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Se qui è già scattato un allarme, è la fine, completò il pensiero Cordelia, in una vertigine d’incredulità. Niente finestre, una sola porta, e la loro via d’uscita ormai irraggiungibile. La trappola di Vordarian aveva funzionato.

— Non ci arrenderemo, milady. — Droushnakovi impugnò lo storditore. — Se dobbiamo morire, combatteremo fino alla morte.

— Sciocchezze — sbottò Cordelia. — Qui non c’è niente da prendere in cambio della nostra vita, se non la vita di qualche galoppino di Vordarian. Non vale la pena.

— Vuol dire che dobbiamo lasciarci catturare?

— Il suicidio gratuito è uno spreco. Io non rinuncio. Aspetteremo l’occasione di ottenere qualcosa; se ci facciamo sparare, non capiterà facilmente. — Se però su quel tavolo ci fosse stato il simulatore di Miles… sì, rifletté Cordelia, lei sarebbe stata abbastanza egoista da tentare una sortita e rischiare la vita dei due compagni per quella di suo figlio. Ma non era abbastanza pazza da rischiarla in cambio di niente. Non era ancora diventata così barrayarana.

— Lei si sta consegnando come ostaggio nelle mani di Vordarian — la avvertì Bothari.

— Quel bastardo mi tiene in ostaggio fin dal giorno in cui ha preso Miles — disse amaramente lei. — Questo non cambia niente.

Pochi secondi di concitata contrattazione gridata attraverso la porta fu quanto bastò a completare la loro resa, anche se le guardie all’esterno erano sovreccitate fino alla paranoia in quell’ala della Residenza. I tre buttarono fuori le loro pistole. Gli uomini della Sicurezza infilarono uno scanner da una fessura per assicurarsi che non ci fossero armi cariche. Poi quattro di loro balzarono dentro pronti a far fuoco, mentre altri due li spalleggiavano fuori dalla soglia. Cordelia tenne le mani alzate e si lasciò perquisire. La guardia che s’era ringhiosamente insospettita al gonfiore della sua tasca ebbe una smorfia perplessa quando vide che si trattava di una scarpa da bambino. La gettò sul tavolo accanto al vassoio.

Il caposquadra, un uomo con la livrea bruna e dorata di Vordarian, parlò nel comunicatore da polso. — Sì… sì, qui è tutto sotto controllo. Riferiscilo al Lord… No, ha detto che vuol essere svegliato. Poi glielo spieghi tu perché hai preferito non farlo?… Va bene.

Le guardie non li fecero uscire in corridoio; aspettarono lì, tenendoli sotto la minaccia delle armi. L’uomo che Bothari aveva messo fuori combattimento fu portato via. I tre prigionieri erano stati fatti voltare, con le mani poggiate contro il muro e le gambe allargate. In piedi fra Bothari e Droushnakovi Cordelia si sentiva stordita dalla disperazione, ma cercò di dirsi che Kareen avrebbe pur dovuto venire a parlare con lei, anche se in una cella. Tutto ciò in cui sperava era mezzo minuto con Kareen, il tempo di dirle almeno due parole. Se riuscirò a vedere Kareen tu sei un uomo morto, Vordarian. E poi potrai camminare e parlare e dare ordini anche per delle settimane, ma io avrò già segnato il tuo destino, come tu hai segnato quello di mio figlio.

Il motivo per cui erano stati tenuti lì apparve sulla porta un quarto d’ora dopo: Vordarian in persona, coi pantaloni verdi dell’uniforme e in pantofole, a torso nudo. L’uomo entrò seguito dalla Principessa Kareen, avvolta in una pesante veste da camera di velluto rosso. Cordelia si sentì balzare il cuore in gola nel vederla. Adesso?

— Così, la mia piccola trappola ha funzionato, eh? — si compiacque Vordarian, mettendosi le mani sui fianchi. Ma quando Cordelia si girò a fronteggiarlo gli sfuggì un grugnito di stupore. Con un gesto fermò la guardia che s’era fatta avanti per rimetterla a posto, e i suoi baffi si torsero in un sogghigno lupesco. — Perdio! Questa sì che è una sorpresa. Bene, molto bene. — Dietro di lui Kareen fissò Cordelia come se non riuscisse a credere ai suoi occhi.

Anche la MIA trappola sta funzionando, pensò lei, tremando per l’opportunità che le si presentava. Guardami…

— Ecco, mio Lord, purtroppo… — disse il caposquadra in livrea. Si schiarì la voce. — Sembra che il sistema di sorveglianza abbia delle falle. Questi tre non sono stati individuati al perimetro esterno della Residenza. Erano già qui quando… cioè, non avrebbe dovuto succedere. Mi spiace. Se non fossi salito per dare il cambio a Gruber, non ci saremmo accorti di loro.

Vordarian scrollò le spalle, troppo soddisfatto dalla cattura di una preda così preziosa per preoccuparsi d’altro. — Fai una dose di penta-rapido alla cagnetta di Negri — disse, indicando Droushnakovi, — e sapremo come ci sono riusciti. — Lei ci stava di casa in queste stanze.

Droushnakovi non lo sentì neppure; stava guardando Kareen, con sguardo cupo e accusatore. La Principessa si strinse inconsciamente il colletto intorno al collo, con espressione altrettanto aggrondata e piena di domande inespresse.

— Bene. — Vordarian ridacchiò e scosse il capo. — Non credo ai miei occhi. Se il povero Lord Vorkosigan è rimasto così a corto di truppe da dover mandare la moglie in missione suicida, non possiamo proprio perdere. Eh? — Guardò i suoi uomini, che gli restituirono il sorriso annuendo.

Dannazione. A vrei dovuto sparargli nel sonno. - Cosa ne ha fatto di mio figlio, Vordarian?

Lui inarcò un sopracciglio. — Una squinzia straniera non farà mai un passo verso il potere, su Barrayar, mostrando ai Vor un figlio mutante. Come potevi illuderti del contrario, stupida betana?

— La ringrazio del complimento, ma io non cerco il potere. Ciò che voglio è solo che gli idioti non abbiano potere su di me.

Alle spalle di Vordarian, la Principessa ebbe una smorfia triste a quelle parole. Sì, ascoltami, Kareen.

— Dov’è mio figlio, Vordarian? — ripeté testardamente Cordelia.

— Lui è l’Imperatore Vidal, ora — la corresse Kareen. Poi si spostò al suo fianco e lo guardò. — Se riesce a mantenere il trono.

— Oh, lo manterrò — le assicurò lui in tono di sufficienza. — Aral Vorkosigan non ha diritti di sangue superiori ai miei. E io saprò proteggere ciò che il partito di Vorkosigan ha dimenticato. Io sarò lo scudo della vera tradizione di Barrayar.

— Mio marito non ha cercato di entrare nelle scarpe dell’Imperatore — disse Cordelia, guardando in faccia Kareen, e spostò gli occhi sul tavolo. Quelli di lei seguirono il movimento. Per un istante la Principessa parve paralizzata alla vista della piccola scarpa, poi balzò avanti e la afferrò quasi con ferocia, rigirandola fra le mani. Era pallidissima. Cordelia si sentiva fremere come un corridore arrivato insperatamente al traguardo con l’ultima stilla d’energia, incalzato da una torma di avversari irruenti. La certezza si accese dentro di lei e subito fiammeggiò con violenza. Ora sei finito, Vordarian! L’improvviso gesto di Kareen aveva fatto sussultare le guardie. La donna stava esaminando la scarpa con appassionata intensità, dentro e fuori. Vordarian le gettò appena uno sguardo perplesso, poi si rivolse al suo capoguardia in livrea.

— Terremo questi tre prigionieri qui alla Residenza. Io assisterò personalmente al loro interrogatorio col penta-rapido. Sono certo che Vorkosigan ha confidato a sua moglie molti interessanti…

Sul volto di Kareen, quando si girò di scatto verso Cordelia, c’era una speranza terribile e una domanda.

, pensò lei. Sì, sei stata tradita. Ti hanno mentito. Tuo figlio vive, e tu devi tornare ad agire, a pensare, ad amare, e smetterla di andare in giro come un corpo senz’anima, al di là del dolore. Non è un regalo quello che ti ho portato. È una maledizione.

— Milady — disse Cordelia sottovoce. — Lei sa dov’è mio figlio?

— Il simulatore uterino è nell’armadio di quercia, nella camera da letto dell’Imperatore Ezar — rispose Kareen, guardandola negli occhi. — Lady Vorkosigan, dov’è il mio?