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«Ma se sapesse che abbiamo esaminato un paio di lerce bottiglie di rum - bottiglie peraltro ritrovate dal nazista della squadra – e deciso di conseguenza che il nostro bersaglio è un nero, quale sarebbe la sua posizione? Ci rifletta.» Sollevò la mano, le dita ravvicinate, bianche per la pressione. «Pensi agli uccellini. Riesce veramente a credere che quel pezzo di merda del pub abbia l'intelligenza… no, l'immaginazione di fare una cosa del genere?»

«Jack, Jack, Jack… Forse hai ragione. Ma guardala dal mio punto di vista. Non desidero che sia un nero esattamente come non lo desideri tu, e nemmeno il capo lo desidera. Proprio per questo dobbiamo andare oltre la realtà nuda e cruda…»

«La realtà nuda e cruda?» ripeté Jack, quasi ansimando. «E questa la chiama realtà nuda e cruda?»

«Sul cuoio capelluto di Shellene Craw è stato ritrovato un capello di tipo afrocaraibico, c'è la segnalazione dell'area industriale, più tutta la merda che abbiamo raccolto nell'ultima ora. E abbastanza da preoccuparmi. Non te la prendere, Jack, ma ricorda che, nella squadra B, sono io che comando, non tu. E se devo scegliere tra ascoltare uno nuovo, che conosco da cinque minuti, e compiacere il capo, be', Jack, con tutto il rispetto…» Tacque per un istante, prese fiato e aggiunse: «Be', tu che faresti?»

Jack lo fissò a lungo. «Allora voglio che sia messo per iscritto.»

«Va' avanti.»

«Stiamo prendendo la direzione sbagliata. Qualcuno pensa che si tratti di un medico. Io credo che dovremmo cercare qualcuno che lavora in ospedale. Un bianco.»

Maddox inarcò le sopracciglia. «In base a…?»

«In base a quanto ha dichiarato Krishnamurthi, il bersaglio conosce i rudimenti della medicina… Steve, oggi non era una giornata normale al pub, abbiamo scelto il momento sbagliato. Di solito il locale è pieno, e alcuni dei suoi clienti abituali lavorano in ospedale.»

«Va bene, va bene, calmati. Sta' tranquillo fino alla riunione di domani, d'accordo? Poi ne potremo parlare con la dovuta obiettività.»

«Voglio iniziare subito.»

«Che pensi di fare? Di sorvegliare tutti gli ospedali della zona 4?»

«Cominceremo proprio da qui, dal St. Dunstan's. È il più vicino al pub. Procederemo per esclusione, con un interrogatorio a tappeto. Se non otterremo nulla, allora passeremo a Lewisham, e forse a Catford.»

Maddox scosse il capo. «Non accetteranno. La gente che lavora in ospedale è tosta.»

«Mi lasci provare.»

Il commissario scostò l'impermeabile e alzò la testa al cielo, chiudendo gli occhi sotto la pioggia. Quando abbassò lo sguardo, aveva un'espressione calma. «Va bene, hai vinto. Puoi prendere Essex, se vuoi, e hai quattro giorni a partire da lunedì per scoprire qualcosa.»

«Quattro giorni?»

«Quattro giorni.»

«Ma…»

«Ma, cosa? Troverai il tempo. E bada a non perdere neppure una riunione della squadra; se dovrò toglierti l'incarico, lo farò senza preavviso. C'è altro?»

«Sì.»

«Che cosa?»

«Viene sempre al nostro party?»

«Chiedimelo di nuovo quando non sarò più incazzato con te.»

12

La ragazza seduta sul sedile posteriore della GTI indossava una minigonna di spandex color lime e sandali con zeppa e tacco a spillo. Portava i capelli corti, all'altezza della mascella, con una ciocca dorata, aveva gli occhi scuri e la pelle caffelatte. Gemini sapeva che nelle vene le scorreva sangue africano.

Lo aveva avvicinato al Dog and Bell la sera precedente, prima del casino, prima della polizia, e gli aveva chiesto d'incontrarla quella sera all'estremità nord del Backwall Tunnel, per portarla a Croom's Hill. Aveva un appuntamento da quelle parti. Al momento, Gemini non ci aveva fatto caso ma, dopo il raid pomeridiano al pub, era diventato nervoso.

Nato a Deptford, Gemini non era che la pallida imitazione di uno di quei gangster giamaicani implicati nel traffico di droga che vengono chiamati yardies. Nonostante il suo modo di parlare e di muoversi, il contatto più stretto che aveva avuto con la Spanish Town Road di Kingston era il rum Bounty che le zie gli portavano ogni volta che venivano a Londra. Dog – il suo pusher principale – lo sapeva e ne approfittava, usando Gemini per riciclare la roba troppo bianca per i suoi gusti: ecstasy, LSD, eroina. La settimana precedente si era trattato di sessanta grammi di «Special K», di Ketalar, l'anestetico per cavalli. Disgustato e pieno di vergogna, Gemini non aveva avuto altra scelta se non venderlo, e ora sembrava che una di quelle ragazze su cui gli sbirri facevano domande avesse spiattellato tutto. Un pensiero gli fece gelare il sangue nelle vene: e se qualcuna era stata male per della roba che le aveva venduto? La coca era presumibilmente pura come l'alba, ma l'eroina… Tutti a Deptford sapevano che l'eroina locale era tagliata. Ma con che cosa? Mannite? Latte in polvere? Ammoniaca? O con qualcosa di ancor più letale? In tal caso non si sarebbe dovuto preoccupare solo della polizia: l'opinione pubblica avrebbe trasformato il caso in una caccia alle streghe, e i pezzi grossi avrebbero voluto sapere chi li aveva coinvolti in quel casino.

Poi gli venne in mente che la ragazza nell'auto potesse essere un'esca. Mentre guidava, continuava a tenerla d'occhio nel retrovisore. Avevano oltrepassato il St. Dunstan's quando lei si protese per toccargli la spalla. «Nel pub mi hanno detto che forse puoi aiutarmi.»

«Sì?»

«Crack o ero, o qualcosa del genere.»

Lui la studiò nello specchietto. Qualsiasi cosa stesse tramando la polizia, non poteva permettersi di perdere un affare. Era la sua linfa vitale. «Ce n'è, da queste parti», rispose infine e, mettendo la freccia, svoltò con la sua GTI rossa in un vicolo cieco. Aveva smesso di piovere a metà pomeriggio. Davanti a sé, Gemini vedeva le quattro torri della centrale elettrica del London Transport: si stagliavano su un cielo color arancione, e una colonna di fumo si levava dai terreni umidi accanto alla ferrovia. Spense il motore. La ragazza fumava in silenzio, guardando fuori del finestrino con aria assente. Era certo – doveva esserlo – che non fosse uno sbirro. Si girò sul sedile e, passando il braccio destro intorno al poggiatesta, chiese: «Allora, come ti posso aiutare?»

«Che hai?» chiese lei di rimando, continuando a guardare fuori.

«Non sono mica scemo, sai? Da quando gli sbirri mi ronzano intorno, ho deciso di non cacciarmi in nessuna trappola.»

«Voglio dell'ero. Dell'eroina, o come cazzo preferisci chiamarla… Della droga, capito? Non sono uno sbirro.»

Gemini si rilassò un poco. «Vabbè. Ho soprattutto crack, sai ciò che intendo.»

«Una dose.»

«Una?»

«Sì. Ce n'è dell'altra che mi aspetta.»

Lui aveva sperato in qualcosa di più, ma il suo sorriso rimase inalterato. «D'accordo, tesoro. Sono dieci bigliettoni.»

«Andiamo.»

«Va bene, va bene.» Dalla tasca del giubbotto blu Helly Hensen estrasse una bustina ripiegata. Tenendola tra l'anulare e il medio, allungò la mano tra i sedili. È meglio che non ne faccia cadere neanche un granello, pensò. Alla fine della serata sarebbe andato direttamente a Creek Road e avrebbe fatto lavare la macchina, dentro e fuori. Aveva sentito che gli sbirri disponevano di tecniche che potevano identificare anche le più piccole tracce di roba, anche dopo aver passato l'aspirapolvere.

La ragazza la controllò, riavvolse la bustina e lo pagò. «Muoviamoci.»

Gemini inserì la retromarcia. «A Croom's Hill?»

«Sì. Alla fine di Blackheath.»

Nel parco si fermarono a un semaforo pedonale.

«Svolta qui a destra, mi puoi lasciare lì.»

«Vivi da queste parti?»

«Ci vive il mio amico.»

«Qui?» Gemini tamburellò le dita sul volante e la guardò nel retrovisore. Negli ultimi mesi aveva lasciato un paio di ragazze in quel posto, e tutte gli avevano detto la stessa cosa. Forse lì abitava un cliente abituale. «Chi è il tuo amico?»