Il che, sostanzialmente, mi lasciava la casa tutta per me e, svelta, ne approfittai.
Dall’odore capii che ero la prima a entrare nella stanza di Alice e Jasper da un bel po’, forse dalla notte in cui ci avevano lasciati. Frugai in silenzio nella loro enorme cassapanca finché non trovai la borsa giusta. Doveva essere appartenuta ad Alice: era uno zainetto di cuoio nero, del tipo che di solito si usa come borsetta, abbastanza piccolo da poterlo mettere in spalla a Renesmee senza che desse troppo nell’occhio. Poi depredai il loro fondo cassa, prendendo una cifra equivalente al doppio del reddito annuale di una famiglia americana media. Pensai che lì sarebbe stato più difficile accorgersi del mio furto, dato che quella stanza rattristava tutti. Infilai la busta con i passaporti e le carte d’identità false nella borsa, sopra i soldi. Poi mi sedetti sul bordo del letto di Alice e Jasper e guardai quel pacchetto misero e insignificante, tutto ciò che potevo dare a mia figlia e al mio migliore amico per contribuire a salvare le loro vite. Crollai affranta sulla colonna del baldacchino, sentendomi impotente.
Ma che altro potevo fare?
Restai lì seduta diversi minuti a testa china, prima che mi arrivasse il barlume di una buona idea.
E se...
Se la supposizione della fuga di Jacob e Renesmee si fosse rivelata giusta, ciò avrebbe anche implicato la morte di Demetri. Questo lasciava ai superstiti, compresi Alice e Jasper, un po’ di spazio per respirare.
Allora, perché non potevano essere Alice e Jasper ad aiutare Jacob e Renesmee? Se si fossero incontrati, Renesmee avrebbe goduto della migliore protezione possibile. E non c’erano motivi perché questo non succedesse, tranne il fatto che Jake e Renesmee erano entrambi punti ciechi per Alice. Come sarebbe riuscita a trovarli?
Riflettei un attimo, poi uscii dalla stanza, attraversai il corridoio ed entrai nella suite di Carlisle ed Esme. Come al solito la scrivania di Esme era ricoperta di planimetrie e progetti, tutti impilati in alti mucchi ordinati. Sopra il piano di lavoro c’era un casellario; in una delle caselle c’era una scatola di carta da lettere. Presi un foglio bianco e una penna.
Poi fissai la pagina bianca color avorio per cinque minuti buoni, concentrandomi sulla mia decisione. Forse Alice non era in grado di vedere Jacob o Renesmee, ma poteva vedere me. Me la immaginai mentre aveva la visione di quel momento, con la disperata speranza che non fosse troppo impegnata in altro per prestarmi attenzione.
Lentamente, apposta, scrissi le parole «RIO DE JANEIRO» in maiuscolo a tutta pagina.
Rio sembrava il posto migliore dove mandarla. Era lontano da qui e, a quanto risultava dagli ultimi avvistamenti, Alice e Jasper si trovavano già in Sudamerica, d’altronde, non è che i nostri vecchi problemi avessero smesso di esistere solo perché ora avevamo problemi peggiori. Aleggiava ancora il mistero del futuro di Renesmee, il terrore per la sua crescita così veloce. Per cui, comunque, ci saremmo diretti a sud. Ora il compito di cercare l’origine delle leggende sarebbe passato a Jacob, e magari anche ad Alice.
Chinai di nuovo il capo per combattere il repentino bisogno di scoppiare in lacrime e strinsi i denti. Era meglio che Renesmee proseguisse senza di me. Ma sentivo già la sua mancanza in modo insopportabile.
Feci un lungo respiro e infilai il biglietto in fondo allo zaino, dove Jacob l’avrebbe trovato facilmente.
Incrociai le dita e sperai che Jacob avesse almeno studiato spagnolo, dato che ritenevo improbabile la presenza di un insegnante di portoghese nella sua scuola.
Ormai non restava altro che aspettare.
Per due giorni Edward e Carlisle si fermarono nella radura dove Alice aveva visto arrivare i Volturi. Era lo stesso campo di battaglia in cui i neonati di Victoria ci avevano attaccato l’estate precedente. Mi chiesi se per Carlisle fosse un’esperienza ripetitiva, come un déjà vu. Per me sarebbe stato tutto nuovo. Stavolta io ed Edward saremmo stati lì insieme alla nostra famiglia.
Tutto ci induceva a pensare che il segugio dei Volturi avrebbe preso di mira Edward o Carlisle. Chissà se trovarsi di fronte a una preda che non fuggiva li avrebbe colti di sorpresa. Li avrebbe resi prudenti? Non riuscivo a immaginare che i Volturi potessero pensare di agire con cautela.
Avevo buone speranze di essere invisibile per Demetri, tuttavia restai con Edward. Ovvio. Ci restavano solo poche ore da passare insieme.
Io ed Edward non ci eravamo scambiati un’ultima scena tragica di addio, e non era nei miei programmi. Pronunciare quella parola equivaleva a renderla definitiva. Sarebbe stato come scrivere la parola FINE sull’ultima pagina di un manoscritto. Quindi non ci dicemmo addio e restammo vicini, sempre a contatto. Quale che fosse la fine che ci aspettava, non ci avrebbe trovati separati.
Montammo una tenda per Renesmee qualche metro più indietro, al riparo nel bosco, e provammo un altro déjà vu nel vederci di nuovo accampati al freddo con Jacob. Era quasi impossibile credere quanto la situazione fosse cambiata dal giugno precedente. Sette mesi prima sembrava che il triangolo dei rapporti che ci legavano avesse un destino segnato, fatto soltanto di cuori spezzati. Ora tutto era in perfetto equilibrio. Per un’orribile ironia della sorte, le tessere del puzzle si incastravano alla perfezione poco prima di venire distrutte.
Ricominciò a nevicare la sera prima di Capodanno. Stavolta i fiocchi minuscoli non si sciolsero sul terreno petroso della radura. Mentre Renesmee e Jacob dormivano — e lui russava così forte che non so come facesse Renesmee a non svegliarsi — la neve formò un primo strato sottile ghiacciato sul terreno, poi si accumulò in mucchi più spessi. All’alba la scena della visione di Alice era completa. Io ed Edward ci tenevamo per mano mentre guardavamo il campo bianco che riluceva, e nessuno dei due parlò.
Per tutta la mattina gli altri si radunarono, le tracce silenziose dei loro preparativi ben visibili negli occhi: alcuni di color oro chiaro, altri di un cremisi intenso. Poco dopo esserci ritrovati tutti insieme, sentimmo i lupi muoversi nei boschi. Jacob uscì dalla tenda, lasciando Renesmee ancora addormentata, per unirsi a loro.
Edward e Carlisle stavano schierando gli altri in una specie di formazione, con i testimoni ai lati, come spettatori.
Li osservavo da lontano mentre aspettavo vicino alla tenda il risveglio di Renesmee. Poi l’aiutai a indossare i vestiti che avevo scelto attentamente due giorni prima. Vestiti femminili e vaporosi all’apparenza, ma in realtà abbastanza resistenti da non mostrare tracce di usura, nemmeno dopo un viaggio oltre i confini di un paio di Stati in groppa a un gigantesco licantropo. Sopra il giubbotto le infilai lo zainetto di pelle nera con i documenti, i soldi, l’indizio e i miei biglietti d’addio per lei e Jacob, Charlie e Renée. Era abbastanza forte da portarlo senza fatica.
Osservava la sofferenza sul mio viso a occhi sgranati. Ma aveva intuito quel che bastava e non mi chiese cosa stessi facendo.
«Ti voglio bene», le dissi. «Più di ogni altra cosa».
«Anch’io ti voglio tanto bene, mamma», rispose. Toccò la medaglietta che portava al collo, che adesso conteneva una piccola foto di lei, me ed Edward. «Staremo sempre insieme».
«Nel nostro cuore staremo sempre insieme», la corressi con un sussurro tenue come un respiro. «Ma oggi, quando verrà il momento, mi devi lasciare».
Spalancò gli occhi e accostò la mano alla mia guancia. Quel suo No muto fu più forte che se lo avesse gridato.
Mi sforzai di deglutire: sentivo la gola gonfia. «Lo farai per me? Per favore?».
Mi premette ancora più forte le dita sul viso. Perché?
«Non te lo posso dire», sussurrai. «Ma presto capirai. Te lo prometto».
Nella mente vedevo il viso di Jacob.
Annuii, poi allontanai le sue dita. «Non ci pensare», le sussurrai nell’orecchio. «Non dire niente a Jacob finché non ti dico di fuggire, va bene?».
Questo lo capì. Annuì anche lei.
Dalla tasca tirai fuori un’ultima cosa.
Mentre facevo i bagagli per Renesmee, un’inattesa scintilla di colore aveva attirato la mia attenzione. Un raggio di sole ramingo dal lucernario aveva colpito i gioielli sopra l’antica e preziosa scatola riposta su un alto scaffale, in un angolo nascosto. L’avevo guardato per un attimo e poi avevo fatto spallucce. Dopo aver messo insieme gli indizi di Alice, non potevo sperare che lo scontro imminente si sarebbe risolto in modo pacifico. Ma perché non provare a iniziare tutto nel modo più amichevole possibile? Che male poteva fare? Forse dopotutto mi restava un po’ di speranza, sebbene cieca e insensata, visto che mi arrampicai sugli scaffali per prendere il regalo di nozze di Aro.