«Stronzate.»
«Naturalmente l'hai sempre saputo. Quando ti ho detto che un negro gironzolava nella zona degli omicidi, eri felice come una pasqua.»
Diamond s'infilò le mani in tasca e scosse la testa. «Non è quello che ricordo io, amico. No, non è proprio quello che ricordo.»
L'agente Smallbright, della stazione di polizia in Vine Street, si sentiva di buonumore. Era un uomo attraente e in più era innamorato. In quella bella, limpida giornata, il sergente aveva concesso loro d'indossare le camicie con le maniche corte sotto le divise fluorescenti degli addetti al traffico. E tutti e dieci i poliziotti si trovavano in quel momento sul London Bridge, con le camicie bianche che sventolavano nella brezza tiepida. Com'era bello essere vivi, pensò Smallbright, mentre si abbassava per guardare attraverso il finestrino della Cobra verde.
«Buongiorno, signore.» Il colorito terreo del conducente non impedì al poliziotto di continuare a sorridere. Bussò gentilmente sul finestrino. «Potrebbe…» Il finestrino si abbassò e la ventata di aria fredda, viziata, e la faccia giallastra lo fecero esitare. Si morse un labbro. «Mi scusi se la fermo, signore, ma stiamo effettuando un controllo. Semplice routine: diamo solo un'occhiata in giro, d'accordo?»
Interpretando il silenzio come un assenso, Smallbright si portò sul retro della Cobra, mentre uno strano senso di malessere gli serrava lo stomaco. Era strano, però sembrava proprio che quell'uomo al volante stesse piangendo.
Maddox appoggiò la fronte al vetro della finestra e sospirò. «Mi sto chiedendo che cos'ho fatto per meritarmi questo. Finirò per rimetterci le palle io, non Diamond.»
«Crede che si sia inventato gli interrogatori sul posto?»
«Tu che ne pensi?»
«Penso che dovremmo controllare. Se Gemini è rimasto a marcire in quella cella per tutto questo tempo a causa di una deposizione falsa…»
«Non dirlo, Jack. Non dirlo…»
Harteveld stava seduto, immobile come un sasso, mentre il poliziotto controllava il retro della Cobra, passava le dita lungo il paraurti, intorno ai fanali. Non sudava più. La luce del sole si rifletteva sull'acqua e sulle vetrate degli edifici. A nord del fiume scorse alcune nuvole che salivano verso il cielo sopra la cupola di Saint Paul, come se uno spirito stesse lasciando un corpo. Vapore che si sarebbe riformato in un altro strato dell'atmosfera, mescolandosi con altro vapore, cristallizzandosi, liquefacendosi per ricadere poi sulla Terra. Più puro. Incontaminato come il diamante.
«Chi è il 160?» gridò Jack agli addetti al ricevimento dati e ai detective presenti nella stanza. Era in maniche di camicia, una mano posata sulla scrivania, gli occhi fissi sul monitor. Un cursore lampeggiante in cima allo schermo evidenziò il messaggio: RECORD BLOCCATO PORTA 160. Qualcun altro nella stanza aveva aperto il file, negandogli l'accesso.
«Ho detto: chi è il 160?»
Sopra pile di moduli blu e di dossier color pelle, una dozzina di sguardi imperturbabili si rivolsero verso di lui. Nell'angolo, vicino alla stanza dei reperti, solo una persona non aveva sollevato lo sguardo.
La testa di Diamond, china sul monitor, sembrava brillare. Sopra il monitor, su una striscia di Dynotape blu, c'era il numero 160.
Caffery e Maddox attraversarono la stanza.
«Che cazzo stai facendo?»
Diamond li guardò con occhi miti. «Sto semplicemente inserendo alcune cose.»
«Quello è compito di Marilyn.»
«Oops», esclamò lui, allontanando la tastiera. «Mi dispiace, spero di non aver incasinato niente.»
«Non ho voglia di passare la giornata… a parlare di menzogne e mistificazioni…» mormorò Maddox.
«Certamente, signore.»
Ma più tardi, quando la Kryotos controllò HOLMES, scoprì che i numeri civici delle case esaminate erano stati cancellati o non erano mai stati inseriti.
«Detective Diamond?» Maddox lo trovò coi piedi sulla scrivania nella stanza dei reperti.
«Signore?»
«Devo parlarti.»
Jack rimase in corridoio, guardando Maddox mentre apriva la porta dell'ufficio della squadra F, posava la mano sulla schiena di Diamond, lo spingeva gentilmente all'interno e si chiudeva la porta alle spalle con un leggero scatto.
Quando l'agente Smallbright ritornò, fu sbalordito dal cambiamento. Pareva che una mano invisibile fosse calata sul volto dell'uomo al volante, spianandogli tutte le rughe con la stessa facilità con cui si spiana una striscia di sabbia. Adesso quel viso esprimeva un'unica emozione: pace. Gli occhi fissavano un punto lontano, dall'altra parte del fiume.
«Lo sapeva che ha uno stop rotto, signore?»
«Davvero?» Harteveld aprì la portiera e uscì, estendendo il suo lungo, pallido corpo al sole. Rimase in silenzio, gli occhi chiusi, il viso rivolto al cielo, come se non avesse mai sentito il sole sulla pelle. Il vestito gli andava largo e le mani che penzolavano dalle maniche parevano due battagli di vecchie campane.
«Signore?»
«Sì.»
«È soltanto uno stop rotto. Niente di grave. Ha uno stop rotto.»
«Sì, certo. E, per favore, tenga in considerazione le ragazze morte.»
«Signore?»
«Dica loro cos'ho fatto, sia gentile.»
Smallbright lanciò un'occhiata nervosa al sergente, appoggiato al finestrino anteriore di una Mazda, poi si voltò di nuovo verso Harteveld. «Vuole dirci qualcosa, signore?»
«No, grazie… Molto gentile da parte sua, ma penso che ora me ne andrò.»
Smallbright non aveva mai visto nulla di simile a ciò che accadde di lì a poco. «Il fiume non era mai stato così bello, azzurro e luminoso», riferì in seguito. «Ma quell'uomo sembrava un cadavere… Sembrava proprio un morto: era giallastro, come latte andato a male…»
E mentre Harteveld individuava le coordinate del luogo della sua morte, due uomini non molto più giovani di lui, cinque macchine indietro, intuirono simultaneamente ciò che solo lui, Harteveld, sapeva. Si trovava al di fuori della loro zona operativa, ma Betts comprese l'emergenza.
«Vai, vai, vai!»
Schizzarono fuori dell'auto, facendo scappare i passanti, che si scostarono, impauriti, davanti a quei due uomini in completo scuro e occhiali da sole, con l'aria tesa e le cravatte che sventolavano. I due coprirono i cento metri fino al ponte in meno di venti secondi, ma Harteveld, pur muovendosi lentamente, mantenne il vantaggio. Si era reso conto della presenza di quegli uomini, ma la sua unica reazione fu un piccolo cenno del capo, come se avesse udito qualcosa di vagamente interessante. Superò il parapetto inferiore del ponte senza quasi perdere il ritmo, poi, come se il passo verso il nulla non fosse diverso da tutti gli altri, avanzò nell'aria tersa e scomparve.
Smallbright gridò. I due detective aggirarono la testa della colonna di auto e si precipitarono verso il parapetto. Smallbright corse verso di loro e li raggiunse alcuni secondi dopo. I tre uomini rimasero lì, ansimando, mentre, quindici metri più sotto, il volto impassibile di Toby Harteveld si scontrava con l'acqua. Poi l'uomo, assurdamente somigliante al ventre di un pesce giallo, si voltò, si contorse e mosse di scatto le braccia due volte, in modo meccanico, come un pupazzo. Infine si girò sulla schiena e scomparve sotto l'acqua verde.
34
«Stai bene?» chiese Maddox a Jack più tardi, in ufficio.
«Sono solo stanco.»
«Riguardo a quello che è successo, tuo fratello…»
«Forse ora riapriranno il caso.»
«Ti posso dare un congedo per gravi motivi familiari. Fino a due settimane, se vuoi.»
Jack annuì. «Grazie.»
«Quando vuoi che…?»
«No. Non intendo accettare.»
«D'accordo», rispose Maddox, giocherellando con un fermacarte. «Avrei preferito me lo dicessi. Avremmo potuto fare qualcosa.»
«Vorrei invece che lei facesse qualcosa per sistemare Mel Diamond.»