Lui parve stordito. — Sì, è così. Lo ammetto.
Drou sbatté le palpebre. — Ma… ma questo è proprio ciò che volevo che tu mi dicessi!
— Davvero? — Lui si piegò in avanti per poterla guardare.
Il sistema del sensale di matrimoni ottiene dei risultati reali. Ma aveva anche i suoi limiti. Cordelia si alzò, abbandonando la posizione d’intermediaria, e guardò l’orologio. Il suo umore si raffreddò di colpo. — Avete poco tempo. Potete dire molto e molto più in fretta se lasciate che a parlare siano gli occhi. Io vado a far compagnia a Lady Vorpatril.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Nei vicoli del caravanserraglio le ombre che precedevano l’alba non erano così tenebrose come sulle montagne. La debole illuminazione della città si rifletteva nella foschia del cielo notturno, e in quel lucore le facce dei suoi compagni sembravano sfocate come antichi dagherrotipi. Cordelia cercò di non pensare come le facce dei morti.
Lady Vorpatril aveva mangiato e fatto qualche ora di sonno; non si reggeva troppo bene sulle gambe ma era in grado di camminare. La tenutaria del postribolo le aveva trovato un modesto abito grigio sorprendentemente sobrio, lungo fino alle caviglie, e calzettoni di lana contro il freddo. Koudelka indossava un vecchio paio di braghe, scarpe scalcagnate e una giacca da lavoro che gli andava corta di maniche. L’aria ansiosa con cui teneva in braccio il piccolo Ivan, avvolto in panni da neonato frusti ma decenti, completava l’immagine di una famigliola di umili origini che cercava di tornare in campagna dai genitori della moglie per sfuggire ai disordini e alla fame della città in guerra. Cordelia aveva visto centinaia di sfollati come loro che s’allontanavano con mezzi di fortuna da Vorbarr Sultana.
Koudelka ispezionò il gruppetto, e l’unica cosa che trovò fuori posto fu il bastone-spada che aveva in mano. Il legno lucido e le belle finiture in acciaio non ne facevano un oggetto da proletari. Ebbe un sospiro. — Drou, puoi nasconderlo da qualche parte? Non si intona ai vestiti che ho addosso, e mi servirebbe a poco anche come arma, col bambino in braccio.
Droushnakovi annuì, avvolse il bastone in una camicia e lo infilò fra i manici di una borsa. Cordelia ripensò all’ultima volta che lo aveva adoperato, e si guardò attorno. — C’è il caso che qualcuno ci prenda di mira, a quest’ora? Anche se non sembriamo dei ricconi, voglio dire.
— C’è gente che ci ammazzerebbe per i nostri stracci — borbottò Bothari. — D’inverno tutto fa comodo. Ma non stanotte. Le truppe di Vordarian hanno rastrellato il quartiere in cerca di «volontari» per scavare quei rifugi antiaerei nei parchi della città.
— Non l’avrei creduto capace di usare come schiavi dei liberi cittadini — mormorò Cordelia.
— È un’idiozia rovinare i parchi — disse Koudelka. — Quei rifugi non potranno ospitare che poche centinaia di persone. Ma fanno sentire la gente minacciata dal «Pericolo Vorkosigan».
Cordelia non ne era stupita. Nella biblioteca del Conte Piotr c’erano ben sei edizioni in lingue diverse di Machiavelli, tutte molto consultate. Abbracciò Alys Vorpatril, che stringendola a sé mormorò: — Dio ti aiuti, Cordelia. E faccia sprofondare all’inferno Vidal Vordarian.
— Andate cauti. Ci vediamo alla Base Tanery, d’accordo? — disse lei. A Koudelka diede una pacca su una spalla. — Sfrutta ogni occasione per confondere la pista. Anche se credi che nessuno vi segua.
— Cerche… ce la faremo, milady — disse Koudelka. Rivolse a Droushnakovi il saluto militare, un gesto in cui non c’era alcuna ironia, anzi un po’ d’invidia. Lei gli restituì un cenno del capo. Nessuno di loro prolungò quel momento con parole inutili, e i due gruppetti si allontanarono in direzioni diverse. Drou gettò qualche sguardo dietro di sé finché Koudelka e Lady Vorpatril ebbero svoltato un angolo, poi accelerò il passo.
Il cielo era ancora del tutto buio quando uscirono dalla zona priva d’energia elettrica in una strada illuminata, dove cominciavano a vedersi passanti che anche in quel mattino d’inverno s’affrettavano verso i loro affari quotidiani. Alle cantonate non pochi mostravano attimi di esitazione prima di svoltare l’angolo, come se fossero pronti a tirare diritto al minimo odore di qualcosa di sospetto, e in quell’incertezza che accomunava molti Cordelia si sentì più sicura. S’irrigidì quando una vettura da superficie della polizia municipale li oltrepassò lentamente, ma non accadde nulla.
A una quindicina di isolati dalla Residenza Imperiale, di fronte alla sede della Camera di Commercio, si fermarono e prima di avvicinarsi all’edificio controllarono che il portone fosse aperto. Era un palazzone a molti piani che ospitava anche gli uffici di una compagnia telefonica, costruito dopo il boom economico che aveva accompagnato l’ascesa al potere di Ezar, trent’anni prima, e restava aperto anche di notte. Attraversarono l’atrio senza vedere nessuno, entrarono in un ascensore antigravità e premettero il pulsante di discesa.
Quando furono nel vasto parcheggio sotterraneo, Drou si fece cauta; a volte gli accattoni entravano a dormire fra i veicoli. — Qui sì che sembriamo fuori posto. — Bothari restò di guardia mentre lei estraeva dal pavimento il coperchio di una botola col simbolo dell’acquedotto municipale. Scesa la scaletta la ragazza li guidò lungo un tunnel alto tre metri, svoltando in un paio di diramazioni. Le luci erano accese, e Cordelia capì che quel passaggio doveva essere usato di frequente; tese gli orecchi, ma udì solo l’eco dei loro passi.
Più avanti trovarono un altro coperchio circolare. Droushnakovi lo sollevò con lo stesso gancio. — Lasciatevi penzolare in basso e saltate giù. È alto appena due metri. Forse sul fondo ci sarà dell’acqua.
Cordelia entrò nella botola e si lasciò cadere nell’oscurità, atterrando con un violento splaash! Accese la torcia elettrica e vide che si trovava in un cunicolo di cemento. L’acqua, nera e untuosa, le arrivava ai ginocchi. Ed era gelida. Si scostò in fretta per far posto a Bothari. In piedi sulle spalle dell’uomo Drou rimise a posto il coperchio, poi saltò accanto a lei con un altro splaash! che la riempì di schizzi. — Questa fognatura va avanti per mezzo chilometro, adesso. Seguitemi — disse la ragazza. Annaspando nell’acqua dietro di lei Cordelia cercò di convincersi che fosse soltanto acqua. Scorreva in fretta, ma non era ancora l’alba. Possibile che tanta gente sopra di lei stesse già usando il gabinetto?
Dopo mezzo chilometro si arrampicarono in un orifizio tondo situato in alto, che li condusse in un cunicolo ancora più stretto, di mattoni anneriti. Era asciutto, ma così basso che furono costretti a procedere camminando a quattro zampe. Cordelia sentì che Bothari imprecava, dietro di lei; le sue spalle ci passavano a stento. Drou rallentò l’andatura e cominciò a battere sul soffitto con il pomo del bastone di Koudelka. Quando sentì un suono cavo si fermò. — Qui. C’è una leva che abbassa il coperchio. Lasciatemi spazio. — Sfoderò la spada e spinse la lama in una fessura fra i mattoni. Il pesante coperchio, incernierato, piombò giù di colpo sfiorandole la faccia. Con un grugnito la ragazza rinfoderò la spada. — Di sopra — disse, inerpicandosi fuori.
Il passaggio in cui Cordelia la seguì era un budello ancora più esiguo e corroso dal tempo, in leggera salita. Andarono avanti strisciando nelle pareti umide e sporcandosi di incrostazioni grigie che dalla consistenza sembravano calcare, oppure muffa, oppure quello a cui tutti stavano cercando di non pensare. Ad un tratto Drou si alzò in piedi, scavalcò un mucchio di mattoni rotti e passò in un oscuro sotterraneo piuttosto largo, col soffitto sostenuto da grossi pilastri.