Fuori l'atmosfera era tiepida e dolce, la sera era satura del profumo del gelsomino in fiore nel giardino del vicino. Era tutto finito. Harteveld era morto, si trovava in un obitorio da qualche parte, e lei poteva smettere di provare quell'ansia irritante. La strada aveva il solito aspetto; gli insetti sciamavano sotto le luci gialle dei lampioni, le palme nel giardino accanto mandavano un sentore di palude, tanto che quasi ci si aspettava di udire il canto delle cicale. Non c'era nulla d'insolito. Una macchina che non conosceva… Aveva qualcosa di francese… Una Peugeot forse… Vuota.
Probabilmente, quella sera stessa, avrebbe proposto a Michael di montare un sistema d'allarme in casa. Dato che lui, in quel periodo, lavorava fino a tardi, si sarebbe sentita più al sicuro. Oppure gli avrebbe chiesto di prendere un cane. Percorse i pochi metri fino alla sua Fiesta. Quella era una buona idea. Un cane.
La macchina era ancora calda per la giornata di sole e l'interno mandava un odore acre. Il marito aveva l'abitudine di lasciare il kit da cricket nel bagagliaio per giorni interi. «Ti ucciderei, Michael», mormorò lei, armeggiando con le chiavi. Gli avrebbe fatto tirare fuori il kit prima di andare a dormire, gli avrebbe ricordato che lavoravano tutti e due e che anche lui doveva fare la sua parte in casa.
Si mordicchiò l'interno della guancia e si allacciò la cintura di sicurezza. Sì, un cane era una buona idea. Un boxer o magari un dobermann. Qualcosa di grosso. Di muscoloso. L'avrebbe portato a fare jogging con lei, così magari i camionisti sulla Trafalgar Road ci avrebbero pensato due volte prima di gridarle dietro. Grazie alla luce del lampione trovò la chiave d'accensione, avviò il motore e controllò lo specchietto. Sul sedile posteriore, un uomo si raddrizzò e le sorrise.
39
La mattina seguente, il corpo di Harteveld fu ripescato dal fiume a Wapping e portato a Greenwich per l'autopsia. Nel contempo, i suoi avvocati, Schloss-Lawson e Walker, portarono all'AMIP la cartella delle proprietà del loro cliente. Maddox e Jack diedero un'occhiata e trovarono immediatamente quello che cercavano.
«Un mandato per Halesowen Road?»
Maddox annuì. «E quand'è l'autopsia della Jackson?»
«Questo pomeriggio, dopo quella di Harteveld.»
«Bene, tu ti occupi della Jackson. Incaricheremo la Quinn e Logan di occuparsi dell'appartamento.»
Quando Jack arrivò all'obitorio di Devonshire Street, Peace era già stata sottoposta ai raggi X e l'esame esterno era ormai completo: fotografie, analisi di capelli e fibre, tamponi anali, orali e vaginali. Una tecnica della sala settoria consegnò a Jack una mascherina e dell'olio di canfora.
«Il suo cellulare», mormorò, «se non è già…»
«Naturalmente. Naturalmente.» Jack spense il telefonino, si appoggiò alle inferriate e guardò giù, nella sala settoria.
«Buongiorno, signor Caffery.» Krishnamurthi, col suo grembiule pulito, non sollevò lo sguardo. Stava effettuando l'incisione coronale mastoidea: tagliava la testa di Peace da orecchio a orecchio. «Vedo che le è toccato il compito peggiore.»
«Già.»
«Ho saputo che quel signor Harteveld che mi sono trovato sul tavolo stamattina è lo stesso signor Harteveld che mi ha tenuto occupato in queste ultime settimane.» Afferrò il cuoio capelluto tra il pollice e l'indice e lentamente lo scorticò, esponendo il cranio pieno di sangue coagulato. «O sbaglio?»
«È così. Abbiamo l'ora della morte della Jackson?»
«Non sono un entomologo, ma può verificare quando vuole», rispose il medico, indicando una serie di fiale sul bancone laterale. «Credo troverà i soliti sospetti: ditteri e calliforidi, primo o secondo stadio, su bocca, naso e vagina; e poi, sulle ferite, sarcofagidi, mosche della carne ancora allo stadio larvale. Comunque, se le interessa davvero tanto, c'è il verbale…»
«No, basta così. È come le altre?»
«Proprio così, signor Caffery», rispose Krishnamurthi. «È assolutamente identica alle altre.»
A meno di un chilometro di distanza, Susan Lister si svegliò. Un uccello stava cantando e una luce giocava con la rete delle vene nelle sue palpebre. Una risata, proveniente da un televisore. Pensò di essere a letto, a casa, finché non sentì l'odore di urina, e si rese conto di avere l'interno delle cosce bagnato. Poi ricordò.
Un trapano gemeva accanto alla sua tempia. Un trapano o una sega elettrica?
Aprì gli occhi e tentò di mettersi a sedere. Per qualche istante, si dimenò, battendo la testa: qualcosa la teneva imprigionata. Allora rinunciò e rimase sdraiata, immobile, il cuore che le martellava nel petto.
Non attirare l'attenzione, Susan. Aspetta un momento. Rifletti, prima.
Si umettò le labbra irritate e si guardò intorno. Studiando l'ambiente.
Era sdraiata su un tappeto di corda in una stanza illuminata da un neon.
A un metro da lei, sotto un divano di velour marrone, scorse alcune ciocche di capelli e carte di cioccolatini. Uno strato sottile di polvere grigia ricopriva il tutto: adesso lo sentiva, sabbioso, in bocca e sulle ciglia. L'aveva sistemata su un fianco, mani e piedi legati dietro la schiena, immobilizzati sotto le natiche da qualcosa di resistente. Sembrava una corda di nylon. Ma la cosa peggiore – e, nel pensarla, ebbe un tuffo al cuore, perché quel dettaglio le diceva di più di quello che avrebbe voluto sapere sull'aggressione – era un'altra: lei era nuda.
L'avrebbe violentata.
Oh, Dio mio, no! Inspirò profondamente e cercò di non urlare. Forza, Susan, si disse poi. Mantieni la calma, pensa in modo logico: Harteveld è morto. Questa è una violenza carnale e tu hai sempre detto che avresti superato uno stupro, se l'avessi subito… Lo hai letto tante volte: sopravvivrai se non reagisci, se ti adegui a tutto ciò che ti dice lui e annoti mentalmente ciò che senti e vedi. In modo chiaro. Tutto quanto. D'accordo? Adesso… Pronta?
Fece quattro respiri profondi e sollevò lo sguardo.
La stanza, dal soffitto alto, aveva due porte a pannelli. Un camino, curvo sui tre lati – doveva essere una ristrutturazione -, era fiancheggiato da scaffali in finto legno, contenenti libri rilegati, testi tecnici di qualche sorta. La risata in lontananza veniva da un televisore cui era stato abbassato il volume. Stavano trasmettendo un episodio di Vita da strega. Probabilmente si trattava di un canale via cavo, il che limitava il numero delle strade in cui poteva trovarsi. Per un istante si rincuorò. Ma poi vide ciò che era appeso alle pareti e le sfuggì un grido.
Fotografie, strappate da riviste pornografiche; atti che non avrebbe mai concepito, nemmeno nelle sue fantasie più oscure. Una mostrava un bambino che veniva sodomizzato.
Cominciò a tremare.
Susan! Susan. No… Non farti prendere dal panico. Se cadi in preda al panico potresti morire. Distaccati. Sii imparziale… Sii una spettatrice. Sii spettatrice.
Ma la sua mente fiduciosa si stava indebolendo. Ruotando la testa in su e all'indietro scorse, sparpagliati sul pavimento a circa mezzo metro di distanza, sette od otto libri. Alcuni erano aperti, altri chiusi, i titoli erano impressi in rilievo in oro opaco.
Appletown e Lange – lesse, concentrando lo sguardo -, Appleton e Lange. Preparazione all'esame di tecnica chirurgica. E, accanto a quello: Atlante di chirurgia plastica cranio-facciale, Procedure chirurgiche palliative del carcinoma non resecabile, Biopsia mammaria.
La paura s'insinuò più profondamente nel suo petto.