«Non se ne va», mi disse piano Edward, «però ora terrà ancor più le distanze. Non stava bluffando quando ha parlato di passare dalla parte dei Volturi».
«Perché Alistair se n’è andato?», domandai in un sussurro.
«Nessuno lo sa con certezza: non ha lasciato messaggi. A giudicare da quello che borbottava di solito, è chiaro che secondo lui lo scontro è inevitabile. Nonostante il suo comportamento, in realtà tiene troppo a Carlisle per schierarsi con i Volturi. Immagino abbia deciso che il pericolo è troppo grande», disse Edward stringendosi nelle spalle.
Anche se la nostra conversazione, chiaramente, si teneva solo fra noi due, era ovvio che tutti la potevano sentire. Eleazar rispose all’osservazione di Edward come fosse destinata a tutti i presenti.
«Dal suono dei suoi mugugni, c’era qualcosa di più. Non abbiamo parlato molto delle intenzioni dei Volturi, ma Alistair temeva che, per quanto possiate dimostrare in modo decisivo la vostra innocenza, non vi ascolteranno. È convinto che cercheranno una scusa per realizzare qui i loro progetti».
I vampiri si scambiarono occhiate inquiete. L’idea che i Volturi manipolassero la loro legge sacrosanta per motivi di opportunismo non era molto amata. Solo i rumeni restavano composti, con i loro sorrisini ironici. Sembravano divertiti del fatto che gli altri insistessero nel pensare tutto il meglio possibile dei loro vecchi nemici.
Cominciarono molte discussioni a bassa voce contemporaneamente, ma io mi concentrai soltanto su quella dei rumeni. Forse perché il biondo Vladimir continuava a lanciare occhiate nella mia direzione.
«Spero tantissimo che Alistair abbia ragione», mormorò Stefan a Vladimir. «Comunque vada a finire, si spargerà la voce. È ora che il nostro mondo veda i Volturi per ciò che sono diventati. Non cadranno mai se tutti credono a quell’assurdità secondo cui proteggono il nostro stile di vita».
«Almeno, quando comandavamo noi, siamo stati onesti su quello che eravamo», rispose Vladimir.
Stefan annuì. «Non ci siamo mai dati una patina di correttezza e non ci siamo mai definiti dei santi».
«Credo sia giunta l’ora di combattere», disse Vladimir. «Non pensi che non troveremo mai una forza migliore con cui allearci? Un’altra occasione così buona?».
«Niente è impossibile. Forse un giorno...».
«Sono ben millecinquecento anni che aspettiamo, Stefan. E in tutto questo tempo loro non hanno fatto altro che rafforzarsi». Vladimir fece una pausa e mi guardò di nuovo. Non mostrò alcuna sorpresa nel vedere che anch’io lo stavo osservando. «Se i Volturi vincono questa contesa, ne usciranno ancora più potenti di prima. Ogni conquista aumenta la loro forza. Pensa a cosa potrebbero semplicemente ricavare da quella neonata», fece un cenno verso di me con il mento, «e sta scoprendo i suoi talenti solo adesso. E poi c’è quello che sposta la terra». Vladimir fece un cenno in direzione di Benjamin, che s’irrigidì. Ormai quasi tutti, come me, stavano origliando i discorsi dei rumeni. «Con i loro gemelli stregati, non hanno nessun bisogno dell’illusionista o del tocco infuocato». Il suo sguardo sfrecciò da Zafrina a Kate.
Stefan guardò Edward. «E non gli serve nemmeno quello che legge nel pensiero. Ma ho capito cosa vuoi dire. In effetti, se vincono guadagneranno davvero molto».
«Più di quanto possiamo concedere loro, non trovi?».
Stefan sospirò. «Temo di dover concordare con te. E ciò significa che...».
«Che dobbiamo schierarci contro di loro finché c’è ancora speranza».
«Se potessimo anche solo neutralizzarli, o smascherarli...».
«Così, un giorno, saranno altri a completare l’opera».
«E l’affronto che abbiamo subito per tutti questi secoli finalmente sarà vendicato».
Si guardarono negli occhi per un attimo e poi mormorarono all’unisono: «Sembra l’unico modo».
«Quindi ci batteremo», disse Stefan.
Malgrado si leggessero in loro il dubbio e il conflitto interiore fra istinto di conservazione e brama di vendetta, il sorriso che si scambiarono fu pieno di attesa.
«Ci batteremo», concordò Vladimir.
Immagino che fosse un bene: come Alistair, ero sicura che fosse impossibile evitare lo scontro. In quel caso, altri due vampiri che si battessero al nostro fianco ci sarebbero stati solo d’aiuto. Tuttavia la decisione dei rumeni mi dava i brividi.
«Ci batteremo anche noi», disse Tia, con la voce grave ancora più solenne del solito. «Secondo noi, i Volturi eccederanno nell’uso della loro autorità. Non abbiamo alcuna intenzione di appartenergli». E con gli occhi indugiò sul suo compagno.
Benjamin sorrise e lanciò uno sguardo ammiccante ai rumeni. «A quanto pare sono una merce molto ricercata. Sembra proprio che mi debba guadagnare il diritto di essere libero».
«Non sarà certo la prima volta che combatto per difendermi dal dominio di un re», disse Garrett in tono canzonatorio. Si avvicinò e diede una pacca sulla schiena a Benjamin. «Evviva la libertà dagli oppressori».
«Noi stiamo con Carlisle», disse Tanya. «E ci battiamo insieme a lui».
La dichiarazione dei rumeni, a quanto pareva, aveva creato negli altri il bisogno di schierarsi a loro volta.
«Noi non abbiamo ancora deciso», disse Peter. Abbassò lo sguardo verso la sua minuscola compagna: Charlotte aveva un’espressione insoddisfatta sulle labbra.
A quanto pareva, una decisione l’aveva già presa. Chissà quale.
«Vale anche per me», disse Randall.
«E per me», aggiunse Mary.
«I nostri branchi si batteranno insieme ai Cullen», disse repentino Jacob. «Non abbiamo paura dei vampiri», aggiunse con un sorrisino.
«Bambini», borbottò Peter.
«Infanti», lo corresse Randall.
Jacob sorrise sarcastico.
«Anch’io ci sto», disse Maggie, scrollandosi di dosso la mano di Siobhan che la tratteneva. «So che la verità è dalla parte di Carlisle. E non posso ignorarlo».
Siobhan fissò il membro più giovane del suo clan con sguardo preoccupato. «Carlisle», disse come se fossero da soli, negando che l’atmosfera di quella riunione fosse stata resa improvvisamente formale dalla serie di dichiarazioni inattese, «non voglio che si arrivi a uno scontro».
«Neanch’io, Siobhan. Sai che è l’ultima cosa che vorrei». Abbozzò un sorriso. «Forse dovresti concentrarti sul mantenimento della pace».
«Sai che non servirà a niente», disse.
Mi ricordai la discussione fra Rose e Carlisle sul capo dei vampiri irlandesi: Carlisle era convinto che Siobhan avesse il dono nascosto, ma potente, di far andare le cose come desiderava, eppure la stessa Siobhan non ci credeva.
«Male non farà», disse Carlisle.
Siobhan alzò gli occhi al cielo. «Devo immaginare il risultato che desidero?», chiese sarcastica.
Ora Carlisle rideva apertamente. «Se non ti dispiace».
«Allora, visto che non ci sarà alcuno scontro, non c’è nessun bisogno che il mio clan si schieri apertamente, no?», ribatté. Appoggiò di nuovo la mano sulla spalla di Maggie, attirandola più vicino a sé. Liam, il compagno di Siobhan, restò in silenzio, impassibile.
Quasi tutti nella sala sembravano spiazzati dallo scambio di battute chiaramente giocoso fra Carlisle e Siobhan, ma i due non si persero in spiegazioni.
E fu così che si conclusero i discorsi impegnativi per quella sera. Il gruppo si sparpagliò gradualmente, alcuni uscendo a caccia, altri per ammazzare il tempo con i libri di Carlisle, la televisione o i computer.
Io, Edward e Renesmee andammo a caccia. Jacob si aggregò.
«Stupide sanguisughe», borbottò fra sé quando uscimmo. «Si credono tanto superiori», sbuffò.
«Ci rimarranno di sasso quando gli infanti salveranno le loro esistenze di esseri superiori, no?», disse Edward.
Jake sorrise e gli diede un pugno sulla spalla. «Ci puoi scommettere!».
Quella non sarebbe stata la nostra ultima battuta di caccia. Ne avremmo fatta un’altra a ridosso del momento in cui ci aspettavamo l’arrivo dei Volturi. Poiché la data dell’ultimatum non era precisa, avevamo in programma di trattenerci per qualche notte all’aperto nella radura grande come un campo da baseball che Alice aveva visto, per precauzione. Sapevamo solo che sarebbero arrivati il giorno in cui la neve avrebbe attecchito al suolo. Non volevamo che i Volturi si avvicinassero troppo alla città e Demetri li avrebbe condotti dovunque ci trovassimo.