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Alle quattro e mezzo, Jack finalmente si addormentò. Ma il sonno fu leggero, agitato. Alle cinque e mezzo era già di nuovo sveglio.

Rimase disteso a fissare il soffitto, a pensare ai cinque cadaveri di Devonshire Drive.

Le ferite avevano un'importanza particolare per il killer: i segni sulla testa – le aveva forse obbligate a indossare qualcosa? Una maschera da bondage? – mancavano solo sulla vittima numero quattro. Nessuna delle donne era stata stuprata, non c'erano segni di penetrazione forzata – anale, orale o vaginale -, eppure, usando uno Spex, Krishnamurthi aveva identificato tracce di sperma sull'addome. Considerando le mutilazioni inferte al seno di tre donne e l'assenza di vestiti, Jack sapeva che stavano cercando un mostro della natura, un serial killer ossessionato dal sesso, ormai troppo malato per fermarsi. Ma ciò che gli si era impresso più vividamente nella testa, che gli era impossibile scacciare, erano quelle cinque sagome insanguinate sul fondo della bacinella d'acciaio. Lo seguivano, ovunque andasse.

Quando capì che non si sarebbe più riaddormentato, si fece una doccia, si vestì e, senza svegliare Veronica, guidò per una Londra avvolta dai primi chiarori dell'alba, fino al quartier generale della squadra B.

La squadra, talvolta chiamata anche Shrivermoor dalla strada in cui aveva la base, divideva col TSG, il Territorial Support Group della zona 4, una palazzina di mattoni rossi. La facciata dell'edificio era anonima, ma le statistiche degli incidenti stradali mortali appese in una bacheca esterna avevano indotto i cittadini a credere che si trattasse di una centrale di polizia. Alla fine, sul muro accanto all'ingresso del garage, era comparso un cartello che invitava il pubblico a non portare in quell'edificio il suo bagaglio di problemi quotidiani. Rivolgetevi a una normale stazione di polizia, ce n'è una proprio in fondo alla strada, si leggeva.

Quando Jack arrivò, il sole era già spuntato dietro le case a schiera, che risalivano agli anni '30, e i bambini, sulle Volvo dei genitori, venivano portati a scuola. Jack parcheggiò la Jaguar… Un'altra cosa che Veronica desiderava cambiare. Lei avrebbe preferito un modello più nuovo ed elegante.

«Potresti venderla, prenderne una veramente bella.»

«Ma io non voglio una macchina veramente bella. Voglio quella che ho.»

«Allora lascia almeno che la pulisca.»

Estrasse la tessera d'accesso e salì le scale, oltrepassando i quindici Ford Sherpa blindati del TSG, parcheggiati in mezzo all'olio che avevano perso. Nelle stanze dell'AMIP le lampade fluorescenti erano accese: quattro addette al database, tutte donne, tutte civili, sedevano alle loro scrivanie, intente a battere sulle tastiere.

Trovò Maddox nell'ufficio, reduce dalla colazione col commissario capo al Chislehurst Golf Club. Di fronte a una tazza di Earl Grey e a un piatto di focaccine integrali, il commissario aveva elaborato un piano.

«Ha imposto il silenzio stampa», spiegò Maddox, che appariva stanco. Probabilmente non aveva dormito. Le sue labbra erano incolori. «Qualsiasi agente o impiegata di sesso femminile che non si senta di lavorare al caso può chiedere il trasferimento…» Raddrizzò una matita in modo che fosse allineata con gli altri oggetti sul tavolo. «Inoltre c'invierà rinforzi: l'intera squadra F è già piombata qui da Eltham.»

«Due squadre su un caso?»

«Sì. È preoccupato. Veramente preoccupato. Non gli piacciono gli intervalli sempre più brevi di cui ha parlato Krishnamurthi. E…»

«Sì?»

Maddox sospirò. «Il capello che Krishnamurthi ha prelevato da quella ragazza, quello nero

«Ne ha trovati anche alcuni biondi. Con le puttane, i reperti sono sempre fuorvianti.»

«Giusto, Jack, giusto. Ma il capo ha la fobia del caso Lawrence: vede solo i gruppi per i diritti umani che agiscono nell'ombra, le lamette infilate nella sua posta…» Bussarono alla porta e Maddox vi si avvicinò con un'espressione cupa sul volto. «Non desidera assolutamente che il nostro bersaglio sia di colore.»

«'Giorno, signore.» Il sergente Paul Essex, con la sua solita aria bonariamente trasandata – la cravatta allentata, le maniche arrotolate che gli lasciavano scoperti i possenti e rossi avambracci -, stava sulla soglia con un registro arancione in mano. «Il NIB.»

«Le impronte digitali?»

«Sì», rispose Essex, scostandosi dalla fronte arrossata una ciocca dei sempre più radi capelli biondi. «La vittima numero cinque ha avuto l'accortezza di farsi schedare come prostituta. È una certa Shellene Craw.»

Jack aprì il registro. «Queste sono state schedate come prostitute.» Sollevando lo sguardo verso Maddox, osservò: «Strano che non siano mai state segnalate fra le persone scomparse, non le pare?»

«Ciò significa che chi conosceva intimamente la Craw avrà molto da spiegarci sulla faccenda.»

«Si tratta, per l'esattezza, di un certo, hmm… Harrison», rispose, porgendogli il registro. «Barry Harrison. Vive a Stepney Green.»

«Che ne diresti di metterlo in cima alla lista della spesa di oggi?» propose Maddox.

«Sicuro.»

«Essex, in questo caso sei stato incaricato di gestire i rapporti con le famiglie, o sbaglio?»

«Non sbaglia, signore. Scelto appositamente per il mio tatto.»

«Allora, è meglio che tu vada con Caffery. Qualcuno potrebbe aver bisogno delle tue dolci spalle su cui piangere.»

«Certamente. E, signore, è arrivato questo…» aggiunse, porgendo a Jack una lunga striscia di moduli stampati al computer. «Da Scotland Yard. Il nome dell'operazione: Alcatraz.»

Jack prese i fogli, accigliato. «È uno scherzo o che?»

«No.»

«Be', contattali e fa' in modo che lo cambino. Non va bene.»

«Perché?»

«Ricordi il film Birdman of Alcatraz, quello con Burt Lancaster? Non hai letto il verbale preliminare dell'esame autoptico?»

«Non ancora.»

Maddox sospirò. «L'assassino ha lasciato un piccolo dono, insieme con le vittime.»

«Dentro le vittime», lo corresse Jack, incrociando le braccia. «Dentro la gabbia toracica, cucito accanto al cuore.»

L'espressione di Essex cambiò. «Ma è disgustoso», disse, guardando prima l'uno poi l'altro, in attesa che proseguissero. Maddox, allora, si schiarì la voce e fissò Jack, ma nessuno dei due parlò.

«Allora?» Essex aprì le braccia, deluso. «Di che si tratta? Di che cosa stiamo parlando?»

«Di un uccello», rispose Jack. «Piccolo. Un uccellino, probabilmente un fringillide. Ma l'informazione non deve uscire da queste mura, intesi?»

5

Alle dieci, il NIB aveva identificato un'altra donna in base alle impronte. La vittima numero due era una certa Michelle Wilcox, una prostituta di Deptford. La sua scheda fu trasferita da Bermondsey a Shrivermoor quel mattino, mentre Caffery ed Essex stavano percorrendo il tunnel Rotherhithe per andare a interrogare l'amico di Shellene Craw. Era una giornata limpida e frizzante. Persino l'East End che si lasciavano alle spalle pareva vivo, i miseri e sudici alberi londinesi verdi di fogliame.

«Questo Harrison… So che tu non credi sia l'assassino…» esordì Paul Essex. Si trovavano tra le querce di Stepney Green e, guardando oltre una fila di case georgiane di mattoni gialli – dipinte da poco, orgoglio dei loro proprietari, tutti operatori finanziari -, osservavano l'abitazione popolare vittoriana di mattoni rossi di Harrison, annerita da anni d'inquinamento e ormai priva di qualunque parvenza di rispettabilità.

Jack fermò l'auto e tirò il freno a mano. «Ovviamente non lo credo.»

«Allora, che ne pensi?»

«Non penso niente.» Jack chiuse il finestrino, scese dalla macchina e, quasi sul punto di chiudere la portiera, esitò, infilando nuovamente la testa nell'abitacolo. «L'assassino possiede un'auto, questo è sicuro.»