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L’unica altra struttura decisamente non appartiene alla Louisiana di nessun periodo. È una tenda indiana piantata su di un leggero pendio, appena fuori di vista della Capanna di Zucchero. Cheyenne, credo. Passiamo lì la maggior parte del tempo quando siamo al bayou.

E ci andammo anche dopo l’episodio con la donna incinta. Il pavimento è di argilla battuta e al centro arde sempre un fuoco. Ci sono un sacco di cuscini sparsi intorno e due grossi materassi ad acqua.

Cercammo di parlare dell’incidente. Credo che Denver fosse il più colpito, ma dal modo in cui Cathay stava seduto mentre Trigger gli massaggiava la schiena, capivo che anche lui era piuttosto seccato. La sua voce era turbata.

Io confessai di essermi spaventato, ma c’era molto di più, e mi sentivo tutt’altro che pronto a parlarne. Trigger e Cathay lo sapevano e lasciarono correre per il momento. Trigger prese la pipa e la riempì con foglie di similpianta.

Era una pipa con il bocchino lungo. Lei la accese e poi si appoggiò all’indietro con il bocchino tra le labbra e il fornello stretto fra le dita dei piedi. Esalò un fumo dolce, color miele. Mentre fuori il giorno finiva, lei passò la pipa. Aveva un buon sapore e mi calmò in modo meraviglioso. Era facile addormentarsi in quel modo.

Ma io non dormii. Non proprio. Forse ero troppo avanti con la pubertà perché la droga contenuta nella pianta potesse ancora agire come sonnifero. O forse ero troppo stimolato emotivamente. Denver si addormentò piuttosto in fretta.

Ma non Cathay e Trigger. Fecero l’amore dall’altra parte della tenda, e lo fecero in un modo tanto lento e sognante che capii subito che erano sotto l’influsso della droga. Anche se Cathay è sulla quarantina e Trigger ha superato i cento, hanno entrambi il corpo di due ragazzi di tredici anni ed il metabolismo che si adatta all’età.

Non ci fu una vera e propria conclusione, ma il loro atto sfumò lentamente, per gradi, un po’ come si era soliti fare prima che l’orgasmo diventasse un fattore decisivo. Scoprii che mi dava una grande felicità rimanere sdraiato su un fianco a guardarli con gli occhi socchiusi.

Parlarono per un po’. Più mi sforzavo di sentire e più mi veniva sonno. Ad un certo punto non riuscii più a lottare per rimanere sveglio.

Divenni conscio di un corpo caldo vicino a me. Era ancora buio, l’unica luce era quella delle braci del fuoco.

— Mi spiace, Argus — disse Cathay, — non intendevo svegliarti.

— Va bene così. Abbracciami. — Lui lo fece ed io mi contorsi finché la mia schiena fu sistemata comodamente contro di lui. Per lungo tempo mi limitai ad assaporare la cosa. Non pensavo a niente, se non al suo respiro caldo sul mio collo o al suo pene che si induriva contro la mia schiena. Se questo si può chiamare pensare.

Quante notti avevamo dormito così negli ultimi sette anni? Troppe per poterle contare. Ci conoscevamo in tutti i modi possibili. Un anno fa lui era una femmina e prima di allora lo eravamo stati tutt’e due. Ora eravamo entrambi maschi ed era bello anche così. Una parte di me pensava che non avesse molta importanza di che sesso eravamo, ma un’altra parte si domandava come sarebbe stato essere una femmina e conoscere Cathay come maschio. Quello non lo avevamo ancora provato.

A quel pensiero provai un brivido di desiderio. Era passato troppo tempo da quando avevo avuto una vagina. Volevo Cathay tra le mie gambe, come l’aveva avuto Trigger poco prima.

— Ti amo — mormorai.

Lui mi baciò un orecchio. — Anch’io ti amo, sciocco. Ma quanto mi ami?

— Cosa vuoi dire?

Sentii che cambiava posizione e si sollevava appoggiando la testa ad una mano. Le sue dita si avvolsero ad un ricciolo dei miei capelli.

— Voglio dire, mi amerai ancora quando non sarò più alto del tuo ginocchio?

Scossi la testa, sentendo improvvisamente freddo. — Non voglio parlare di questo.

— Questo lo so molto bene — disse lui, — ma non posso permettere che tu lo dimentichi. Non è qualcosa che scomparirà.

Mi girai sulla schiena e sollevai lo sguardo verso di lui. C’era un debole sorriso sul suo viso, mentre sfiorava con le dita le mie labbra e i miei capelli, ma i suoi occhi erano preoccupati. Cathay non è più in grado di nascondermi molte cose.

— Deve capitare — sottolineò lui, senza pietà. — Per le ragioni che mi hai sentito spiegare alla donna. Mi sono impegnato a tornare all’età di sette anni. C’è un’altra bambina che mi aspetta. Ti assomiglia molto.

— Non farlo — dissi io sentendomi infelice. Cathay mi asciugò una lacrima dagli occhi.

Gli ero grato perché non mi faceva notare quanto fossi ingiusto. Lo sapevamo entrambi. Lui lo accettava, e continuava come meglio poteva.

— Ti ricordi il nostro discorso sul sesso? Penso che fosse circa due anni fa. Non molto dopo che mi hai detto per la prima volta che mi amavi.

— Ricordo. Ricordo tutto.

Lui mi baciò. — Ma io devo riparlarne lo stesso. Forse servirà. Tu sai che eravamo d’accordo che non avrebbe avuto alcuna importanza di che sesso fossimo. Poi ti feci notare che tu saresti cresciuto, mentre io sarei ritornato ragazzino. Che sessualmente ci saremmo divisi.

Io annuii, sapendo che il nostro amore era molto più profondo di quelle differenze. Che non avevamo bisogno del sesso per farlo funzionare. Può funzionare.

Questo era vero. Cathay era vicino a tutti i suoi vecchi studenti. Essi erano adulti ora, ma venivano spesso a trovarlo. Solo per il piacere di stare vicini, di parlare e di abbracciarsi. Più avanti c’entrava anche il sesso, ma tutti loro capivano che presto sarebbe finito.

— Non penso di avere questa prospettiva — dissi cauto. — Loro sanno che in pochi anni maturerai ancora. Lo so anch’io, ma ho lo stesso la sensazione…

— Che sensazione?

— La sensazione che tu mi abbandonerai. Mi spiace, è questo che sento.

Lui sospirò e mi attirò a sé. Mi strinse forte per un po’ e fu molto bello.

— Ascolta — disse alla fine, — credo che non ci sia modo di evitarlo. Potrei dirti che lo supererai, e sarà così, ma non ti servirebbe a niente. Ho avuto questo stesso problema con ogni bambino a cui ho insegnato.

— Davvero? — Questo non lo sapevo, e mi fece sentire un po’ meglio.

— Davvero. Non ti biasimo per questo. Ho anch’io la stessa sensazione. Sento qualcosa che mi spinge a stare con te. Ma non funzionerebbe, Argus. Io amo il mio lavoro, altrimenti non lo farei. Ci sono momenti duri, come questo. Ma dopo pochi mesi ti sentirai meglio.

— Forse. — Non ne ero per niente sicuro, ma mi sembrava importante essere d’accordo con lui e far cessare quella conversazione.

— Nel frattempo — disse lui, — abbiamo ancora qualche settimana da trascorrere insieme. Penso che dovremmo sfruttarle il più possibile. — E lo fece, con le sue mani che esploravano il mio corpo. Prese lui l’iniziativa, cercando di farmi rilassare e di ridarmi fiducia.

Così incrociai le mani dietro la testa e mi sdraiai, cercando di non pensare a niente se non al cerchio caldo delle sue labbra.

Ma poi cominciai a sentire che dovevo fare qualcosa per lui e capii cosa c’era di sbagliato. Lui pensava di offrirmi tutto ciò che desideravo facendo l’amore con me nel modo in cui l’avevamo sempre fatto da quando avevamo cominciato ad essere grandi. Ma c’era anche un altro modo, e mi resi conto che non volevo che lui rimanesse all’età di tredici anni. Ciò che davvero desideravo era di tornare indietro con lui, di avere ancora sette anni.

Gli sfiorai delicatamente il capo e lui alzò gli occhi, poi ci abbracciammo. Cominciammo a muoverci l’uno contro l’altro come sempre facevamo sin da quando ci eravamo incontrati la prima volta, quello sfregamento innocente ed inconsapevole di un’età in cui non è tanto il sesso a dominare quanto una sensazione profonda di benessere.