Mi legai intorno al collo lo spesso cordone d’oro e sentii il peso di quel diamante enorme che si posava nell’incavo della gola.
«Bello», sussurrò Renesmee. Poi mi serrò le braccia intorno al collo come in una morsa. Io la strinsi al petto. Stando così allacciate, la portai fuori dalla tenda, nella radura.
Edward inarcò un sopracciglio quando mi avvicinai, ma non fece altri commenti sui miei accessori o quelli di Renesmee. Si limitò a stringerci forte per un attimo eterno e poi, con un sospiro, ci lasciò andare. Nei suoi occhi non c’era un addio. Forse sperava in qualcosa dopo la morte, più di quanto avesse lasciato intendere.
Prendemmo posto e Renesmee si arrampicò agile sulla mia schiena per lasciarmi libere le mani. Io rimasi qualche metro dietro la prima linea formata da Carlisle, Edward, Emmett, Rosalie, Tanya, Kate ed Eleazar. Più vicini a me c’erano Benjamin e Zafrina: il mio compito era proteggerli fino a quando ci fossi riuscita. Erano le nostre migliori armi offensive. Se erano i Volturi quelli impossibilitati a vedere, anche solo per pochi attimi, sarebbe cambiato tutto.
Zafrina era severa e spietata, e Senna al suo fianco ne era quasi il riflesso speculare. Benjamin era seduto per terra, con i palmi premuti al suolo, e borbottava qualcosa a proposito delle linee di faglia. La sera prima aveva sparpagliato mucchi di sassi in tutta la parte posteriore del campo, disponendoli a formare un paesaggio dall’apparenza naturale, e ora erano ricoperti di neve. Non bastavano a fare del male a un vampiro, ma forse a distrarlo, almeno lo speravamo.
I testimoni si disposero a grappolo alla nostra destra e alla nostra sinistra, alcuni più vicini degli altri: quelli che si erano dichiarati erano i più vicini. Vidi che Siobhan si strofinava le tempie, con gli occhi chiusi per concentrarsi meglio. Stava compiacendo Carlisle, cercando di visualizzare una conclusione diplomatica della vicenda?
Nel bosco dietro di noi, i lupi invisibili erano silenziosi e pronti: sentivamo solo il loro forte ansimare e il battito dei cuori.
Il cielo si coprì di nuvole che smorzarono la luce, avrebbe potuto essere sia mattina che pomeriggio. Edward forzò lo sguardo per esaminare il panorama ed ero sicura che avesse già visto una volta questa stessa scena: nella visione di Alice. L’arrivo dei Volturi sarebbe stato esattamente identico. Ora ci mancavano solo pochi minuti o secondi.
Tutta la nostra famiglia e gli alleati si prepararono agli eventi.
Dalla foresta emerse l’enorme alfa rossiccio, che si mise al mio fianco: probabilmente era troppo difficile per lui mantenere le distanze da Renesmee quando si trovava in un pericolo così imminente.
Renesmee si sporse ad affondare le dita nella pelliccia sopra la sua schiena robusta e rilassò un poco il corpo. Era più calma, con Jacob vicino. Anch’io mi sentivo un po’ meglio. Finché Jacob era con Renesmee, non le sarebbe successo niente.
Senza arrischiarsi a guardare indietro, Edward si girò verso di me. Stesi il braccio in modo da potergli afferrare la mano. Mi strinse le dita.
Passò un altro minuto, mentre mi sforzavo di sentire i rumori che tradissero il loro avvicinamento.
Poi Edward s’irrigidì e sibilò piano fra i denti serrati. Con gli occhi si concentrò sulla foresta a nord del punto in cui ci trovavamo.
Fissammo anche noi lo sguardo in quella direzione, aspettando che trascorressero gli ultimi secondi.
36
Sete di sangue
Arrivarono con grande sfarzo, non senza una certa bellezza.
Arrivarono in formazione rigida, solenne. Si muovevano all’unisono, ma non era una marcia: affluirono con perfetta sincronia dagli alberi. Una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.
Le ali esterne erano grigie: il colore si scuriva a ogni fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del nero più intenso. Tutti i visi erano ricoperti da cappucci e in ombra. Il vago fruscio dei piedi era così regolare da sembrare musica, un ritmo complicato che non mostrava mai esitazione.
A un segnale che non notai — o forse non vi fu alcun segnale, ma solo millenni di esercizio — la struttura si allargò verso l’esterno. Il movimento era troppo rigido, troppo geometrico per ricordare lo schiudersi di un fiore, anche se il colore poteva suggerirlo: fu come un ventaglio che si apriva, aggraziato ma molto spigoloso. Le figure con il mantello grigio si disposero sui fianchi, mentre quelle più scure avanzarono con precisione fino al centro, misurando al millimetro ogni movimento.
La loro avanzata era lenta ma decisa, senza fretta, senza tensione, senza ansia. Era l’andatura degli invincibili.
Coincideva quasi alla perfezione con il mio vecchio incubo. L’unica cosa che mancava era il desiderio perverso che avevo visto sui volti del mio sogno, i sorrisi di vendetta compiaciuta. Fino ad allora, i Volturi erano stati troppo disciplinati per tradire alcuna emozione. Non diedero il minimo segno di sorpresa o di sgomento nel vedere il gruppo di vampiri che li aspettava: sembrava disorganizzato e impreparato, in confronto a loro. Non batterono ciglio nemmeno di fronte al lupo gigante che stava fra noi.
Non riuscii a trattenermi dal contarli. Erano in trentadue. Anche escludendo le due figure incerte e derelitte che stavano in fondo a tutto il gruppo, che pensai fossero le mogli, e la cui posizione protetta suggeriva che non sarebbero state coinvolte nell’attacco, eravamo comunque in svantaggio numerico. Solo diciannove di noi avrebbero combattuto, di fronte ad altri sette che avrebbero assistito alla nostra distruzione. Anche contando i dieci lupi, eravamo spacciati.
«Arrivano le giubbe rosse, arrivano le giubbe rosse», borbottò Garrett misteriosamente fra sé e poi ridacchiò. Fece un passo per avvicinarsi a Kate.
«Sono venuti, alla fine», sussurrò Vladimir a Stefan.
«Le mogli», gli rispose Stefan con un sibilo. «Tutto il corpo di guardia. Tutti insieme. Meno male che ci siamo tenuti lontano da Volterra».
Poi, come se non bastasse la loro schiera, mentre i Volturi avanzavano lenti e maestosi, altri vampiri cominciarono a entrare nella radura al loro seguito.
I volti di quell’affluire apparentemente infinito di vampiri erano l’antitesi della disciplina asettica dei Volturi: vi si leggeva un caleidoscopio di emozioni. Inizialmente ci fu lo shock, e persino un po’ di ansia, nel vedere quella forza inattesa che li aspettava. La preoccupazione passò presto: si sentivano sicuri del loro numero soverchiante, sicuri nella loro posizione dietro alla forza inarrestabile dei Volturi. I loro tratti tornarono all’espressione iniziale.
Da quei visi eloquenti era piuttosto facile capire la loro disposizione d’animo. Era una banda di gente infuriata, esaltata fino al parossismo e assetata di giustizia. Prima di leggere quei volti non avevo mai capito in pieno l’atteggiamento del mondo dei vampiri verso i bambini immortali.
Era chiaro che quell’orda eterogenea e disorganizzata, composta da più di quaranta vampiri, fosse considerata dai Volturi l’equivalente dei nostri testimoni. Dopo la nostra morte, avrebbero sparso la voce che i criminali erano stati estirpati, che i Volturi si erano comportati nel modo più imparziale possibile. La maggior parte dei vampiri, però, sembrava sperare in qualcosa di più: volevano partecipare a distruzioni e roghi.
Non avevamo scampo. Anche se in qualche modo fossimo riusciti a neutralizzare i più pericolosi, i Volturi ci erano comunque superiori in numero. Anche se avessimo ucciso Demetri, Jacob non sarebbe stato in grado di fuggire.