Perlomeno fino a quel lunedì quando, alle dieci, la donna fece la sua solita comparsa alla stazione, avanzando a passo lento, con indosso il cappello e il soprabito delle migliori occasioni nonostante la torrida giornata estiva, e fece una dichiarazione tale da indurre il sergente di turno a sollevare subito il telefono. Il detective Basset, uno dei primi uomini del CID a raggiungere l'area industriale alcuni giorni prima, cancellò l'appuntamento col funzionario addetto ai rapporti con la comunità e invitò l'anziana donna nel suo ufficio.
La signora Frobisher si appollaiò sul bordo della sedia e guardò fuori della finestra il sole che illuminava la tenda a righe della latteria Mullins, su Royal Hill. «È bello qui, non le pare?» sospirò. «Veramente bello.»
«Grazie, anche a me piace molto. Dunque…» replicò Basset, sollevando le bustine del tè con un cucchiaio e gettandole nel cestino. «Signora Frobisher, il sergente di turno mi ha riferito che ha avuto altre scocciature. Vogliamo parlarne?»
«Sì, è sempre la solita storia, ma nessuno ha intenzione di fare qualcosa.» Si tolse i guanti, li ripose nella grande borsa di similpelle dello stesso colore fulvo e chiuse la zip. «Sono venuta qui tutte le settimane, puntuale come un orologio, ma finora non ho avuto la benché minima soddisfazione. Non vogliono ascoltarmi. Sono vecchia, ma non stupida… Ho sentito, sa, che mi chiamano 'vecchia strega'.»
«Sì, sì», rispose il detective porgendole la tazza di tè, «mi dispiace, signora Frobisher. Mi dispiace davvero. Il fatto è che, in passato, un paio dei nostri ragazzi è venuto a farle visita, e credo che si senta…»
«Solo per quella storia delle volpi! Questo periodo dell'anno è la stagione degli amori e di tutto il resto, ma che baccano che fanno! Sembrano donne che urlano. E la prudenza non è mai troppa, di questi tempi e alla mia età.» La donna prese la tazza di tè e la posò sulle ginocchia. «Quando il mio George era ancora vivo, ci tirava i mattoni, a quelle bestiacce. E saprebbe riconoscere la differenza tra il verso di una volpe e le urla di una donna.» Si sporse in avanti, contenta che l'uomo la stesse ad ascoltare. «Sa, detective, sono nata a Lewisham e ormai sono cinquant'anni che vivo in Brazil Street. Nonostante tutto, mi ci sono affezionata. Ho visto i bombardamenti dei crucchi, il consiglio comunale che ci ha messo le mani sopra, l'arrivo degli stranieri e ora degli speculatori edili. Hanno distrutto tutto ciò che amavo e costruiscono un palazzo dopo l'altro; edifici esagerati, trasformano tutto in loft e non so cos'altro ancora…»
«Signora Frobisher…» la interruppe Basset, posando la tazza di tè sul notes e sedendosi di fronte alla donna. «Lei, nella sua dichiarazione, parlava di un vicino. È esatto?»
«Quello là!» L'anziana signora reclinò la testa, increspando le labbra. «Sì, anche lui… come se non avessi abbastanza preoccupazioni!»
«Mi racconti di lui. È il proprietario dell'appartamento al pianterreno?»
«Sì, l'appartamento è suo. Non che ne abbia particolarmente cura… Diamine, non è mai a casa!»
«Occupa l'appartamento da molto tempo, vero?»
«Da anni, ormai. Si è stabilito lì subito dopo la morte del mio George. Non feci in tempo a seppellirlo che mio figlio decise che quel posto era troppo grande per me, contattò i membri del consiglio, i progettisti, l'azienda del gas e non so quale altra gentaglia. Demolirono la scalinata, crearono un ingresso su un lato della casa e costruirono una di quelle orrende tettoie per auto, in stile americano, che tuttora non posso sopportare. Dopodiché vendettero l'intero piano a quell'uomo: il gatto e io, neanche fossimo due lebbrosi, fummo costretti a trasferirci di sopra.»
«Quindi l'entrata del suo vicino si trova sul lato della casa.»
«Sul retro, sotto la tettoia. Anche il giardino è diventato di proprietà di quell'individuo. Non che lo curi…» La donna sospirò di nuovo e scosse il capo. «Come potrebbe, visto che non è mai a casa? Di questo passo, entro luglio sarà pieno di erbacce. Ma anche se ne avesse cura, a cosa servirebbe? Chi vorrebbe sedersi là fuori con quel fracasso, la polvere e il martellare continuo? E quando non c'è baccano, ci sono le urla e gli schiamazzi per strada. Non c'è niente da fare, niente…»
«Certo, certo, le credo», annuì Basset. «Vogliamo invece concentrarci su ciò che ha raccontato al sergente a proposito del suo vicino?»
«Penso che quell'uomo abbia lasciato di nuovo il congelatore staccato. Sapesse che odore! Scommetto che non ha mai sentito un tale odore, detective. Di qualsiasi cosa si tratti, non è certo salutare. Non appena è arrivato andava tutto bene, teneva in ordine ogni cosa. Invece ora sta fuori casa per giorni e giorni senza preoccuparsi di niente. E per forza», esclamò con enfasi, battendo sul tavolo un dito deformato dall'artrite, «che tutto va a rotoli. Chiunque penserebbe che si tratta di un professionista, di una persona a modo.» La donna posò la tazza sulla scrivania di Basset e tolse lo spillone del cappello, come se ormai si sentisse completamente a proprio agio. «Mi spiace solo per i suoi pazienti.»
«È un medico?»
«Forse non è proprio un dottore, ma ha a che fare con la medicina, almeno così dice mio figlio. Dev'essere uno importante, a giudicare dall'automobile e dalle sue due proprietà. Ma ciò non toglie che sia un tipo strano. Il modo con cui trascura la casa…»
«Ma c'è qualcos'altro che ha destato le sue preoccupazioni, vero, signora Frobisher?» le suggerì Basset. «Non ha forse parlato al sergente di alcuni animali?» Il detective tacque per un istante. La donna lo stava guardando di sottecchi. Per un attimo Basset si chiese se l'agente di guardia non avesse capito male, se non si trattasse di un errore. «Non ha forse accennato al fatto che in questa storia sono coinvolti anche degli animali?» ritentò. «Non ha parlato di maltrattamenti?»
«Ah, sì.» Finalmente l'anziana signora capì. «Sì, c'è anche quello. Non se ne occupa come dovrebbe. Ne ho trovati due, morti, nel bidone delle immondizie all'esterno della casa. Avevano tutta l'aria di essere morti di fame.» Sorseggiò un po' di tè e sospirò. «È buono, questo tè. Dicono che non si può fare un buon tè con le bustine, ma in questo caso non sono assolutamente d'accordo.»
«Signora Frobisher», proseguì il detective con un sospiro, cercando di calmarsi. «Signora Frobisher, stiamo parlando di uccelli? Sono uccelli quelli che ha visto nel bidone?»
«Certo, è quello che ho detto», rispose, e lo guardò come si guarda qualcuno un po' tardo. «L'ho già detto, si tratta di uccelli.»
«Che genere di uccelli? Grandi o piccoli? Piccioni? Corvi?»
«Oh, no, no. Piccoli…» Allargando le dita artritiche la donna indicò una lunghezza di circa cinque centimetri. «Uccellini che uno potrebbe tenere in gabbia, se non avesse un gatto di cui preoccuparsi. Con piume rosse. Anzi, rossicce.»
«Potrebbe trattarsi di fringuelli?»
L'anziana signora tacque. Le cateratte, bianche come l'albume, vagarono nei suoi occhi. «Sì, ecco. Fringuelli. Ci scommetterei quello che vuole.»
«Bene.» Basset si asciugò la fronte. «Bene», ripeté. Si sporse in avanti e mise le mani sul tavolo. «Se la sentirebbe di raccontare questa storia a uno dei miei colleghi?»
«Questo suo collega farà qualcosa per risolvere la situazione?»