D’un tratto Ritter, che stava tastando le braccia del neonato, mandò un’imprecazione; spostò sul tavolo lo schermo a ultrasuoni e lo accese. Miles vagì pietosamente. Nel guardare lo schermo Aral strinse i pugni. Cordelia si sentì fermare il cuore. — Mio Dio! — esclamò il chirurgo. — L’omero destro si è appena fratturato. Aveva visto giusto, Vaagen: le sue ossa sono anormalmente fragili.
— Almeno ha le ossa — mormorò Vaagen. — C’è stato un momento in cui anche questo era in dubbio.
— Fate attenzione nel toccarlo — disse Ritter. — Specialmente alla testa e alla colonna vertebrale. Se anche le altre sono deboli come le ossa lunghe, dovremo proteggerle con dei rinforzi esterni.
Piotr fece dietro front e si avviò alla porta. Aral lo guardò, le labbra strette in una linea dura, si scusò e uscì anch’egli. Cordelia fremeva, ma appena i medici le garantirono che non c’erano altre fratture e ogni precauzione per evitarle sarebbe stata presa immediatamente, lasciò Miles alle loro cure e seguì Aral.
Piotr era in corridoio e stava camminando avanti e indietro. Aral lo fissava in silenzio, a braccia conserte. Bothari si teneva in disparte.
Il vecchio Conte si girò per tornare indietro e la vide. — Tu! Tu mi hai raccontato delle favole. Sono questi i grandi progressi di cui parlavi? Ghaa!
— Sì, ci sono stati forti progressi. Miles è molto più sano di quanto si poteva sperare. Nessuno ci ha promesso la perfezione.
— Mi hai mentito. Vaagen ha mentito.
— No, non è così — negò Cordelia. — Ho cercato più volte di darle un’idea precisa del trattamento messo in atto da Vaagen. Ciò che ha ottenuto è quello che i suoi rapporti prevedevano. Non finga di non ricordare le mie parole.
— Io vedo quel che stai cercando di fare, ma non funzionerà. — Piotr indicò Aral. — L’ho detto chiaro a mio figlio: qui è dove io mi fermo. Non voglio vedere mai più quel mutante. Mai più. Finché avrà vita… e vivrà poco, da quel che ho potuto vedere, tu non lo porterai mai nella mia casa. Soltanto Dio può giudicarmi, donna. Non mi farai più passare da stupido.
— A questo sa provvedere lei stesso — sbottò Cordelia.
Le labbra di Piotr si torsero in una smorfia sprezzante. Visto che lei lo trovava un bersaglio facile, si volse ad Aral. — E tu, uomo senza spina dorsale, servo di una gonna… se tuo fratello maggiore fosse vissuto… — Preferì non andare oltre e chiuse la bocca. Ma aveva già detto troppo.
Aral era grigio in faccia. Due sole volte Cordelia gli aveva visto quell’espressione, ed entrambe le volte era stato a un passo dal commettere un omicidio. Piotr aveva innescato la rabbia più cupa di cui lui fosse capace. Soltanto allora Cordelia si rese conto che il vecchio Conte, per quanto avesse visto irritato il figlio, non s’era mai trovato alle prese con una rabbia di quel genere. Piotr sembrò tuttavia comprenderlo, vagamente, perché corrugò le sopracciglia e gli gettò un’occhiata di traverso.
Aral unì le mani dietro la schiena, con tale forza spasmodica che avrebbe potuto spezzarsi le dita. Alzò il mento. La sua voce era un sussurro, quando parlò.
— Se mio fratello fosse vissuto, sarebbe stato perfetto. Tu ne eri convinto, io ne ero convinto, perfino l’Imperatore Yuri ne era convinto. Così, hai dovuto arrangiarti con le briciole rimaste sul tavolo dopo quel pasto sanguinoso, il figlio che i sicari di Yuri il Folle non avevano trovato lì, perché tu lo trascuravi. Sì, noi Vorkosigan ci arrangiamo con quello che abbiamo. — La sua voce si abbassò ancor di più. — Ma il mio primogenito vivrà. Io non trascurerò di proteggerlo.
Quella gelida dichiarazione fu un colpo quasi letale, un fendente come quello che Bothari avrebbe potuto sferrare con la spada di Koudelka, e conficcato dritto al bersaglio. Piotr non avrebbe dovuto spingere la discussione a quel punto; dalla gola gli uscì un ansito di stupore e di cordoglio.
— Non trascurerò di proteggerlo ancora - si corresse Aral. — Non ti sarà offerta una seconda possibilità di fargli del male. — Le sue mani si scostarono, e con un secco cenno del capo indicò che la presenza di Piotr e quello che Piotr avrebbe potuto dire non lo interessavano più.
Bloccato due volte, rimbeccato così aspramente anche dal figlio, il vecchio stava soffrendo visibilmente. Si guardò attorno in cerca di un bersaglio meno tetragono su cui sfogare la sua frustrazione. Bothari era a poca distanza da lui, muto e imperscrutabile.
— E tu. Tu hai avuto una mano in tutto questo fin dall’inizio. È stato come spia che mio figlio ti ha messo nella mia casa? A chi sei fedele? Ubbidisci a me, oppure a lui?
Una strana luce balenò negli occhi di Bothari. Accennò col capo verso Cordelia. — A lei.
Piotr ne fu colto così di sorpresa che gli occorsero alcuni secondi per ritrovare la voce. — Benissimo — sbottò alla fine. — Allora può averti lei. Non voglio mai più rivedere la tua brutta faccia. Non disturbarti a tornare in Casa Vorkosigan. Esterhazy ti spedirà le tue cose prima di sera.
Il vecchio diede loro le spalle e si allontanò. La sua uscita di scena, già poco energica data l’età, perse ancora d’effetto quando prima di girare l’angolo si voltò a guardare indietro.
Aral scosse il capo con un sospiro stanco.
— Credi che dicesse sul serio, stavolta, con tutti i suoi mai-più? — domandò Cordelia.
— Le faccende di governo ci obbligano a comunicare. Lui lo sa. Lascia che torni a casa e ascolti il silenzio per un po’. Poi vedremo. — Sorrise, debolmente. — Finché siamo vivi, non possiamo troncare.
Cordelia pensò al bambino il cui sangue ora li legava tutti, lei ad Aral, Aral a Piotr, e Piotr a lei. — Così pare. — Cercò una parola per Bothari. — Mi spiace, sergente. Non credevo che il Conte avrebbe potuto licenziare un Armiere giurato.
— Legalmente non può, infatti — la informò Aral. — Bothari è stato assegnato a, diciamo, un altro ramo della famiglia. Tu.
— Oh. — Proprio ciò che ho sempre voluto, il mio mostro personale. E ora cosa dovrei fare? Tenerlo nel guardaroba? Si massaggiò la radice del naso, poi si guardò la mano. La mano che aveva accarezzato quella di Bothari stretta all’elsa del bastone-spada. Questi erano i fatti. — Lord Miles avrà bisogno di una guardia del corpo, no?
Aral inclinò la testa, interessato. — Direi di sì.
Bothari s’era subito fatto così attento e speranzoso che il cuore di Cordelia ebbe un tuffo. — Se avrà una guardia del corpo — disse il sergente, — nessun prepotente oserà… mi permetta di aiutarla, milady.
Mi permetta di aiutarla, pensò lei, fa rima con «Mi permetta di amarla». Giusto? - Per me sarà… — Pazzesco, pericoloso, idiota, irresponsabile? - sarà un piacere, sergente.
Il volto di lui s’illuminò come una torcia. — Posso cominciare subito?
— Perché no?
— Allora aspetterò di là — disse Bothari, accennando verso il laboratorio di Vaagen. E attraversò la porta. Cordelia già lo immaginava, pazientemente appoggiato al muro… si augurò che la sua truce presenza non innervosisse un medico al punto di fargli cadere di mano il suo fragile paziente.
Aral le appoggiò le mani sulle spalle. — Su Beta avete quelle fiabe dove si parla dei regali fatti da una strega alla nascita di un bambino?
— Sembra che le fate e le streghe si siano impegnate in grande stile per questo, no? — Cordelia appoggiò una guancia alla ruvida stoffa della sua uniforme. — Non so se Bothari, come regalo, sia una benedizione o una maledizione, ma scommetto che i prepotenti saprà tenerli a bada… chiunque essi siano. È una strana lista di regali quella che accompagna la nascita del nostro bambino.