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«Ciao», gli sussurrò.

Diamond lasciò cadere le chiavi e scattò all'indietro, contro l'auto, farfugliando e strabuzzando gli occhi per il dolore: l'ometto gli stava stringendo con violenza i genitali.

«Piano, piano… o ti farai male», mormorò l'aggressore, gli occhi gialli a pochi centimetri dal volto dell'altro.

«Sono della polizia. Polizia…» Lottò con la mano dell'uomo, cercando di liberarsi, ma la sega si accese improvvisamente e si appoggiò sulle sue nocche. Non andò in profondità, ma il sangue prese a zampillare. Diamond gridò, ritraendo di scatto le braccia. «Non ferirmi, non ferirmi… Sono un poliziotto.»

«Mi prometti di tenere ferme le mani? Mettile sopra la testa.»

«Sì, sì, sì.» Respirando affannosamente, il detective alzò le braccia. «Sì.»

«Dillo. Di': lo prometto.»

«Sì, lo prometto.»

«Giuralo sulla tua testa.»

«Lo giuro sulla… sulla…» Diamond prese a tremare. «Che cos'hai intenzione di farmi?»

«Sta' zitto.» Bliss gli lanciò un'occhiata furiosa. «Taci e basta.» Aveva gli angoli della bocca sporchi di saliva. Non poteva pulirseli: una mano stringeva l'impugnatura della sega, l'altra la carne molle dei genitali del poliziotto. I loro occhi erano alla stessa altezza e Bliss percepì il terrore gelido nel respiro dell'altro.

«Ascolta», mormorò Diamond, rabbrividendo. «Io non c'entro in questa storia. Non sono stato io a condurli qui. Non vogliono neanche che mi avvicini alla casa. È per questo che mi hanno lasciato da parte.»

«Chi prende le decisioni?»

«Le decisioni?» Diamond si umettò le labbra. «Le decisioni? Il nostro… il nostro…»

«Sì?»

Diamond esitò, un barlume di speranza negli occhi: sembrava che l'altro si fosse tranquillizzato. «Il nostro capo. Il detective Caffery. Jack Caffery.»

«Lui?» esclamò Bliss, scoprendo i denti macchiati. «Dov'è?»

«In fondo alla collina. Te lo indico?»

«Sarebbe gentile da parte tua.»

«Mi lascerai andare?»

«Vedremo. Per adesso dammi la tua radio.»

La pioggia si fece più intensa. Scorreva lungo la schiena di Jack e gli inzuppava le scarpe. I nuvoloni minacciosi avevano attraversato l'estuario e sembravano essersi fermati sopra la casa. Le finestre erano rimaste buie, chiuse.

«Rispondi al telefono, bastardo.»

Paul e Jack erano ben distanti, a metà del campo, la radio spenta. Raramente Jack si era sentito tanto inutile. Sapeva che Rebecca si trovava nel bungalow, e la sua immaginazione gli suggeriva una sfilza di possibilità terrificanti. Non poteva far altro che osservare gli uomini della squadra, i quali, in fondo al vialetto, divisi in gruppi, indossavano i guanti e si caricavano in spalla l'ariete rosso.

Paul si voltò. Il detective Diamond era fermo al margine del bosco, pallido e silenzioso, e faceva loro alcuni cenni.

«Ma guarda quel deficiente… Che diavolo vuole?» Velocemente, senza far rumore, corse fino agli alberi. «Che cavolo fai quaggiù?» sibilò.

«Da questa parte», sussurrò Diamond, tornando nel bosco.

Paul lo seguì. «Dovevi stare sulla strada.»

«Di qui.»

«Che ti è successo alla mano? Stai sanguinando…»

Nel punto in cui si era appostato, tra le foglie decomposte, Bliss agì rapidamente e con precisione. Con un solo movimento e uno schiocco sordo recise il tendine di Achille del piede destro di Paul.

«Cristo santissimo», esclamò lui, cadendo a terra come un vecchio albero e battendo la spalla, troppo scioccato per gridare; poi, mentre portava la mano alla ferita, in mezzo a un lago di sangue, vide che la sua radio era scivolata lontano.

«E ora l'altro…» mormorò Bliss. Con gli occhi lucidi per l'eccitazione, si buttò su di lui, con la sega ronzante. Ma Paul fu più veloce. Grugnendo, rotolò sulla schiena e gli si avventò contro, colpendolo violentemente alla colonna vertebrale.

L'uomo mollò la sega e si accasciò con un tonfo tra le foglie bagnate, senza fiato per la sorpresa.

«Bliss, sei un pezzo di merda!» gridò Paul, bloccandolo a terra col suo peso. «Sei un gran pezzo di merda!» Poi si spostò finché, boccheggiante come un pesce spiaggiato, non riuscì a piazzarsi a cavalcioni sulla schiena dell'uomo. Aveva perso la radio, sapeva di non potersi reggere in piedi. La sua unica arma era il peso: sperava fosse sufficiente a trattenere Bliss fino all'arrivo dei rinforzi. «Diamond!» urlò allora. «Usa la mia radio, Diamond. Chiama tutte le unità.»

Ma Diamond stava tremando, tenendosi la mano. «Quel bastardo mi ha ferito», mormorò. «Avrebbe potuto recidermi un'arteria…»

«Diamond!»

«In ogni caso è morta.» Bliss sputò sul terriccio. «Sono morte tutt'e due, quelle puttane.»

Paul afferrò la camicia di Bliss sopra le scapole. «Cos'hai detto, brutto pezzo di merda?» Ma il volto dell'uomo era calmo, beatamente sereno. Il poliziotto gli conficcò il gomito nella schiena. «Le hai uccise?» Lo colpì nuovamente. L'altro non batté ciglio. «Che cos'hai fatto, lurido figlio di puttana? Le hai uccise?»

«Paul?» Jack si accorse che qualcosa non andava nel momento in cui si voltò e, nel punto in cui poco prima c'era Diamond, non vide che alberi. Fece qualche passo in quella direzione, la radio in posizione di stand-by. Poi si fermò.

Dall'interno del bosco giunse un grido lieve, quasi impercettibile. Inumano. E, a intermittenza, un ronzio meccanico, secco e inquietante.

«Paul?» Nessuna risposta. «Paul? Stai bene?»

Silenzio.

È accaduto qualcosa, Jack.

Lentamente, la radio alle labbra, s'incamminò. Lo strano rumore si affievolì e tacque. La paura gli contrasse lo stomaco.

«Bravo sei-zero-due a tutte le unità.»

Aggirò un gruppo di betulle bianche e si fermò.

Diamond era appoggiato a un tronco caduto, si stringeva un braccio al petto e guardava Paul, a una decina di metri da lui, la faccia ghiacciata e bluastra, che aveva immobilizzato Bliss. Quest'ultimo aveva un braccio dietro la schiena. Le palpebre tese lasciavano intravedere gli angoli arrossati degli occhi. A pochi centimetri, tra le foglie, la sega elettrica roteava, simile a un cane che si rincorre la coda.

«Paul… Cristo…»

Paul alzò lo sguardo. «Dice che le ha uccise, Jack.»

«Tienilo…» Cautamente avanzò verso di loro, la mano protesa. «Fallo stare calmo… Tienilo…»

Ma Diamond allungò rapidamente il braccio e lo afferrò per un polso. «Non ho potuto fare nulla, non potevo guardare.» Gli mostrò la mano. «Vedi il sangue… Vedi il colore?» La bocca pallida ebbe un fremito. «È troppo rosso. È andato troppo in profondità.»

«Diamond!» esclamò Jack con rabbia. «Non ti avevo avvertito?» E senza pensarci né fermarsi, fratturò il bel naso del collega in due punti.

Diamond si accasciò, gridando, le mani premute sul viso. «Per che cazzo l'hai fatto? Perché?»

E fu allora che Bliss scattò.

Avvicinò la sega elettrica e, con un movimento improvviso del braccio flaccido, abbassò la mano destra di Essex su di essa, squarciandogli la carne tenera del polso. Il sangue zampillò come una fontana e Paul lanciò un urlo.

Jack balzò in avanti. «Paul!» gridò. Ma Bliss fu rapido.

Battendo le palpebre e concentrandosi, si rotolò, tra le urla e gli zampilli di sangue. Così facendo, riuscì a inginocchiarsi vicino all'altra mano di Essex e ad appoggiare la lama della sega sulla rete vulnerabile di vasi sanguigni e tessuto. Poi, prima che Jack potesse raggiungerlo, si alzò e fuggì via, tutto imbrattato del sangue di Paul. Barcollò per un istante, sdrucciolando sulle foglie bagnate, poi riacquistò l'equilibrio e si diresse verso il margine del bosco.

«Paul?» Jack si lanciò verso il collega e appoggiò il viso contro le sue guance fredde. «È riuscito a ferirti a tutti e due i polsi?»