— Pensa di poter trovare tutto quello che le occorre, qui? Le sostanze chimiche…
I denti di lui lampeggiarono. — Lord Vorkosigan ha cominciato a farmi attrezzare un piccolo laboratorio il giorno dopo che lei se n’è andata. Giusto nel caso che servisse, ha detto.
Aral, io ti amo. - Grazie. Sì, vada. Vada. — Cordelia lasciò che Vaagen si portasse via il simulatore, e l’uomo uscì in fretta.
Tornò a sedersi, come una marionetta coi fili spezzati. Ora poteva permettersi di sentire il peso della stanchezza. Ma non di gettarsi su un letto, non ancora. Doveva fare rapporto su ciò che era successo, e non ai due ufficiali della Sicurezza che stavano già tempestando Drou di domande. Chiuse gli occhi e cercò di ignorare le loro voci.
Il desiderio lottava con la paura. Voleva Aral. Ma aveva sfidato Aral, più che apertamente. Aveva incrinato il suo onore? Aveva ferito il suo — insolitamente flessibile, lo ammetteva — ego barrayarano oltre il sopportabile? S’era condannata a non godere mai più della sua fiducia? No, quest’ultimo sospetto era senz’altro infondato. Ma la credibilità che Aral godeva fra i suoi pari, quella delicata sfaccettatura della psicologia del potere, era stata danneggiata? Qualche dannata e imprevedibile conseguenza politica avrebbe rovesciato la situazione sulla loro testa? E questo le sarebbe importato? Sì, decise mestamente. Era infernale essere così stanca e in più così preoccupata.
— Kou!
Il grido di Droushnakovi le fece aprire gli occhi. Koudelka stava zoppicando attraverso l’ingresso principale degli uffici. Buon Dio, l’uomo era già in uniforme, elegante e sbarbato di fresco, quando chiunque l’avrebbe immaginato ancora in cammino su qualche strada di periferia con la giacca imbottita di giornali per tener fuori il freddo.
Quello di Koudelka e di Drou non fu — notò soddisfatta Cordelia — un formale saluto fra colleghi. L’alta ragazza bionda volò fra le braccia del giovane ufficiale, e quando le loro bocche si separarono fu solo per mormorare cose come Ah, tesoro, grazie a Dio, amore mio, sei salvo, mia cara… Gli uomini della Sicurezza distolsero lo sguardo, a disagio davanti alle nude emozioni che irradiavano dai loro volti.
Appena si furono scostati, per guardarsi meglio e sempre tenendosi per le mani, Drou scosse il capo. — Hai fatto presto! — ridacchiò. — Quando siete… Lady Vorpatril è qui, vero?
— Siamo arrivati appena due ore prima di voi — disse Koudelka, riprendendo fiato dopo quell’eroico bacio. — Il piccolo Lord e sua madre stanno bene. Sono a letto, in infermeria. Il dottore dice che Lady Vorpatril è soltanto sfinita. È stata eccezionale. Abbiamo passato un paio di brutti momenti ai posti di blocco, ma lei ha recitato la sua parte con una faccia di bronzo formidabile. Ma voi, piuttosto… santo cielo, ce l’avete fatta! Ho incrociato Vaagen, in corridoio, col simulatore… ah, ragazza, hai salvato il figlio del mio Lord!
Droushnakovi deglutì saliva e chinò il capo. — Sì… ma abbiamo perduto la Principessa Kareen.
— Ah! — Koudelka le mise un dito sulle labbra. — Non dirmi una parola. Lord Vorkosigan mi ha ordinato di portarvi subito da lui. Gli farai rapporto di persona. Andiamo, vi accompagno io. — Agitò una mano verso gli uomini della Sicurezza scacciandoli come galline, cosa che Cordelia avrebbe voluto fare fin dall’inizio.
Bothari dovette essere aiutato ad alzarsi. Lei si chinò a prendere la borsa di plastica gialla. Nel farlo notò che portava stampato il nome del più elegante negozio di moda femminile di Vorbarr Sultana. Come se fosse stata nella capitale a far compere…
— Che c’è lì dentro? — domandò Koudelka.
— Ah, tenente. — Uno degli uomini della Sicurezza era ancora lì. — Milady ha rifiutato di lasciar esaminare le sue cose. Tuttavia per regolamento, come a chiunque appena entrato nella Base, dovremmo… le dispiace pensarci lei?
Cordelia aprì la cerniera e, dando le spalle all’ufficiale, tenne la borsa sotto gli occhi di Koudelka. Lui ci guardò dentro.
— Oh, merda! - Il giovanotto impallidì. Alzò una mano per fermare l’uomo della Sicurezza che si stava facendo avanti. — Io… sì, tutto a posto. — Deglutì saliva. — È una cosa che sarà opportuno far vedere all’ammiraglio Vorkosigan.
— Tenente, cosa devo scrivere sull’inventario? — nitrì (Cordelia stabilì che quella era la parola) l’ufficiale. — Devo registrare il contenuto, se la borsa entra nella Base.
— Non facciamogli prendere un cicchetto, Kou — sospirò lei.
Koudelka chiuse la cerniera. Un angolo della sua bocca si stava torcendo all’insù in modo irresistibile. — Sì, certo. Scriva che è un regalo di Lady Vorkosigan per l’ammiraglio, acquistato alla Fiera d’Inverno.
— Ah, Kou. — Droushnakovi raccolse la spada da un tavolo e gliela consegnò. — Questa è tua. Purtroppo il fodero è andato perso. Mi spiace.
Lui prese l’arma, guardò la borsa, trasse le conclusioni che poteva trarre e passò dolcemente una mano sulla lama. — Non importa. Io… ti ringrazio.
— Appena possibile la porterò io da Siegling, e gli farò fare un duplicato del fodero — promise Cordelia.
L’ufficiale della Sicurezza non insisté oltre con il principale assistente dell’ammiraglio Vorkosigan. Koudelka scortò le due donne e Bothari a un pozzo antigravità e premette il pulsante della piattaforma.
— Scenderemo al livello degli uffici. L’ammiraglio è in riunione col resto dello staff da una mezzora. Ieri sera sono arrivati qui in segreto due membri dello stato maggiore di Vordarian, con l’idea di vendersi a noi. La missione di recupero degli ostaggi più importanti dipende dalla loro collaborazione.
— È possibile che sappiano già di questo? — Cordelia accennò alla borsa.
— Non credo, milady. Lei ha appena cambiato le carte in tavola. — Il sogghigno di Koudelka si fece più aspro.
— Non mi sembra il caso di rinunciare a quel raid — mormorò lei. — Anche in un momento così critico gli alleati di Vordarian sono pericolosi. Forse più di prima, se sono alla disperazione. — Pensò all’albergo alla periferia di Vorbarr Sultana dove la figlioletta di Bothari, Elena, per quel che lei ne sapeva era ancora tenuta. Gli ostaggi di basso rango. Aral si sarebbe lasciato persuadere a fare qualcosa anche per loro?
Scesero e continuarono a scendere verso il centro vitale della Base Tanery. Nel corridoio in cui l’ascensore li depositò era di guardia un’intera squadra di uomini armati fino ai denti. Koudelka li tranquillizzò con un cenno e passò oltre. La porta metallica di una sala riunioni si aprì per lasciarli entrare e si richiuse appena ebbero oltrepassato la soglia.
Cordelia girò lo sguardo sugli uomini seduti intorno al lungo tavolo, che al loro ingresso s’erano voltati. Aral sedeva in posizione centrale, voltato verso la porta. Illyan e il Conte Piotr lo affiancavano a destra e a sinistra. Oltre agli ufficiali dello staff c’erano anche il generale Kanzian e il Primo Ministro Vortala. I due «ospiti», gli ex collaboratori del pretendente, sedevano uno di fronte all’altro, ciascuno spalleggiato da cinque o sei ufficiali del proprio seguito. Un bel po’ di spettatori. Cordelia avrebbe voluto essere sola con Aral, lontano da quegli uomini in divisa che la guerra irrigidiva in un rango mascolino, gonfiando il loro ego come i colletti stretti gonfiavano i loro colli. Fra poco.
Gli occhi di Aral erano inchiodati nei suoi, con intensità quasi agonizzante. Piegò le labbra in un sorriso, e questo fu tutto, ciò malgrado Cordelia si sentì colma di fiducia, sicura di lui. Non c’era freddezza nel suo sguardo. Tutto sarebbe andato bene. Erano di nuovo in sintonia, e le parole e gli abbracci non avrebbero potuto comunicarglielo più chiaramente. Gli abbracci sarebbero venuti dopo, le stavano promettendo gli occhi grigi di lui.
Il Conte Piotr abbatté con forza una mano sul tavolo. — Buon Dio, donna! Dove dannazione sei stata? — sbottò furiosamente.
Questo la mise in vena di bizzarrie morbose. Sollevò la borsa con indifferenza. — A fare acquisti in città.