Risi amaramente di me stesso, per farmi di quei problemi quando ogni secondo era prezioso per andarsene di lì.
Raggiunsi la macchina, aprii lo sportello dalla parte della guida.
Qualcosa si mosse sull’altro sedile e disse: — Sono contento che sia tornato. Mi chiedevo come se la sarebbe cavata.
Il terrore mi paralizzò completamente.
Quella cosa che mi aveva rivolto la parola era il grosso cane mansueto che avevo incontrato, per la seconda volta, quella stessa sera davanti a casa mia.
18
— Vedo che ne ha preso qualcuno — disse il Cane. — Li tenga ben stretti. Posso assicurarle che hanno una rara abilità nel fuggire.
Me lo disse proprio mentre mi trovavo a un passo dall’orlo della follia. Rimasi fermo, credo. Non potevo far altro. Quando la testa è sottoposta a una simile scarica di colpi, alla fine si rimane intontiti.
— Be’ — disse il Cane, con aria di rimprovero — non è curioso di sapere chi sono?
— Giusto… — balbettai. — Chi diavolo sei?!
— Lieto che me lo chieda — rispose il Cane. — Posso dirle in tutta franchezza di essere un concorrente. Sì, questa è la parola esatta, un concorrente di quelle cose che ha nel sacco.
— Ne so meno di prima — esclamai. — Mister, chiunque sia, farebbe meglio a spiegarsi.
— Cos’è che non capisce? — chiese il Cane, stupito per la mia dabbenaggine. — Dovrebbe essere perfettamente chiaro. Essendo un concorrente di quelle sfere, mi dovrebbe considerare ipso facto un suo amico.
L’intontimento a questo punto era abbastanza diminuito da farmi decidere di salire in macchina. Ormai non mi importava più di quello che sarebbe potuto succedere. Mi balenò il pensiero che il Cane facesse parte di un altra banda di sfere, che avevano assunto la forma di cani invece che di uomini. Se fosse stato così, ero pronto ad assalirlo anche subito. Cominciavo a stufarmi di avere paura. Ma in che razza di mondo viviamo?, mi dissi. Un uomo si dissocia e ne viene fuori un mucchio di palle nere saltellanti. Un cane ti aspetta in macchina, e comincia a fare conversazione non appena ti vede!
Penso di essermi detto che tutto quel che succedeva non era vero. Ma il Cane era lì, che mi parlava, e non potevo far altro che stare al gioco.
— Perché non mi dà il sacco? — chiese il Cane. — Ci penso io. Farò loro buona guardia. Ho tutto l’interesse che non se la battano.
Gli passai il sacco. Lui lo prese con una zampa sola, come se gli fossero improvvisamente spuntate dita umane. Estrassi la pistola dalla tasca e la impugnai.
— Cos’è quell’aggeggio? — mi chiese il Cane, che dava l’impressione di essere un gran ficcanaso.
— Un’arma chiamata “pistola” — spiegai. — Con un colpo la posso bucare da parte a parte. Quindi niente mosse false!
— Farò del mio meglio — mi disse con molta comprensione. — Però ci tengo ad assicurarle che in questa faccenda sono dalla sua parte.
— Benissimo — dissi. — Cerchi di non dimenticarlo.
Avviai la macchina, feci manovra e ripercorsi la stradina.
— Ha fatto bene a darmi questo sacco — disse il Cane. — Perché mi sono fatto una buona esperienza nel maneggiare queste cose.
— Allora mi saprà dire dove dobbiamo portarle — dissi io.
— Ci sono molti posti dove potremo sbarazzarcene — disse il Cane. — Mi permetto di suggerire che l’optimum sarebbe qualche metodo sbrigativo, e magari anche un pochino doloroso.
— Non pensavo di liberarmene subito — dissi. — Ho fatto una fatica d’inferno per metterli nel sacco.
— Mi creda, non è saggio lasciare in vita queste cose — ribatté il Cane.
— Dica un po’ — osservai. — Sembra che conosca bene queste creature, ma perché continua a chiamarle “cose”? Non hanno un nome?
— Nome?
— Sì, un nome, una definizione… Si chiameranno pure in qualche modo.
— Capisco — disse il Cane. — Scusi se talvolta sono lento a comprendere.
— E poi, prima che me ne dimentichi, come fa a parlare? Non è mai esistito un cane parlante.
— Un cane?
— Sì, lei. Almeno, ha l’aspetto di un cane.
— Che meraviglia! — esclamò estasiato. — Adesso so cosa sono! Ho incontrato molte creature che genericamente mi assomigliano, ma sono così diverse da me, e di tanti tipi differenti! Ho cercato anche di comunicare con loro, ma…
— Intende dire che è proprio come appare? Non è qualcosa fatto di qualcos’altro, come i nostri amici lì nel sacco?
— Io sono me stesso — disse orgogliosamente il Cane. — Non potrei essere altrimenti, con tutta la mia buona volontà.
— Ma non mi ha ancora spiegato come fa a parlare.
— Mio caro amico, sarebbe troppo lungo spiegarlo, e noi abbiamo così poco tempo. Vede, non è che io le parli. Sto comunicando con lei per… per…
— Telepatia? — domandai.
— Ripeta, per favore. Scandendo.
Gli spiegai il concetto di telepatia, così come me lo consentivano le mie cognizioni in materia. Non credo di essere stato molto brillante.
— All’incirca — disse il Cane. — Comunque, non è esattamente telepatia.
Lasciai cadere l’argomento. C’erano cose più importanti di cui discutere.
— L’ho vista gironzolare intorno a casa mia — dissi.
— Certo — rispose il Cane. — Lei era… mi lasci trovare il termine… lei era il punto focale in questa vicenda.
— Il punto focale! — dissi, al colmo dello stupore. Fino a quel momento pensavo di esserci finito dentro per caso. Ci sono persone che vanno a piazzarsi sotto l’unico albero, in una foresta, su cui si abbatte il fulmine.
— Loro lo sapevano — riprese il Cane — e di conseguenza anch’io. Mi sta dicendo che lei invece è ignorante?
— Moderiamo i termini, per piacere.
Avevamo raggiunto la fine del viottolo di Timber Lane, e ci avviavamo versa la città.
— Non mi ha risposto — dissi. — Cosa sono quelle bocce? Come le chiama? Deve darmi ancora parecchie risposte.
— Non me ne ha lasciato la possibilità — obiettò il Cane. — Mi fa tante domande, una dopo l’altra! Il suo cervello è interessante, volteggia da una cosa all’altra.
Dal finestrino aperto dalla sua parte entrava un fiotto di aria fredda, che gli tirava indietro il pelo dalla bocca, scivolando lungo le mascelle. Erano mascelle grandi e orrende, e si vedeva che le teneva chiuse. La sua bocca non si muoveva affatto mentre parlava.
— Sa com’è fatto il mio cervello? — chiesi.
— Altrimenti come potrei conversare con lei? Le assicuro che è in gran disordine e gira forte, senza sosta.
Ci pensai su e ritenni che doveva aver ragione lui, anche se non gradivo i connotati che mi attribuiva. Avevo la sgradevole impressione che fosse in grado di leggere tutte le mie conoscenze e i miei pensieri, anche se il suo cervello (o qualunque cosa egli avesse al suo posto) era strutturato in modo diverso.
— Per tornare alla sua domanda sulla quidditas di queste cose — riprese il Cane — noi abbiamo un nome proprio per loro, ma non può essere tradotto in un termine a voi comprensibile. Tra l’altro, dato il ruolo che questi esseri giocano in questa vicenda, potrei definirli una sorta di agenti immobiliari. Certo, il termine è molto approssimativo, ma non riesco a trovare di meglio.
— Intende dire che si occupano di compravendita di immobili?
— Oh no! Non si degnano di trattare cose banali come un singolo fabbricato — disse il Cane.
— E di che si occupano, allora? Di pianeti?
— Be’, sì — proseguì il Cane. — Dovrebbe però trattarsi di un pianeta insolito, di valore elevatissimo. Abitualmente trattano dai sistemi solari in su. E se non sono buoni, non li guardano nemmeno.