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Koudelka fece il suo ingresso per primo, senza appoggiarsi troppo al nuovo lucido fodero del bastone-spada e affiancato dal sergente Bothari. Quest’ultimo indossava la versione di lusso della livrea del Conte Piotr e gli mormorava suggestivi commenti di rito che andavano da: «Non montarti la testa; questa gente è qui solo perché oggi non ha di meglio da fare» a: «Stanno pensando che sei un campagnolo vestito a festa. Dio, quanto sei ridicolo» a: «Non capisco come quella ragazza abbia il coraggio di sposare uno come te. Ma ti sei visto allo specchio?» Cordelia si disse che Bothari doveva avergli sussurrato anche qualcosa di molto pungente, perché Koudelka stentava a tenere il sorriso incollato alla faccia.

Le teste dei presenti si girarono. Oh, cielo! Alys aveva davvero l’occhio clinico per valorizzare l’aspetto di una donna. Drou veleggiò nel salone con la leggiadra grazia di un’indossatrice: seta dai riflessi d’avorio, capelli d’oro, occhi azzurri, fiori rossi, e più snella e flessuosa di quanto fosse mai stata. Alys Vorpatril, in grigio-argento, la lasciò al limite del circolo col gesto di una dea della caccia che lasciasse involare il falco, e la ragazza parve spiegare le ali verso il giovane tenente che, con gli occhi solo per lei, protendeva romanticamente una mano in sua attesa.

Drou e Koudelka recitarono il giuramento nuziale senza incespicare sulle parole, e mascherarono bene il lieve imbarazzo che ebbero nel pronunciare i loro nomi di battesimo, Clement e Ludmilla. Secondo l’uso dei militari erano abituati a usare solo il cognome anche con gli amici.

«I miei fratelli mi chiamano Milla» aveva confidato la ragazza a Koudelka e a Cordelia il giorno prima, durante le prove. «Fa rima con un sacco di parole stupide che loro dicono per prendermi in giro.»

«Per me sarai sempre Drou», le aveva promesso lui. «A patto che tu mi chiami Kou. L’altro è un nome sciocco.» Poteva scordarselo, s’era detta Cordelia. Durante i litigi domestici, quel «Clement» sarebbe tornato a galla come un sughero.

Nelle sue vesti di più autorevole dei presenti, Aral ruppe quindi il circolo facendo un passo avanti. Guidò i due sposi nel salone accanto, l’orchestra cominciò a suonare. I camerieri affrontarono la carica degli invitati uscendo dal riparo dei tavoli, armati di vassoi caricati a tartine e calici di vino. Le danze presero inizio subito.

Il buffet era di classe, la musica vivace, e le bevande scorrevano secondo la migliore tradizione di Barrayar. Dopo il primo bicchiere del vino che Aral aveva fatto venire dalla cantina di suo padre Piotr, Cordelia si accostò a Koudelka e gli mormorò qualcosa sugli studi betani circa i deleteri effetti dell’etanolo sulle attività amatorie, dopodiché il giovanotto passò all’acqua minerale.

— Donna crudele — ridacchiò Aral, che aveva sentito.

— Per qualcuno la festa non finisce in questa sala — disse lei.

— Anche per qualcun altro, mia cara. Stanne certa.

La sposa presentò Cordelia ai Droushnakovi, e i quattro militari la guardarono con un rispetto che le fece quasi digrignare i denti. La sua mandibola si rilassò quando uno dei tre fratelli rimatori fu messo a tacere dal padre, dopo un’allitterazione spiritosa su «Milla» e le armi portatili. — Tappati la bocca, Jos — disse l’anziano sergente. — Tu non hai mai usato un distruttore neuronico in uno scontro a fuoco. — Drou sbatté le palpebre, poi sorrise, e quando il padre la prese fieramente a braccetto i suoi occhi brillavano.

Cordelia si appartò un momento a parlare con Bothari, che non vedeva da quando Aral aveva lasciato la casa di città del Conte Piotr.

— Come sta Elena? E la signora Hysopy, si è ripresa da tutto quello che ha dovuto passare?

— Stanno bene, milady, — disse Bothari, e riuscì a fare una specie di sorriso. — Ho visto la bambina cinque giorni fa, quando il Conte è tornato a Vorkosigan Surleau per i suoi cavalli. Elena, uh, cresce. Tutte le volte che la prendo in braccio sembra un po’ più pesante. Ma comincia a sgambettare dappertutto… — Si accigliò. — Spero che Carla Hysopi la sorvegli bene.

— Se ha saputo curarsi di lei durante il rapimento e la detenzione, poche altre cose la metterebbero in difficoltà. È stata coraggiosa. Dovrebbero metterla in lista per una delle medaglie che stanno assegnando a tutti quanti.

Bothari parve stupito. — Oh, quelle cose non significano niente per lei.

— Mmh. Le hai detto che deve telefonarmi appena ha bisogno di qualcosa, vero? In qualsiasi momento.

— Sì, milady. Ma per adesso va tutto bene. — Raddrizzò le spalle, fiero della sua autosufficienza. — In inverno, giù a Vorkosigan Surleau c’è una gran quiete. Si respira aria buona. È un posto sano per i bambini. — Non come quello in cui sono cresciuto io, sembrò a Cordelia di sentirgli aggiungere. — Voglio dire, Elena deve avere tutto quello che le serve per crescere bene. Anche un padre.

— E tu? Come va?

— Bene, dicono i dottori. Mmh. Almeno, la nuova medicina che mi danno non mi riempie la testa di nebbia. E di notte dormo. A parte questo, non so che razza di terapia mi stiano facendo. Chiacchiere e poi ancora chiacchiere.

Un effetto probabilmente c’era. Bothari sembrava più calmo, quasi del tutto libero da quei momenti in cui aveva una luce sinistra nello sguardo. Anche se era sempre il primo ad adocchiare il buffet e a chiedere: «C’è l’ordine di bere tutta quella roba?»

Gregor, in pigiama, stava scivolando dietro i tavoli coperti di specialità culinarie, con l’evidente intenzione di restare invisibile almeno per il tempo di arraffare e ingoiare un certo numero paste alla crema. Fu Cordelia ad accorgersi di lui, prima che fosse catturato dalle forze della Sicurezza partite alla sua ricerca. L’ansimante cameriera e la terrorizzata guardia del corpo che si supponeva dovessero sostituire Drou erano già sulla soglia del salone, e si guardavano attorno con ansia disperata. Pochi istanti dopo i due furono raggiunti da Simon Illyan, teso e allarmato. Il Capo della Sicurezza parlò in una radio da polso, e Cordelia, girando dietro i tavoli, capì che ovviamente temeva il peggio. Gregor avvistò la truppa di adulti sovreccitati che gli davano la caccia e si nascose subito dietro la sua larga gonna bianca e blu. Ma quando lei si mosse verso la porta fu costretto a seguirla.

Drou, che aveva visto Illyan usare il comunicatore, si fece pallida e attraversò la sala di corsa. — Cos’è successo?

— Scappato? Come ha fatto a scappare? — stava chiedendo Illyan alla cameriera. Lei balbettò qualcosa di inudibile tipo: «Credevo che dormisse… Ho chiuso gli occhi appena un momento…»

— Non è scappato, - buttò lì seccamente Cordelia. — È casa sua. Dovrebbe essere libero di muoversi almeno entro queste mura. Se no, perché diavolo tenete tutte quelle guardie armate all’esterno? — Si volse a mezzo, con gran delusione del bambino lo espose agli sguardi dei suoi inseguitori. Ci furono esclamazioni e sospiri di sollievo. Gregor si guardò attorno disperatamente, in cerca di un’autorità superiore a quella di Illyan.

— Droushie, posso restare anch’io alla tua festa? — supplicò.

Droushnakovi guardò Illyan, che aveva l’aria di soppesare tutti i motivi, e solo quelli, per cui la cosa era sconsigliabile. Prima che li enumerasse, Cordelia ruppe gli indugi: — Sì, caro. Certo che puoi.