sollevandola quasi di peso quando scesero dal marciapiede per seguire il sergente dall’altra parte della strada. Koudelka le sorpassò; adesso erano loro le più lente del gruppo.

Alys stava piangendo, ma non in modo isterico. Si voltò una sola volta a gettare uno sguardo verso il corpo del marito, poi concentrò tutte le sue energie nelle gambe con cupa determinazione. Camminare così svelta era troppo per lei, e doveva afferrarsi l’addome con le mani per non farlo sobbalzare a ogni passo. — Cordelia! — ansimò. Una protesta? Un saluto? Una supplica? Ma non aveva abbastanza fiato, né per lamentarsi né per fare domande.

Erano appena a quattro o cinque isolati di distanza quando Cordelia sentì delle sirene nella zona da cui stavano fuggendo. Ma Bothari si limitò a gettare un’occhiata indietro, senza scomporsi. Svoltarono in un altro vicolo e lei si rese conto che stavano attraversando un quartiere dove l’illuminazione stradale non funzionava, oppure non esisteva affatto. La strada era visibile solo per i riflessi nelle pozzanghere, e la nebbia si stava infittendo.

All’improvviso Alys inciampò, e lei fu sul punto di lasciarla cadere al suolo. Per una trentina di secondi dovettero lasciarla riposare, ansante, piegata in due dal dolore.

Mentre la aiutava a raddrizzarsi Cordelia s’accorse che l’amica aveva l’addome molto duro; la sua camicia da notte era bagnata di un liquido maleodorante. — Santo cielo, hai le doglie? — chiese. Ma la risposta era già fin troppo chiara.

— Sono in travaglio da ieri — mormorò Alys. Sembrava incapace di tenersi eretta. — Credo che mi si siano rotte le acque, poco fa, quando quel bastardo mi ha buttato in terra. A meno che non sia sangue… ma dovrei essere già morta, se fosse tutto sangue… mi fa male, adesso. — Strinse i denti e raddrizzò le spalle, con uno sforzo.

— Quanto le manca? — esclamò Koudelka, allarmato.

— Che ne so? Non sono mica un ostetrico! Le sue supposizioni valgono le mie, Kou! — sbottò Lady Vorpatril. Una fiammella di rabbia, per scacciare la paura e il dolore. Non scaldava molto in quell’umidità.

— Non le manca molto, credo — disse la voce di Bothari, nel buio. — Bisogna fermarci in qualche posto. Muoviamoci.

Lady Vorpatril non poteva correre, ma col loro sostegno riuscì a muovere le gambe in fretta, anche se Cordelia e Droushnakovi dovevano lasciarla fermare ogni due minuti. Poi le doglie si fecero più frequenti, una al minuto.

— Inutile, non arriveremo in tempo — borbottò Bothari, senza spiegare dove avrebbe voluto arrivare. — Aspettate qui. — Scomparve di lato… in un vicolo? Lì sembrava che ci fossero soltanto dei vicoli, freddi e puzzolenti, troppo stretti per il passaggio delle auto. Fino a quel momento avevano incrociato due soli pedoni, che s’erano dovuti accostare al muro per lasciarli proseguire.

— Non può cercare di… trattenerlo? — domandò Koudelka, vedendo che Lady Vorpatril si piegava in due a un’altra fitta. — Dovremmo cercare un medico… o qualcos’altro.

— È per cercare un medico che quello sciocco di Padma si è fatto prendere — mugolò Alys. — Gli avevo detto di non uscire… oh, Dio! — Dopo un momento aggiunse, in un tono discorsivo che sorprese Cordelia: — La prossima volta che ti capiterà di vomitare, caro Kou, prova a tener chiusa la bocca e poi vedremo quanto resisti. È proprio la stessa cosa che stai chiedendo a me. — Si raddrizzò di nuovo, scossa da un tremito violento.

— Non ha bisogno di un medico. Quello che le serve è un posto dove sdraiarsi — disse Bothari dall’oscurità. — Da questa parte.

L’uomo li guidò a una larga porta di legno incorniciata fra solidi montanti di cemento nudo. A giudicare dalla scheggia che Cordelia sentì con un fianco, mentre entravano, Bothari non doveva aveva bussato delicatamente per aprirla. Una volta dentro, appena la porta fu chiusa, Droushnakovi osò tirare fuori una torcia elettrica da una borsa e la accese. Il locale che si videro attorno era completamente vuoto, polveroso. Due porte spalancate, sul fondo, davano in altri locali più interni, silenziosi e disabitati. — Dovremo accontentarci — disse Bothari.

Cordelia si chiese cosa diavolo avrebbero dovuto fare. Lei sapeva tutto sui trasferimenti di placenta, e ora anche sui tagli cesarei, ma in quanto al parto naturale non poteva offrire che consigli teorici. Alys Vorpatril era informata su quello che una donna si aspetta che le accada in una clinica attrezzata. Koudelka e Drou non erano neppure a quello stadio. — Qualcuno di voi ha mai assistito a un parto in condizioni d’emergenza? — domandò.

— Non guardare me. Io sarò un’esperta solo fra un paio d’ore — disse Alys, che malgrado la sofferenza non veniva meno al suo spirito pungente.

Cordelia la guardò negli occhi. — Non sei sola — le garantì con fermezza. Esibire fiducia poteva aiutarla a rilassarsi, almeno. — Ci prenderemo cura di te.

Bothari disse, con una certa riluttanza: — Mia madre faceva la levatrice, fra le altre cose. Qualche volta io andavo con lei e so come si fa. Non è difficile.

Cordelia sbatté le palpebre. Era la prima volta che lui parlava del suo passato; riusciva difficile credere che fosse stato un bambino e avesse avuto una mamma.

Bothari sospirò, rendendosi conto dal modo in cui lo guardavano che questo bastava a metterlo al comando. — Dammi la tua giacca, Kou.

Koudelka si tolse la giacca, mentre Bothari faceva lo stesso, e i due indumenti furono stesi al suolo. Alys venne aiutata a sdraiarsi su di essi. In quella posizione il suo volto riprese un po’ di colore; ma quasi subito le si fermò il respiro e mandò un grido, allorché i muscoli addominali si contrassero ancora.

— Lei si metta qui accanto a me, milady — disse Bothari a Cordelia. Per fare cosa? si domandò lei. Ma lo comprese quando l’uomo sollevò, con mani esitanti, la camicia da notte della partoriente. Mi vuole come meccanismo di controllo. Ma lo scontro a fuoco sembrava aver cancellato del tutto la strana e orribile espressione morbosa che gli era apparsa sul volto, là in quella strada. Per fortuna Alys Vorpatril era troppo assorbita in se stessa per notare che il suo tentativo di mostrare un freddo distacco clinico era piuttosto fallimentare.

— La testa del bambino non si vede ancora — riferì Bothari. — Però manca poco.

Un’altra doglia, un’altra occhiata nella zona, e aggiunse: — Dovrebbe fare in modo di non gridare, Lady Vorpatril. Quelli ci stanno cercando. Capisce?