Dopo un po’ disse, sottovoce: — Sa, adesso capisco perché Drou era così preoccupata all’idea di essere incinta.
— Che vuoi dire? — domandò Cordelia.
— I guai di Lady Vorpatril fanno sembrare i miei… cose dappoco. Santo cielo, quel bambino l’ha fatta soffrire.
— Mmh. È una sofferenza che dura mezza giornata. Un paio di settimane, nel suo caso. Ma non credo che lei la veda così.
— E come, allora?
— È qualcosa che… trascende il dolore. Fabbricare una vita. Io ci pensavo, quando ero gravida di Miles. «Con questo atto, io porto una morte al mondo.» Una nascita, e quindi una morte, e tutte le gioie e i dolori fra la prima e la seconda. Certi antichi simboli del misticismo orientale, come quello della Dea Kali, della Madre-Morte, mi sembravano idioti finché non ho capito che non erano mistici ma crudamente reali. Un «incidente sessuale», come lo chiamereste voi barrayarani, innesca una catena di cause ed effetti che va avanti fino alla fine del tempo. I nostri figli ci cambiano, che vivano o no. Anche se vostro «figlio» stavolta era soltanto chimerico, Drou è stata toccata da quel cambiamento. Tu no?
Lui scosse il capo, perplesso. — Non ci ho mai pensato. Io volevo solo essere normale. Come gli altri uomini.
— Credo che i tuoi istinti siano giusti. Però gli istinti non bastano. Non sarebbe meglio se i tuoi istinti e il tuo raziocinio lavorassero insieme, una volta tanto, invece di battersi per ottenere due risultati diversi?
Lui scrollò le spalle. — Non lo so. Non so come… arrivare a lei, ormai. Le ho chiesto scusa, ma… — Fra voi le cose vanno peggio che mai, no?
— Già.
— Sai cosa mi assilla di più, da quando abbiamo lasciato Base Tanery? — disse Cordelia.
— Cosa?
— Ho dovuto partire senza dire una parola ad Aral. Se mi succedesse qualcosa… o succedesse a lui… ciò che ho fatto resterebbe in sospeso per sempre. Non avrei più la possibilità di rimediare.
— Mmh. — Koudelka incrociò le braccia, annuendo.
Cordelia meditò per qualche secondo. — Cos’hai cercato di fare, a parte chiederle scusa? Hai provato a dire: «Come ti senti?» «Cosa pensi?» «Stai soffrendo?» o magari «Cosa provi per me?» Tutte frasi che finiscono con un punto interrogativo, ora che ci penso. Questo però stimola l’inizio di una conversazione, a volte. Lo sai?
Lui sorrise tristemente. — Non credo che lei voglia parlare con me, e specialmente di questo.
— Supponiamo… — Cordelia si girò a guardare fuori, nel corridoio, ma come se cercasse con gli occhi della mente un altro posto. — Supponiamo che le cose non avessero preso una svolta imprevista, quella famosa notte. Supponiamo che quell’idiota di Evon Vorhalas non avesse interrotto il vostro momento d’amore con un attentato. — Ecco un pensiero tragico. Quel «supponiamo-che-non» era un’ipotesi troppo dolorosa per lei, ma non era soltanto come esempio discorsivo che lo stava usando. — Immagina che nulla vi avesse interrotti. Sareste rimasti lì, a coccolarvi beatamente. — Aral usava spesso quella parola, «coccolarsi». Ma lei non voleva soffrire pensando ad Aral, adesso. — Vi sareste separati con affetto, e il mattino dopo, svegliandovi dopo una notte d’amore… Che si fa in questi casi, su Barrayar?
— Un paraninfo.
— Un cosa?
— I genitori della ragazza, o quelli del giovanotto, assumono un uomo di una certa età. Un intermediario. E attraverso il paraninfo si accordano su… sulle nozze, sulla dote, su tutto.
— E il giovanotto? Tu cos’avresti fatto?
— Avrei deciso la data, presumo, e pagato tutte le spese. Anche se poi in effetti sono i genitori a sborsare i quattrini.
Non c’era da meravigliarsi che un uomo si ritrovasse con dei pensieri. — Tu avresti voluto sposarla? Non andare a letto con lei e basta?
— Sicuro! Ma, milady… io sono soltanto un mezzo uomo, e nelle giornate buone. La sua famiglia si metterebbe a ridere, se mi vedesse.
— Hai mai incontrato i suoi familiari? Li conosci?
— No.
— Kou, stai ascoltando le parole che ti escono di bocca?
Lui agitò le mani, imbarazzato. — Be’…
— Un paraninfo, eh? — Cordelia si alzò e andò alla porta.
— Dove sta andando? — chiese nervosamente Kou.
— A paraninfare — disse con fermezza lei. Percorse il corridoio fino alla stanza di Lady Vorpatril e mise dentro la testa. La donna s’era addormentata. Droushnakovi era seduta accanto al letto e la guardava in silenzio. Il vassoio coi panini e le birre era sul comodino, ancora intoccato.
Cordelia scivolò dentro e chiuse la porta. — I veri soldati — disse, — non trascurano di mangiare o di dormire. Non sanno mai quando gli capiterà la prossima occasione.
— Non ho fame. — Anche Drou aveva un’aria poco allegra, come se avesse ingannato il tempo tastando le pareti di una trappola.
— Ti va di parlare?
La ragazza ebbe un sorrisetto amaro. Si alzò e andò a sedersi su una sedia, in un angolo della stanza. Cordelia prese posto sulla poltrona.
— Sa, milady, questa è stata la prima volta che ho combattuto. Per uccidere, voglio dire.
— Ti sei dimostrata all’altezza. Hai trovato un buon posto da cui sparare e sei entrata in azione al momento…
— No. — Drou scosse una mano. — No, non sono stata all’altezza.
— Dici? A me è parso di sì.
— Ho corso intorno a quella casa. C’erano due della Sicurezza alla porta sul retro, e li ho colpiti con lo storditore. Non mi hanno neppure vista. Poi mi sono appostata dietro l’angolo. Ho visto quegli uomini che tormentavano Lady Vorpatril. La offendevano, la toccavano in modo laido… mi sono sentita bruciare di rabbia. Ho impugnato il distruttore neuronico, allora. Volevo ucciderli. Poi è cominciato lo scontro a fuoco e… e io ho esitato. E Lord Vorpatril ha pagato con la vita la mia esitazione. Per colpa mia…
— Ehi, ehi, ragazza! Quel bastardo che ha sparato a Padma Vorpatril non era il solo che avrebbe potuto farlo. L’avevano imbottito di penta-rapido, e non cercava neanche di mettersi al coperto. Devono avergliene dato una dose doppia per fargli dire dov’era nascosta Alys. Avrebbe potuto essere colpito da uno degli altri, o anche gettarsi da solo in mezzo al fuoco.
— Il sergente Bothari non ha esitato — disse Droushnakovi con voce piatta.
— E con questo?
— Il sergente Bothari non spreca momenti preziosi a… chiedersi se deve sparare a un uomo. A un nemico, voglio dire.
— Lui non si chiede niente. E tu?
— Io mi sento male per averlo fatto.
— Hai ucciso due perfetti sconosciuti, e ti aspetti di sentirti allegra e soddisfatta?
— Bothari era soddisfatto.
— Sì. Bothari prova soddisfazione in questo. Ma lui non è, neppure secondo gli standard barrayarani, un uomo sano di mente. Tu aspiri ad essere un mostro?
— È così che lei lo vede?
— Oh, ma lui è il mio mostro. Il mio cane da guardia. — Non le riusciva facile spiegare Bothari, neanche a se stessa. Si chiese se Droushnakovi conoscesse l’origine etnologica terrestre del termine «capro espiatorio», l’animale che veniva sacrificato annualmente perché portasse via con sé i peccati dell’intera comunità. Bothari portava anche quel fardello per lei; Cordelia sapeva ciò che l’uomo aveva fatto al suo posto. Era meno sicura di aver fatto veramente qualcosa per lui, anche se Bothari sembrava certo di aver ricevuto molto in cambio. — Io, comunque, sono felice che tu non ti senta allegra. Due maniaci omicidi al mio servizio sarebbero troppi. Tienti cara questa tua debolezza, Drou.