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«Scendete?»

«No, saliamo.»

«Salgo comunque con voi.» Ed entrò, sorridente, mettendosi un copricapo di plastica sui capelli permanentati. «Non sai mai se, scendendo, si ferma.»

Jack guardò Maddox e sussurrò: «Si ricordi, lì, sul pavimento».

Una madre con due bambini piccoli salì al quattordicesimo piano e, dopo essersi fermato al diciassettesimo, l'ascensore continuò fino al ventesimo, l'ultimo piano. Ora c'erano sei persone e un cane nell'ascensore. Maddox si spostava nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro. Durante la discesa si fermarono altre tre volte. Quando giunsero al pianterreno, l'ascensore era pieno.

«È giorno», obiettò Maddox mentre uscivano alla luce, sfregandosi stancamente il viso. La bambina col neonato premette il naso contro il vetro mentre i due uomini si allontanavano. «Li sposta di notte.»

«Sì, ma riesce a immaginare di scendere tutti quei piani, di notte come di giorno? Guardando i numeri come abbiamo fatto noi, per poi tirar fuori i sacchi dall'ascensore.» Jack prese a camminare in direzione del parcheggio. Sopra di loro, la GTI ondeggiava precariamente tra le grinfie del carro attrezzi. «Tutta questa strada, attraverso il cortile anteriore…» Quindi si fermò, le mani aperte. «Guardi su. Quante finestre ci sono?»

«Jack, questo è il Pepys. Chissà quanti trascinano fagotti strani in cortile nel cuore della notte.»

«Ha visto i reperti autoptici», continuò l'altro, abbassando la voce. «Non finga di non aver sentito l'odore. Già dopo tre giorni hanno odore, puzzano, lo sa. È un odore che non ci si dimentica, un odore che non si cancella.»

«Potrebbe avere un altro posto.»

«Certo», replicò Jack, sbuffando. «E lei si basi pure su questo, d'accordo. Si basi pure su questa speranza.»

L'espressione di Maddox cambiò. Una vena blu gli pulsò sulla tempia. Poi lui disse a voce bassa, quasi impercettibile: «Ho parlato col capo, stamattina: ha saputo che abbiamo un profiler nella squadra. Così, adesso mi tocca coprirti».

«Il capo preferisce forse le segnalazioni fasulle e le prove circostanziali?» ribatté Jack. «Steve, guardi le cose come stanno: la squadra F ha probabilmente bussato alla porta di ogni razzista di East Greenwich, e tutti vanno in estasi all'idea di sbattere in galera un disgraziato spacciatore locale. E lei lo tiri fuori, lo tolga dai loro artigli per qualche giorno. Il detective Diamond ama cose del genere, le ha nelle vene e mi chiedo, Steve, se lo faccia perché sa di poterlo fare, perché…» Infilandosi le mani in tasca, fissò i suoi occhi blu in quelli grigi di Maddox, lo sguardo intenso, provocatorio. «Perché lei lo lascia…

«Jack, sei ancora nei tre mesi di prova. Non scordartelo.»

«Lo so.»

«Ci vediamo a Shrivermoor. Fai gli auguri a Veronica per la chemio.»

«Steve, aspetti…»

Ma Maddox si era già allontanato, e Jack dovette gridare per coprire il rumore del carro attrezzi. «Commissario Maddox!» urlò, e la sua voce riecheggiò tra i grattacieli. I bambini nell'atrio guardarono fuori, sorpresi dal rumore. «Proverò che avete preso l'uomo sbagliato, commissario Maddox… Proverò che non è nemmeno un nero!»

Ma il commissario continuò a camminare. Il carro attrezzi cambiò marcia e la GTI di Gemini, coperta da un telo cerato bianco, iniziò la sua parata attraverso le strade di Deptford, come se facesse parte di un barat indiano.

Il pub era vuoto. Un pastore tedesco, addormentato accanto a una stufa a gas, la testa posata sulle zampe, aprì un occhio per scrutare Jack che si avvicinava al bancone. Betty, la barista, con una camicetta scollata di pizzo sintetico, un paio di occhiali dalla montatura spessa e una catena al collo, non si curò di salutarlo. Spense la sigaretta e rimase semplicemente lì dove si trovava, le unghie laccate sulle spine della birra, in attesa che lui parlasse.

Jack le mostrò il distintivo. «Polizia.»

«Sì, ricordo. Vuole bere qualcosa?»

«D'accordo. Un…» In quel locale non c'erano birre di puro malto. «Una Bells.» Mentre rovistava nelle tasche per trovare una moneta, domandò: «Come vanno gli affari?»

«Guardi il locale. Sono arrivati i cronisti e hanno fatto scappare metà dei clienti abituali.»

«Ha parlato con loro?»

Betty sbuffò, e i pendenti di turchese ondeggiarono. «Non prenderei mai il loro denaro sporco. A dire la verità, vorrei che non fosse successo niente di tutto ciò.»

«Lo vorremmo tutti.» Jack sollevò i piedi dalla moquette appiccicaticcia e si sedette su uno sgabello. «Betty, ricorda quel ragazzo che abbiamo interrogato qui?»

«Quello di colore? Quello che se l'è squagliata?»

«Sì.»

«Quello è Gemini. Danno ai bambini certi nomi strani, non le pare?» Poi gli fece un cenno con la mano solcata da una ragnatela di vene: non c'era nessuno nel locale, ma parve contenta quando Jack le si avvicinò al punto di consentirle di sussurrare. «Quel Gemini…» disse, afferrandogli il polso. «… I giornali dicono che le ragazze la prendevano, sa, la droga.»

«Sì.»

«Be', dovevano comprarla da qualche parte, non crede?» Si toccò il naso con aria di cospirazione e aggiunse: «E questo è tutto quello che posso dire». Pulì un bicchiere da bibita con un panno, lo esaminò e lo posò davanti a Jack. «Racconta che le porta solo in giro, ma io non sono cieca, so che dà a tutte la possibilità di fare le loro piccole… come dire… transazioni.»

«Joni lo conosce?»

«Certo.» Betty gli strizzò l'occhio e Jack osservò che la palpebra era lucida come il ventre di un martin pescatore. «Si fa sempre dare un passaggio da Gemini. Lei e anche Pinky, quando non viene con la bici.»

«Lei e chi

«La chiamavano Pinky, quando lavorava.»

«Intende Rebecca?» mormorò lui, stranamente imbarazzato.

«Sì. Adesso è un'artista. Si siede in quell'angolo del locale coi suoi colori, seria come non mai, senza dire una parola per interi pomeriggi.»

Improvvisamente il cane si alzò, ringhiando. Jack si girò in tempo per vedere la porta chiudersi e l'ombra di un uomo arretrare dietro il vetro smerigliato.

«Entra, tesoro, è aperto», gridò Betty, gettandosi il panno sulla spalla e uscendo da dietro il bancone. Aprì la porta e rimase immobile per un attimo, mordicchiandosi le unghie e fissando la strada, prima di rinunciare e richiuderla. «Uno dei soliti. Deve averla vista ed essersi convinto che è un giornalista.» Prese il bicchiere, pulì il bancone e lo posò su una salvietta nuova. «Oppure sapeva che lei è un poliziotto.»

Il pastore si sedette vicino alla stufa e si grattò l'orecchio con la zampa posteriore grigia, gli occhi socchiusi dal piacere.

Quando Jack uscì, le strade erano deserte. I marciapiedi si erano asciugati, ma gli alberi sgocciolavano ancora e i lombrichi strisciavano tra le crepe del selciato. All'improvviso si accorse di un'ombra sul marciapiede che lo seguiva allo stesso passo e del lieve cigolio degli ingranaggi di una bici. Si voltò.

«Salve, detective!»

Rebecca fermò la bicicletta e posò una lunga gamba sul cordolo, per mantenersi in equilibrio. Indossava un paio di pantaloncini marroni, una felpa larga color beige e aveva i capelli raccolti a coda di cavallo. Alla ruota posteriore era legata, con cinghie di canapa, una cartella di cuoio.

Jack infilò le mani in tasca. «È una coincidenza?»

«Non esattamente.» Il lillà sotto cui si trovavano le gocciolava sulla felpa, facendo sbocciare alcune macchioline nere. «Ho continuato a venire al pub, sa, chiedendomi se… e l'ho vista uscire.»

«Capisco», rispose lui, intuendo che aveva qualcosa da dirgli. «Si è ricordata qualcosa?»

«Be', sì.» Torse la bocca, come se intendesse scusarsi. «Ma probabilmente non è nulla. Probabilmente per lei è una perdita di tempo.» Le sue unghie bianche e forti armeggiavano con le cinghie di canapa. Jack si era quasi scordato quanto fosse bella.