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«Dougie e io abbiamo avuto il colpo di fortuna di vendere un’auto, domenica. Così abbiamo portato la vettura all’autolavaggio per farla rimettere bene in ordine per l’acquirente. E mentre eravamo lì arriva questa bionda con una Porsche argentata. E lei ha, come dire, ripulito l’auto fin nel più piccolo angolino. Noi stavamo lì, come dire, solo a guardare. E poi ha preso questa borsa dal bagagliaio e l’ha gettata nella spazzatura. Era un’ottima borsa, perciò Dougie e io le abbiamo chiesto se le dispiaceva che la prendessimo. E lei ha detto che non era altro che una orribile borsa da palestra e che noi potevamo farci quel diavolo che volevamo. Così abbiamo portato la borsa a casa e ce ne siamo dimenticati.»

«E quando l’avete aperta e ci avete guardato dentro questa mattina, avete scoperto che la borsa era piena di soldi» dissi.

«Accidenti. E tu come fai a saperlo?»

«Ho solo tirato a indovinare.»

Quando arrivai a casa, mia madre era in cucina. Stava preparando del cavolfiore gratinato. Non proprio il piatto che preferisco, ma d’altra parte, forse, il piatto che preferisco è la torta rovesciata di ananas con tanta panna montata, perciò non credo che si possa fare un paragone.

Si interruppe e mi guardò. «C’è qualcosa che non va nel tuo braccio. Lo tieni in un modo strano.»

«Mi hanno sparato, ma…»

Mia madre svenne. Cadde a terra con ancora il cucchiaio di legno in mano.

Merda.

Inumidii uno straccio da cucina e glielo misi sulla fronte finché non rinvenne.

«Che cosa è successo?» domandò.

«Sei svenuta.»

«Io non svengo mai. Ti starai sbagliando.» Si drizzò a sedere e tamponò la faccia con lo straccio bagnato. «Oh, sì, adesso ricordo.»

L’aiutai a sedersi su una delle sedie della cucina e misi a scaldare l’acqua per il tè.

«Quanto è grave?» domandò.

«È solo un graffio. E il tizio è già in galera, perciò va tutto bene.»

A parte il fatto che avevo un po’ di nausea, il cuore mi batteva in modo irregolare e non volevo tornare nel mio appartamento. Per il resto, andava tutto benissimo.

Misi il vaso dei biscotti sulla tavola e versai a mia madre una tazza di tè. Mi sedetti di fronte a lei e presi qualche biscotto. C’erano gocce di cioccolata e pezzetti di nocciola. Molto salutare, le nocciole contengono tante proteine, giusto?

La porta principale si spalancò e si richiuse e la nonna fece irruzione in cucina. «Ce l’ho fatta! Ho superato l’esame di guida!»

Mia madre si fece il segno della croce e si appoggiò di nuovo lo straccio bagnato sulla fronte.

«Che cos’ha il tuo braccio che è tutto gonfio sotto la manica?» mi domandò la nonna.

«Sono bendata. Oggi mi hanno sparato.»

La nonna spalancò gli occhi. «Accidenti!» Prese una sedia e si unì a noi intorno al tavolo. «Come è successo? Chi ti ha sparato?»

Prima che potessi rispondere squillò il telefono. Era Marge Dembowski che aveva una figlia infermiera all’ospedale e chiamava per riferire che qualcuno mi aveva sparato. Poi telefonò Julia Kruselli per dire che suo figlio Richard, un poliziotto, le aveva appena dato la grande notizia di Homer Ramos.

Me ne andai in salotto e mi addormentai sul divano davanti alla televisione. Quando mi svegliai Morelli era lì, la casa invasa dall’odore di cavolfiori gratinati che cuocevano sulla stufa, e il braccio che mi faceva male. Joe mi aveva portato una giacca nuova, senza il buco del proiettile sulla manica. «È ora di andare a casa» disse facendomi scivolare con disinvoltura il braccio su per la manica.

«Sono già a casa.»

«Intendo dire casa mia.»

Casa di Joe. Sarebbe stato bello. Ci sarebbero stati anche Rex e Bob. E, ancora meglio, ci sarebbe stato Joe.

Mia madre posò un grosso sacchetto sul tavolino del salotto di fronte a noi. «Qui ci sono dei cavolfiori gratinati e una forma di pane fresco, e qualche biscotto.»

Morelli prese il sacchetto. «Li adoro» disse.

Mia madre aveva l’aria compiaciuta.

«Davvero ti piacciono i cavolfiori gratinati?» gli domandai quando fummo in auto.

«A dire la verità, mi piace tutto quello che non devo cucinarmi da solo.»

«Com’è andata con Homer Ramos?»

«Meglio delle nostre più rosee aspettative. Quel tizio è un verme. Ha spifferato tutto su tutti. Alexander Ramos avrebbe dovuto ucciderlo appena nato. E, oltretutto, abbiamo anche preso Habib e Mitchell, abbiamo detto loro che erano accusati di rapimento e ci hanno consegnato Arturo Stolle.»

«Hai avuto un pomeriggio molto impegnativo.»

«Ho avuto un’ottima giornata. A parte il fatto che ti hanno sparato.»

«Chi ha ucciso Macaroni?»

«Homer. Stolle aveva mandato Macaroni da lui per prendersi la Porsche. Immagino che la considerasse come un anticipo sul pagamento del debito. Homer lo ha beccato dentro l’auto e gli ha sparato. Poi si è fatto prendere dal panico ed è corso fuori di casa.»

«Dimenticando di inserire l’allarme?»

Morelli sorrise.

«Già. Homer aveva preso l’abitudine di assaggiare la merce che trasportava per conto di Stolle, ma non ci era abituato. Rimaneva stordito, usciva per mangiare qualcosa e dimenticava di inserire l’allarme. Così Ranger è potuto entrare e Macaroni pure. E sei entrata anche tu. Non credo che Hannibal si fosse reso conto delle dimensioni del problema. Pensava che Homer se ne stesse tranquillo chiuso in casa.»

«Ma Homer è un balordo.»

«Già, Homer è davvero un balordo. Dopo aver ucciso Macaroni, è andato in panico. Drogato e stordito com’era, immagino che abbia creduto di sapersi nascondere meglio di quanto Hannibal potesse fare per lui, perciò è tornato a casa a prendere il suo bottino. Soltanto che non c’era più.»

«E Hannibal ha sguinzagliato i suoi uomini in tutto lo Stato a caccia di Homer.»

«A quel piccolo idiota deve aver fatto piacere sapere che si stavano dannando per trovarlo» disse Joe.

«E il bottino, allora?» domandai. «Qualcuno ha un’idea di dove sia finita la borsa da palestra piena di soldi?» Qualcuno a parte me, intendevo.

«Uno dei grandi misteri della vita» rispose Morelli. «L’opinione più accreditata è che Homer l’abbia nascosta mentre si trovava sotto l’effetto della droga e poi abbia dimenticato dove l’aveva messa.»

«Sembrerebbe logico» dissi. «Scommetto che è proprio così.» Diavolo, perché non lasciare che Dougie e il Luna si godessero il denaro? Se glielo avessero confiscato sarebbe andato a finire nelle casse del governo e Dio solo sa che fine avrebbe fatto.

Morelli parcheggiò davanti a casa sua, in Slater Street, e mi aiutò a scendere. Aprì la porta e Bob mi saltò al petto e mi sorrise.

«È contento di vedermi» dissi a Joe. E il fatto che stessi tenendo in mano un sacchetto pieno di cavolfiori gratinati non era estraneo alla cosa. Ma non mi importava: Bob mi diede un fantastico benvenuto.

Morelli aveva messo la gabbia di Rex sul ripiano della cucina. Tamburellai con le dita su un lato e ci fu un po’ di movimento sotto un cumulo di ghiaia. Rex mise fuori il muso, agitò i baffi e mi guardò sbattendo le palpebre sui suoi occhietti neri come perle.

«Ehi, Rex!» dissi. «Come va?»

I baffi smisero di agitarsi per un nanosecondo, poi Rex si ritirò sotto la lettiera. A chi non lo conoscesse poteva non sembrare, ma per un criceto anche questo era uno straordinario benvenuto.

Morelli aprì un paio di birre e mise due piatti sul tavolo della cucina. Dividemmo i cavolfiori gratinati con Bob e cominciammo a mangiare. Più o meno a metà del secondo boccone mi resi conto che Joe non stava mangiando.

«Non hai fame?» domandai.

Morelli mi sorrise incerto. «Mi sei mancata.»

«Anche tu mi sei mancato.»

«Come sta il braccio?»

«Benissimo.»

Lui mi prese la mano e mi baciò sulla punta delle dita. «Spero che questo vada bene come introduzione, perché mi sento completamente privo di autocontrollo.»