John Varley
Beatnik Bayou
La donna incinta ci stava già seguendo da più di un’ora quando Cathay fece quella cosa innominabile.
Dapprima era stato divertente. Denver ed io non sapevamo di che cosa si trattasse, sapevamo solo che lei aveva qualche lamentela nej confronti di Cathay. Lei e Cathay si erano appartati ed avevano parlato. La donna aveva cominciato a gridare e poco dopo anche Cathay la imitò. Alla fine, Cathay disse qualcosa che non riuscii a sentire e tornò indietro per unirsi alla classe. Che era composta da me, Denver, Trigger e Cathay; gli ultimi due erano insegnanti, mentre io e Denver eravamo gli studenti. Lo so, in teoria non si dovrebbe poter distinguere i ruoli, ma credetemi, normalmente lo si sa.
Fu a quel punto che iniziò l’inseguimento. Quella donna non voleva saperne di una risposta negativa e cominciò a seguirci dovunque andassimo. Era la persona più goffa che si potesse immaginare, e certamente io non ero dispiaciuto per lei dopo il modo in cui aveva trattato Cathay, che è mio amico. Ogni volta che scivolava ed atterrava sul didietro, ci facevamo tutti una bella risata.
Questo per un po’. Dopo un’ora la cosa cominciò a preoccuparci. Non avevo mai visto nessuno tanto determinato.
La ragione per cui continuava a scivolare era che ci stava dando la caccia attraverso Beatnik Bayou, che è la casa di Trigger. La stessa Trigger la descrive come «dodici acri di fango, zanzare e liquore di contrabbando». Alcuni dei suoi visitatori l’avevano descritto in modo meno poetico ma assai più colorito. Io non so che cosa sia un acro, ma il bayou è piuttosto grande.
Trigger distilla liquore di contrabbando con un alambicco di rame e alluminio nel bel mezzo di un canneto. Le zanzare non pungono ma ronzano parecchio.
Il fango è solo vecchio e normale fango del Mississipi, perfetto per impantanarsi. Di solito, chi vede questo luogo lo odia istantaneamente, ma a me piace così.
Presto la donna fu coperta di fango. C’erano tre cose che giocavano a suo sfavore. Una era l’abito premaman lungo fino alle caviglie che la copriva tutta tranne il viso, i piedi, il ventre rigonfio e i seni. Continuava ad inciampare nella lunga gonna e a cadere. Dopo un po’, ogni volta che le capitava, io trasalivo.
La seconda cosa era la pancia, che la costringeva a camminare portando il peso sui tacchi. Non era quello il modo migliore di muoversi nel fango, e lei ne dava spesso dimostrazione cadendo violentemente.
Il suo terzo problema era l’osso pelvico munito di cinto da parto, che probabilmente era stato applicato da poco. Era un modello incernierato nel centro, in modo da creare più spazio per il nascituro. Ne aveva bisogno, perché era alta e magra, un tipo di struttura fisica che avrebbe anche potuto farla morire di parto in quei tempi in cui ancora esistevano questo genere di problemi. Ma la costringeva a camminare come una papera.
— Quak, quak — disse Denver tentando di sorridere. Entrambi ci voltammo a guardare la donna che continuava a seguirci dondolando. Lei cadde e faticò a rimettersi in piedi. Denver non sorrideva più quando incontrò il mio sguardo. Mormorò qualcosa.
— Che cos’hai detto? — chiesi.
— Mi innervosisce — ripeté Denver. — Mi domando che cosa diavolo vada cercando.
— Qualcosa di molto importante.
Cathay e Trigger ci precedevano di pochi passi e vidi Trigger che lanciava un’occhiata alle spalle. Parlò a Cathay. Probabilmente non volevano che udissi le loro parole; ma io ci riuscii ugualmente. Ho buone orecchie.
— La cosa sta cominciando a turbare i ragazzi.
— Lo so — disse lui asciugandosi la fronte con il dorso della mano. Tutti e quattro la osservammo mentre lei arrancava lungo l’ultima salitella. Si vedevano solo la testa e le spalle.
— Dannazione. Pensavo che avrebbe ceduto presto — si lamentò lui, ma poi il suo viso divenne privo di espressione. — Non c’è niente da fare. Dobbiamo affrontarla.
— Pensavo che l’avessi già fatto — disse Trigger alzando un sopracciglio.
— Sì. Ma evidentemente non è stato sufficiente. Venite, gente. Anche questo fa parte della vostra vita. — Era rivolto a me e a Denver, e quando lo disse capimmo che doveva trattarsi di un’esperienza istruttiva. Cathay trasforma le cose più strane in esperienze istruttive. Ritornò verso il ruscello poco profondo che avevamo appena guadato e noi tre lo seguimmo.
Se sono sembrato duro nei confronti di Cathay, in realtà non avrei dovuto esserlo. Era davvero un maestro eccezionale. Sapeva riprendere alcune di quelle vecchie regole del tipo vedere per credere, imparare facendo, istruzione individuale, integrazione di esperienze di vita (tutta la saggezza convenzionale dell’istituzione educativa) e farle funzionare sul serio, molto meglio di qualsiasi insegnante che io abbia mai incontrato. Sapevo che era un finto bambino. L’avevo saputo fin da quanto lo avevo incontrato la prima volta, all’età di sette anni, ma la cosa aveva assunto una certa importanza solo ultimamente. E questo era proprio il cinismo naturale della mia classe d’età, come non mancava mai di farmi notare Trigger con quel suo modo compiaciuto.
Okay, lui aveva quarantotto anni, in realtà. Fisicamente aveva la mia età, quasi tredici anni; un bambino paffuto con capelli biondi e ricci ed un viso androgino, con appena un accenno di peluria intorno ai genitali. Quando si voltò verso quell’enorme donna minacciosa e la affrontò con calma, mi commossi.
Ero anche affascinato. Mentalmente, mi sedetti sui calcagni ad osservare e aspettare. Ero sicuro che molto presto avrei imparato qualcosa della vita. La lezione era cominciata.
Quando vide che tornavamo indietro, la donna esitò. Fece molta attenzione a dove metteva i piedi mentre affrontava il leggero pendio, e si fermò ai bordi del ruscello, dove rimase un poco ad aspettare nel caso Cathay intendesse raggiungerla. Ma lui non si mosse. Sul viso di lei apparve una tremenda smorfia, arrotolò la gonna intorno alla vita e attraversò il ruscello.
L’acqua le lambiva le cosce. Fu sul punto di cadere quando cercò di scansare un viticcio ondeggiante. Il suo vestito di pizzo era cosparso di foglie e rametti e imbrattato di fango.
— Perché non torni indietro? — gridò Trigger, in piedi accanto a Denver e me, agitando un pugno. — Non ti servirà a niente.
— Questo lo giudicherò io — gridò lei in risposta. La voce era aspra e sgradevole, e quello che probabilmente era stato una volta un viso grazioso ora si contorceva in una smorfia. Un alligatore stava nuotando verso di lei. Lei lo minacciò con un pugno, rischiando di perdere l’equilibrio. — Vattene di qui, viscida lucertola! — gridò. Il rettile si ricordò di affari urgenti dall’altra parte della palude e si affrettò a levarsi di mezzo.
Lei si arrampicò sulla sponda e rimase nella mota fino alle caviglie, respirando affannosamente. Era in uno stato pietoso, e oltre la rabbia ora vedevo affiorare anche la paura. Per un attimo le tremarono le labbra. Sperai che si sedesse; il solo guardarla mi sfiniva.
— Tu devi aiutarmi — disse semplicemente.
— Credimi, lo farei se potessi — disse Cathay.
— E allora dimmi il nome di qualcuno che possa farlo.
— Te l’ho detto, se lo Scambio Educativo non può aiutarti, certo non posso farlo io. Quelle poche persone che conosco che siano disponibili per un contratto sono elencate nello Scambio.
— Ma nessuno di loro è disponibile prima di tre anni.
— Lo so. C’è penuria.
— E allora aiutami — disse lei con aria infelice. — Aiutami.
Cathay si sfregò lentamente gli occhi con il pollice e l’indice, poi raddrizzò le spalle e si mise le mani sui fianchi.
— Te lo dirò un’altra volta. Qualcuno ti ha dato il mio nome e ti ha detto che ero disponibile per un contratto di istruzione di livello primario. Io…