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Carlisle scosse la testa e gli offrì la mano, come se non ci fossero ancora un centinaio di metri a dividerli. «Basta che mi tocchi la mano per capire che non ho mai avuto quell’intenzione».

Gli occhi scaltri di Aro si strinsero in una fessura. «Ma come può avere qualche importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò che hai fatto?». Fece una smorfia e un’ombra di tristezza gli attraversò il viso: non avrei saputo dire se era sincera.

«Non ho commesso il crimine per il quale sei venuto a punirmi».

«Allora fatti da parte e lasciami punire chi ne è responsabile. Sul serio, Carlisle, nulla mi farebbe più piacere che risparmiarti la vita, oggi».

«Nessuno ha infranto la legge, Aro. Lasciami spiegare». E Carlisle gli porse di nuovo la mano.

Prima che Aro riuscisse a rispondere, Caius arrivò veloce al suo fianco.

«Quante regole inutili, quante leggi superflue ti crei, Carlisle», sibilò l’anziano canuto. «Come è possibile che difendi la violazione dell’unica che conti davvero?».

«La legge non è stata violata. Se solo mi ascoltassi...».

«Vediamo la bambina, Carlisle», rispose Caius con un ringhio. «Non prenderci per stupidi».

«Lei non è affatto un’immortale. Non è una vampira. Te lo posso dimostrare facilmente in pochi attimi di...».

Caius lo interruppe. «Se non è una dei proibiti, allora perché avete raggruppato un battaglione per proteggerla?».

«Sono testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi». Carlisle accennò all’orda furiosa appostata al limitare del bosco. Alcuni di loro ringhiarono in tutta risposta. «Uno qualsiasi di questi amici ti può dire la verità sulla bambina. Oppure puoi guardarla con i tuoi occhi, Caius. Guarda la vampata di sangue umano che ha sulle guance».

«È un espediente!», gridò Caius in tono aspro. «Dov’è l’informatrice? Portatela qui!». Scrutò con impazienza attorno a sé finché non vide Irina che indugiava dietro le mogli. «Tu! Vieni!».

Irina lo fissò sconcertata, con l’aria di chi non si è ancora svegliata da un incubo funesto. Caius schioccò le dita con impazienza. Una delle enormi guardie del corpo delle mogli al fianco di Irina la spinse rozzamente sulla schiena. Irina batté le palpebre un paio di volte, poi, stordita, si avviò lenta verso Caius. Si fermò a vari metri da lui, fissando ancora le proprie sorelle.

Caius le si avvicinò e con uno schiaffo la colpì in pieno viso.

Era impossibile che le avesse fatto male, ma in quell’azione c’era qualcosa di davvero umiliante. Era come guardare qualcuno che prendeva a calci un cane. Tanya e Kate sibilarono all’unisono.

Il corpo di Irina s’irrigidì e infine fissò lo sguardo su Caius, il cui dito rapace indicò Renesmee, che si abbarbicò alla mia schiena, stringendo ancora convulsamente con una mano un ciuffo del pelo di Jacob. Dentro il mio sguardo furioso Caius diventò tutto rosso. Nel petto di Jacob tuonò un ruggito.

«È quella la bambina che hai visto?», chiese perentorio Caius. «Quella che, evidentemente, era più che umana?».

Irina ci guardò con attenzione, esaminando Renesmee per la prima volta da quando era entrata nella radura. Inclinò il capo da un lato e sul viso le si dipinse una certa confusione.

«Ebbene?», chiese Caius con acredine.

«Io... non ne sono sicura», disse con tono perplesso.

Caius ebbe uno spasmo a una mano, come se volesse schiaffeggiarla di nuovo. «Cosa vuoi dire?», le chiese in un sussurro inflessibile.

«Non è uguale, ma credo sia la stessa bambina. Cioè, è cambiata. Questa bambina è più grande di quella che ho visto, ma...».

Il rantolo furioso di Caius crepitò fra i suoi denti improvvisamente scoperti e Irina s’interruppe senza finire. Aro svolazzò al fianco di Caius e gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo.

«Stai calmo, fratello. Abbiamo tutto il tempo di risolvere la questione. Non c’è fretta».

Con un’espressione astiosa, Caius voltò le spalle a Irina.

«Dunque, tesoruccio», disse Aro con un mormorio caldo e insinuante. «Mostrami quello che stai provando a dirci». Porse la mano alla vampira sconcertata.

Irina gliela prese, esitante. Lui la tenne per soli cinque secondi.

«Vedi, Caius?», chiese. «È un modo semplice per ottenere quello di cui abbiamo bisogno».

Caius non gli rispose. Con la coda dell’occhio, Aro lanciò un’occhiata fugace al suo pubblico, la sua orda, poi tornò a rivolgersi a Carlisle.

«E così, a quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che la bambina è cresciuta. Eppure il primo ricordo di Irina era chiaramente quello di un bambino immortale. Curioso».

«È proprio quello che sto cercando di spiegare», disse Carlisle e dal tono mutato della sua voce intuii quanto si sentisse sollevato. Questa era l’esitazione su cui avevamo riposto tutte le nostre deboli speranze.

Io non provai alcun sollievo. Aspettai, resa quasi insensibile dalla rabbia, di vedere all’opera le strategie di cui aveva parlato Edward.

Carlisle porse di nuovo la mano.

Aro esitò per un attimo: «Preferirei avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella storia, amico mio. Mi sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera tua?».

«Non c’è stata alcuna infrazione».

«Sia come sia, io voglio conoscere ogni sfaccettatura della verità». La voce morbida di Aro s’indurì. «E il modo migliore per ottenerla è chiedere le prove al tuo abile figliolo». Inclinò il capo in direzione di Edward. «Dato che la bambina sta aggrappata alla compagna neonata di Edward, immagino proprio che lui sia coinvolto».

Era ovvio che volesse Edward. Una volta che fosse riuscito a leggergli nella mente, avrebbe conosciuto tutti i nostri pensieri. Tranne i miei.

Edward si girò per dare un rapido bacio sulla fronte a me e Renesmee, senza guardarmi negli occhi. Poi attraversò a grandi passi il prato innevato, dando una pacca sulla spalla a Carlisle quando gli arrivò di fianco. Sentii un debole lamento dietro di me: era il terrore di Esme che faceva breccia.

L’alone rosso che vedevo attorno all’esercito dei Volturi era più acceso di prima. Non sopportavo la vista di Edward che attraversava da solo quello spazio bianco e vuoto, ma al tempo stesso non avrei tollerato che Renesmee si avvicinasse anche di un solo passo ai nostri avversari. Ero divisa in due fra quei bisogni opposti: bloccata in modo talmente rigido che le mie ossa avrebbero potuto frantumarsi sotto quella pressione.

Vidi Jane sorridere, mentre Edward oltrepassava la metà della distanza che ci divideva, trovandosi così più vicino a loro che a noi.

Fu quel sorrisetto insolente la goccia che fece traboccare il vaso. La mia ira raggiunse l’apice, superò la furiosa sete di sangue che avevo provato nel momento in cui i lupi si erano impegnati in questo scontro dall’esito tragico. Sulla lingua sentivo il sapore della furia: lo sentivo fluire in me come un’ondata. I muscoli contratti, agivo per automatismi. Scagliai il mio scudo con tutta la forza che avevo nella mente, lo gettai come un giavellotto al di là della distesa immensa del campo, una lunghezza impossibile, dieci volte la distanza migliore che avessi mai raggiunto. Il respiro mi uscì rapido, sbuffando, per lo sforzo.

Lo scudo fuoriuscì da me in una bolla di energia pura, un fungo atomico di acciaio liquido. Pulsava come una creatura vivente: lo sentivo alla perfezione, dalla sommità fino ai bordi.

Il tessuto elastico non subì alcun contraccolpo: in quell’istante di forza cruda, capii che il rinculo che vi era stato in altre occasioni era opera mia: mi ero aggrappata a quella parte invisibile di me per autodifesa, rifiutando di lasciarla libera nel mio inconscio. In quel momento la sprigionai tutta e lo scudo esplose a una cinquantina di metri da me senza alcuno sforzo, prendendosi solo una minima parte della mia capacità di concentrazione. Lo sentivo flettersi, un muscolo come tanti che obbediva alla mia volontà. Lo spinsi e gli diedi la forma di un lungo ovale appuntito. Improvvisamente tutto quello che si trovava sotto lo scudo di ferro flessibile era diventato parte di me: sentivo la forza vitale di tutto ciò che copriva sotto forma di punti di calore luminoso, scintille di luce abbagliante che mi circondavano. Scagliai lo scudo per tutta la lunghezza della radura e sospirai di sollievo quando avvertii la luce brillante di Edward all’interno della mia protezione. Restai lì, a contrarre quel nuovo muscolo in modo che circondasse Edward da vicino, formando un velo sottile ma infrangibile fra il suo corpo e i nostri nemici.