Scoprii che mi sarebbe piaciuto darle di più.
Ero di nuovo innamorato.
Con la mano sulla piastra della porta, ebbi all’improvviso la certezza che lei mi avesse già dimenticato. Era sciocco supporre che non fosse così. Io ero stato una piacevole diversione, una novità interessante.
Non le avevo chiesto il nome, l’indirizzo o il numero di telefono. Perché no? Forse perché già sapevo che non le sarebbe importato vedermi di nuovo.
Schiacciai la piastra col palmo della mano e rimuginai durante la salita in ascensore verso la superficie.
La mia è una casa insolita. Naturalmente appartiene a Darcy, mia madre. Lei era impegnata a dare gli ultimi ritocchi ad un diorama. Alzò lo sguardo verso di me, sorrise e mi offrì la guancia perché la baciassi.
— Avrò finito tra un momento — disse. — Voglio completarlo finché c’è luce.
Noi viviamo in una grande bolla sulla superficie. Una parte è divisa in stanze senza soffitto, ma la maggior parte costituisce lo studio di Darcy. La bolla è trasparente. È schermata contro i raggi ultravioletti, per evitare le bruciature.
È un modo non comune di vivere, ma ci troviamo bene. Dalla nostra posizione privilegiata all’estremità sud della valle, si vedono solo altre tre bolle simili. Sarebbe impossibile per uno straniero immaginare che appena sotto la superficie sorge un’affollata città.
Crescendo, non ho mai pensato all’agorafobia, ma è una cosa comune tra i Lunariani. Mi dispiace per quelli che non hanno la fortuna di crescere con un tale panorama.
A Darcy piace per la luce. Lei è un’artista, ed è esigente in fatto di luci. Lavora due settimane sì e due no, riposando durante la notte. Io sono cresciuto con questi ritmi, lasciandola sola quando si lanciava in interminabili sessioni con i suoi pennelli ad aria, e tornando a casa per trascorrere due settimane con lei quando non brillava il sole.
Le cose cominciarono a cambiare dopo che ebbi compiuto dieci anni. Prima di allora eravamo vissuti soli, e Darcy aveva drasticamente ridotto i suoi ritmi di lavoro, fino a quando non ebbi compiuto i quattro anni, aumentandoli gradatamente a mano a mano che cominciavo a rendermi sempre più indipendente. Lo fece per potermi dedicare tutto il suo tempo. Poi un giorno mi fece sedere e mi disse che due uomini stavano per trasferirsi da lei. Fu solo più tardi che mi resi conto di come Darcy avesse modificato il suo stile di vita per allevarmi come si conveniva. Darcy è dedita alla poliandria in serie, ed è attratta soprattutto da artisti dal viso fiero, intransigenti e indipendenti, di scarso successo e in genere leggermente affamati. A lei piace la fame e la determinazione da parte loro a non scendere a compromessi con i gusti del pubblico. Se ne tiene intorno tre o quattro, offrendo loro cibo e un’occasione di lavoro. In cambio chiede solo che, dopo un certo periodo, siano disposti ad andarsene senza fare storie.
Dovetti scavalcare l’ultimo di questi favoriti per andare in cucina. Stava dormendo sodo, russando sonoramente, e le sue mani erano macchiate di giallo, rosso e verde.
Darcy mi raggiunse mentre mi stavo preparando uno spuntino, mi abbracciò, e si lasciò cadere su di una sedia. Il sole sarebbe stato visibile per un’altra mezz’ora, ma non c’era tempo di cominciare un nuovo dipinto.
— Dove sei stato? Non hai chiamato per tre giorni.
— No? Mi spiace. Eravamo al bayou.
Lei arricciò il naso. Darcy aveva visto il bayou. Una volta.
— Quel posto. Vorrei sapere perché…
— Darcy. Non ricominciamo da capo. Okay?
— D’accordo. — Lei allargò le mani sporche di vernice e le mosse in cerchio, come se stesse cancellando qualcosa, ed era proprio così. Darcy è speciale in queste cose. — Ho un nuovo compagno di camera.
— Ci ho quasi inciampato sopra.
Lei si passò una mano tra i capelli e mi gratificò di una smorfia. — Si farà. Si chiama Thogra.
— Thogra — mormorai, assumendo un’espressione di disapprovazione. — Ascolta, se non ci viene tra i piedi, potremo… — Ma non riuscii a continuare. Stavamo ridendo tutti e due, ed io stavo per soffocare per un boccone che mi era andato per traverso. Darcy sa che cosa ne penso delle sue scelte in fatto di compagni di letto.
— E che ne è stato di… come si chiamava? L’uomo dell’ascella. Quello che veniva sempre arrestato per il cattivo odore.
Lei mi mostrò la lingua.
— Lo sai che se n’è andato mesi fa.
— Ah! Sono i mesi prima che scoprisse l’acqua che io ricordo. Tutti i miei amici si domandavano dove potevamo allevare una capra, i fiori perdevano i petali al suo passaggio, il…
— Abil non è tornato — disse piano Darcy.
Io smisi di ridere. Sapevo che se ne era andato per qualche settimana, ma succede. Alzai un sopracciglio.
— Sì. Be’, lo sai che aveva venduto qualche lavoro. E aveva avuto delle offerte. Ma aspetto sempre che venga almeno a riprendersi il suo sacco a pelo.
Io non dissi nulla. Gli amori di Darcy seguono uno schema di cui lei è ben consapevole, ma è sempre spiacevole quando uno di essi finisce. I suoi uomini parlano con disprezzo del genere di arte commerciale che permette a me e a Darcy di mangiare e di pagare i conti dell’ossigeno. A quel punto possono succedere tre cose. Non riescono a concludere nulla e se ne vanno poveri come quando erano arrivati, e col loro disprezzo intatto. Pochi raggiungono il successo alle loro condizioni, costringendo il mondo dell’arte ad accettare le loro strane concezioni. Spesso Darcy rimaneva in buoni rapporti con questi ultimi; aveva un legame del tipo fai-un-salto-e-facciamo-l’amore con metà degli artisti di Luna.
Ma il tipo più comune di commiato era quello in cui l’artista decideva che era stanco della povertà. Con un leggero abbassamento dei propri standard erano tutti in grado di guadagnarsi da vivere. A quel punto diventava intollerabile vivere con la donna che avevano schernito. Generalmente, Darcy se ne liberava in fretta senza troppi rimpianti. Non erano più affamati, non erano più abbastanza fieri da piacerle. Ma era sempre doloroso.
Darcy cambiò argomento.
— Ho preso un appuntamento con il dottore per il tuo Cambio — disse. — Devi andarci lunedì prossimo, al mattino.
Una serie di impressioni rapide, vivide, mi attraversarono la mente. Trilby. Seni con le punte a forma di cuore. Quello che avevo provato quando il mio pene era entrato in lei e la calda stanchezza dopo che il seme aveva lasciato il mio corpo.
— Ho cambiato idea a questo proposito — dissi accavallando le gambe. — Non sono pronto per un altro Cambio. Magari fra qualche mese.
Lei rimase a bocca aperta.
— Cambiato idea? L’ultima volta che ne abbiamo parlato, eri fermamente deciso a cambiare sesso. Infatti mi hai costretta a darti il permesso.
— Me ne ricordo — dissi, sentendomi a disagio. — Ho solo cambiato idea, ecco tutto.
— Ma Argus! Non è giusto. Sono stata sveglia due notti per convincermi di quanto sarebbe stato bello riavere la mia bambina. È passato tanto tempo. Non credi che tu…
— Non è una decisione che spetta a te, Mamma.
Sembrò sul punto di arrabbiarsi, poi socchiuse gli occhi. — Ci deve essere una ragione. Hai conosciuto qualcuno. Giusto?
Ma io non volevo parlarne. Le avevo raccontato della prima volta che avevo fatto l’amore e di tutti quelli con cui ero andato a letto dopo di allora. Ma questo non volevo dividerlo con lei.
Così le parlai dell’incidente capitato in mattinata al bayou. Le t parlai della donna incinta e di quello che aveva fatto Cathay.
Darcy assunse un’aria molto severa. Quando arrivai alla parte del fango, la sua fronte era piena di rughe.
— Non mi piace — disse.
— Non piace nemmeno a me. Ma non vedo che altro potevamo fare.