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Quella donna lo rendeva nervoso: non faceva che lamentarsi, rovistare in giro e spiarlo. La festa di compleanno sarebbe stata molto più sicura al bungalow, ma non poteva rischiare il viaggio in auto. Non con Joni sanguinante e instabile com'era. Staccò il telefono e prese a gonfiare i palloncini.

Jack era di nuovo in preda a quel senso d'incontenibile urgenza: la dottoressa Amedure se ne accorse non appena s'incontrarono nell'atrio. Gli prese la cartina per sigarette piegata che teneva in mano e chiese: «Si sente bene?»

«Sì, sto bene.»

«Cosa mi ha portato? Deve compilare il modulo di richiesta.»

«Può confrontarli col capello dell'ultima autopsia?»

«Forse. Ma prima compili il foglio, e questo dev'essere riportato a Shrivermoor.»

«Devo andare, ora. Quanto le ci vorrà?»

«Mezza giornata. Meno, se mi dimostra un po' di gentilezza.»

«Novità sul cemento? L'esame comparativo?»

«Ah», esclamò la donna, sorridendo. «Ne deduco che qualcuno non si è presentato al lavoro stamattina… Il CCRL ha ottenuto i risultati: li hanno comunicati per telefono a Marilyn Kryotos…» Ma Jack se ne era già andato, precipitandosi per le scale ed estraendo le chiavi dell'auto dalla tasca. «Compilerò io il modulo», mormorò la dottoressa Amedure mentre tornava all'ascensore.

Era ancora molto presto, ma Betty si trovava già al Dog and Bell. In sottofondo, il pastore tedesco abbaiava.

«Se n'è andata con quel tizio dell'ospedale. Sa, quello che le sbava dietro, che se ne sta seduto a bersi mezze pinte di birra.»

«Intende Malcolm?»

«Già, lui.»

Grazie a Dio.

«Avrà speso quaranta sacchi ieri a mezzogiorno. Le ha offerto non so quante bottiglie di Blue Nun, dopodiché lei era completamente partita. Ora delle tre, mi sa che non sapeva più come si chiamava. Perché si fa del male in quel modo, Pinky? Una ragazza tanto carina… Non ha senso.»

Lo vedi, maledetta paranoica che non sei altro? pensò Rebecca. Joni è semplicemente Joni.

Al piano di sopra, tra i fazzoletti e i semi di marijuana avvolti nella trapunta di Joni, trovò l'organizer nero e argento di Kookaï: una serie di pagine malconce e scarabocchiate, cuori e facce sorridenti disegnati con colori pastello. Joni aveva ordinato gli amici per nome. Sotto la M, accanto al nome di Malcolm, aveva disegnato una faccina rosa, sbadigliarne, con una sfilza di Z nere che le uscivano dalla bocca.

Il telefono di Bliss era occupato. Anche Jack stava parlando: era scattata la segreteria. Rebecca mise giù il ricevitore e si sedette nello studio, fissando l'indirizzo e il numero di telefono di Malcolm, ripetendosi di aspettare e di lasciar perdere, finché non riuscì più a starsene con le mani in mano.

Poi si alzò di scatto e andò nella sua stanza. «Hmm…» mormorò, mentre indossava un paio di pantaloni corti, una T-shirt e le scarpe da ginnastica. «Sei sempre la stessa. Non riesci proprio a trattenerti, eh?»

Una volta sulla Jaguar, Jack compose il numero di Shrivermoor sul suo Nokia e rimase in ascolto. Era fermo a un semaforo, dietro il parabrezza appannato, il telefono premuto all'orecchio e lo sguardo assente, fisso sul ritratto accanto a lui, posato sul sedile del passeggero.

Joni era sullo sfondo, sul palco, con le braccia sollevate e la testa lievemente abbassata; dietro di lei, si scorgevano il sipario e le finestre del pub. E in primo piano, nel centro, con le labbra lievemente aperte, un viso. Un profilo fece sussultare Jack.

Afferrò il dipinto e lo inclinò verso il finestrino. Quella faccia – quei brutti denti, curiosamente distanti, simili a quelli di un bambino tra una dentizione e l'altra – gli era familiare. Io ti conosco, ti conosco… Conosco la voce che esce dalla tua bocca, ti ho parlato, ho stretto la tua mano…

«Pronto? Archivio.»

Posò rapidamente il dipinto e si raddrizzò sul sedile. «Sì, Marilyn, ciao, Marilyn.»

«Jack… Dio mio, Maddox ha fatto il diavolo a quattro. Che razza di stupido, sei: hai perso la riunione della mattina!»

«Lo so, lo so. Fagli le mie scuse. Ascolta, piuttosto: sono arrivate telefonate dagli Stati Uniti stamattina?»

«Sono la tua fatina buona, Jack, non dimenticartelo: me ne sono occupata mentre tu ti trovavi ancora nel mondo dei sogni.»

«E allora?»

«Non viene venduto al dettaglio nel sud, e a Londra c'è solo una ditta che usa quel prodotto: la Korner-Mackelson. Ho parlato con la loro loquace segretaria: hanno un cantiere giù, vicino a Belmarsh, uno a Canning Town e uno a Lewisham.»

«A Lewisham?» Jack lanciò un'occhiata al semaforo. «Bene. Dove, a Lewisham?»

«Alla periferia di Greenwich, a Brazil Street. Alla fine di Blackheath Hill. Un vecchio edificio scolastico. Lo stanno riadattando per ricavarne dei loft.»

Il semaforo stava per diventare verde. Jack tolse la freccia a sinistra e sterzò bruscamente davanti a una macchina. Qualcuno suonò il clacson. «Marilyn? Sei ancora lì?»

«Come sempre.»

«Di' a Maddox da parte mia che arriverò tardi. Lo farai, vero? Starò via circa mezz'ora…E fagli le mie scuse, capito?»

Quel giorno, Greenwich le ricordava Parigi. Le auto schizzavano sulle gambe dei passanti, i negozi avevano i tendoni a righe blu abbassati e i negozianti osservavano la strada da dietro le vetrine, le facce illuminate da una strana luce verde, tropicale. Pedalava veloce, come se potesse liberarsi della sua ansia pungente espellendola col sudore.

A Lewisham il traffico era intenso, ma le fu facile trovare Brazil Street. I muratori, riparati sotto i ponteggi eretti intorno alla vecchia scuola, la salutarono con fischi di approvazione quando la videro passare in T-shirt e calzoncini. Becky lasciò la bicicletta nel parcheggio del numero 34, accanto alla Peugeot di Bliss. Suonò il campanello e rimase in attesa, ascoltando il ticchettio della pioggia sulla tettoia di plastica.

«Sì?» Bliss batté nervosamente le palpebre quando aprì la porta d'ingresso e se la ritrovò davanti. «Sì? Che vuoi?»

«Joni.» Rebecca si asciugò la faccia e guardò oltre le spalle dell'uomo, nell'appartamento. Un solitario palloncino verde, simile a un fantasma, fluttuava nel corridoio. «È qui? Voglio parlare con Jo…»

«Sì. Ti ho sentito. Cosa ti fa pensare che sia qui? Eh?»

«Non so… Talvolta finisce qui da te… Quand'è sbronza…»

«Hmm…»

«Ascolta, Malcolm…» disse lei, scuotendo la testa, esasperata. «È importante. Sai dov'è andata?»

«Pinky…» mormorò lui, muovendo la lingua sotto le labbra carnose, come se stesse masticando qualcosa. Poi si chiuse bene il cardigan, coprendo lo stomaco prominente, e proseguì: «Sai perfettamente che Joni non ha tempo per me».

«Va bene.» La ragazza sollevò le mani e si girò. Il suo vittimismo la irritava. «D'accordo, scusami. Se la vedi, dille di chiamarmi. È importante.»

Stava per appoggiare il piede sul pedale della mountain bike quando percepì che Bliss, sulla soglia, la stava ancora osservando. Allora sollevò lo sguardo. «Sì?»

«Io…» borbottò lui, lanciando un'occhiata furtiva alla strada, «…io non ho detto che non è qui. Non ho detto questo.»

Rebecca aggrottò le sopracciglia. «Scusa?»

«Hai frainteso quello che ho detto.» Bliss arretrò di un passo e indicò il corridoio. «Sta ancora dormendo. Entra, le dirò che sei qui.»

Rebecca riappoggiò lentamente la bici al muro. Dio mio, Malcolm, sei la persona più stramba che conosca. Davvero. E tornò verso la porta, scuotendo il capo.