Era passato sì e no un secondo. Edward stava ancora camminando in direzione di Aro. Tutto era cambiato, ma nessuno si era accorto dell’esplosione, a parte me. Dalle labbra mi uscì una risatina sorpresa. Vidi gli altri che mi fissavano e un occhio nero di Jacob che mi guardava dall’alto come se fossi impazzita.
Edward si fermò a qualche passo di distanza da Aro e con un certo disappunto capii che, anche se sicuramente ne ero in grado, non dovevo assolutamente impedire lo svolgimento di quello scambio. Era il punto cruciale di tutti i nostri preparativi: far sì che Aro ascoltasse la nostra versione della storia. Fu un dolore quasi fisico, ma con riluttanza ritirai lo scudo e lasciai Edward di nuovo scoperto. L’umore ilare era svanito. Mi concentrai totalmente su di lui, pronta a riavvolgerlo con lo scudo all’istante, se qualcosa fosse andato storto.
Edward alzò il mento con arroganza e porse la mano ad Aro come se gli stesse concedendo un grande onore. Aro inizialmente parve divertito dalla sua grinta, ma ciò non valeva per tutti. Renata svolazzava nervosa all’ombra di Aro. E il cipiglio di Caius era talmente profondo da far sembrare la piega una ruga definitiva sulla pelle traslucida come pergamena. La piccola Jane mostrava i denti e al suo fianco Alec stringeva gli occhi per la concentrazione. Immagino che fosse preparato, come me, ad agire in capo a un secondo.
Aro coprì la distanza senza pause: dopo tutto, cosa aveva da temere? Le sagome massicce con i mantelli di un grigio più chiaro — i combattenti muscolosi, come Felix — erano a pochi metri di distanza. Jane e il suo dono incandescente avrebbero potuto scagliare a terra Edward, lasciandolo in preda a spasmi di sofferenza. Alec poteva accecarlo e assordarlo prima ancora che facesse un passo in direzione di Aro. Nessuno sapeva che avevo la forza di fermarli, nemmeno Edward.
Aro, con un sorriso imperturbabile, prese la mano di Edward. Chiuse gli occhi immediatamente, poi curvò le spalle sotto il peso di tante informazioni.
Tutti i pensieri segreti, tutte le strategie, tutte le intuizioni, tutto ciò che Edward aveva sentito nelle menti che aveva avuto intorno durante l’ultimo mese, ora appartenevano ad Aro. E persino fatti più vecchi: tutte le visioni di Alice, tutti i momenti di armonia con la nostra famiglia, tutte le immagini nella testa di Renesmee, tutti i baci e tutti i contatti fra Edward e me... anche tutto questo ormai apparteneva ad Aro.
Sibilai per l’irritazione e lo scudo ne fu infastidito, cambiò forma e si contrasse intorno alle nostre linee.
«Tranquilla, Bella», mi sussurrò Zafrina.
Strinsi forte i denti.
Aro continuò a concentrarsi sui ricordi di Edward. Anche Edward chinò il capo, i muscoli del collo contratti mentre rileggeva tutto quello che Aro gli aveva sottratto e la reazione che provocava in lui.
Questa conversazione bidirezionale ma non reciproca continuò abbastanza a lungo da far spazientire il corpo di guardia. Fra le file serpeggiarono mormorii a bassa voce, finché Caius non abbaiò l’ordine di stare in silenzio. Jane si sporgeva in avanti come se non riuscisse a trattenersi e Renata aveva il viso rigido per la preoccupazione. Per un attimo, esaminai il suo scudo potente, che sembrava debole e spaventato: anche se era utile ad Aro, capivo che non era una guerriera. Il suo compito non era combattere, ma proteggere. Non aveva sete di sangue. Io, grezza com’ero, capii che se lo scontro fosse stato solo fra me e lei l’avrei annientata.
Ripresi la concentrazione quando Aro si raddrizzò e riaprì gli occhi in preda a un’espressione sbigottita e sospettosa. Non lasciò la mano di Edward.
Edward allentò i muscoli in modo impercettibile.
«Vedi?», disse con un tono calmo nella voce vellutata.
«Certo che vedo», concordò Aro e, sorprendentemente, il suo tono era quasi divertito. «Mi chiedo se un’altra coppia di divinità o di mortali abbia mai visto con tanta chiarezza».
I volti disciplinati del corpo di guardia mostravano la stessa incredulità che provavo io.
«Mi hai dato molti elementi su cui riflettere, giovane amico», Aro continuò. «Molti più di quanti me ne aspettassi». Non lasciava ancora andare la mano di Edward, che aveva l’atteggiamento di una persona tesa in ascolto.
Edward non gli rispose.
«Posso conoscerla?», chiese Aro, improvvisamente interessato e quasi supplice. «Per tutti i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse esistere una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri annali!».
«Che storia è mai questa, Aro?», chiese aspro Caius, prima che Edward potesse rispondere. Bastò quella domanda a farmi prendere Renesmee fra le braccia, stringendomela al petto con delicatezza per proteggerla.
«Qualcosa che non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per valutarla, perché la giustizia che intendevamo ristabilire non è mai stata infranta».
A quelle parole, Caius sibilò sorpreso.
«Pace, fratello», lo mise in guardia Aro con tono conciliante.
Doveva essere una buona notizia: quelle erano le parole in cui tutti speravamo, la tregua che non avremmo mai immaginato possibile. Aro aveva ascoltato la verità. Aro aveva ammesso che la legge non era stata infranta.
Ma io avevo gli occhi fissi su Edward e vidi che contraeva i muscoli della schiena. Mi ricordai dell’indicazione che Aro aveva dato a Caius, valutare, e capii il doppio senso.
«Mi presenti tua figlia?», chiese di nuovo Aro a Edward.
Caius non fu l’unico a sibilare sentendo questa nuova rivelazione.
Edward annuì, riluttante. Eppure Renesmee aveva conquistato così tanti estranei. Aro era sempre sembrato il capo degli anziani. Se lui stava dalla sua parte, come avrebbero potuto gli altri attaccarci?
Aro teneva ancora stretta la mano di Edward e rispose a una domanda che nessuno di noi aveva sentito.
«Credo che sia accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze. Incontriamoci a metà strada».
Gli lasciò andare la mano. Edward si voltò verso di noi e Aro lo seguì cingendogli con naturalezza una spalla, come fossero due amiconi, ma in modo da non perdere il contatto. Si diressero verso di noi.
Tutto il corpo di guardia si mise in marcia dietro di loro. Aro alzò una mano con aria noncurante, senza guardarli.
«Fermi, miei cari. Davvero, non ci faranno del male se siamo pacifici».
Il corpo di guardia ebbe una reazione molto più schietta di prima, con ringhi e fischi di protesta, ma restò al suo posto. Renata, aggrappata sempre più vicina ad Aro, gemette per l’ansia.
«Signore», sussurrò.
«Non agitarti, tesoro», rispose lui. «Va tutto bene».
«Forse è meglio che porti con te alcuni membri della guardia», suggerì Edward. «Li farà sentire più a loro agio».
Aro annuì, come se fosse una saggia osservazione cui avrebbe dovuto pensare lui per primo. Schioccò due volte le dita. «Felix, Demetri».
I due vampiri lo affiancarono subito, precisamente uguali all’ultima volta che li avevo visti. Erano entrambi alti, con i capelli scuri, Demetri spigoloso e sottile come la lama di una spada, Felix imponente e minaccioso come una mazza ferrata.
I cinque si fermarono al centro della radura innevata.
«Bella», esclamò Edward. «Porta Renesmee... e qualche amico».
Respirai a fondo. Il mio corpo si era irrigidito in una posizione di rifiuto. L’idea di mettere Renesmee al centro del conflitto... Però mi fidavo di Edward. Se Aro a quel punto avesse avuto in programma di comportarsi in modo sleale, lui lo avrebbe saputo.