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— Procediamo con ordine — dissi. — Ha detto che trattano sistemi solari.

— Le sue facoltà di comprensione non lasciano affatto a desiderare — disse il Cane. — Ha colto bene il fatto fondamentale. Certo, una comprensione globale della situazione tenderebbe a diventare un tantino più complessa.

— Ma per conto di chi acquistano i sistemi solari?

— Ora ci addentriamo in acque più profonde — disse il Cane. — Perché, nonostante io le abbia già fornito alcuni dati, sarebbe indotto a valutare tutto secondo il sistema economico umano che, mi permetta, è il più ostrogoto che abbia mai visto.

— Quello che so — dissi — è che stanno comprando questo pianeta.

— Eh già — rispose il Cane. — E, come al solito, c’è del losco in tutto quello che fanno.

Non risposi. Mi soffermai a pensare quanto fosse ridicolo che me ne stessi a discutere con il sosia di un cane fuori formato, a proposito di una razza aliena che stava tentando di comprare la Terra con i suoi sporchi metodi, stando a quel che pensava il mio amico extraterrestre.

— Vede — aggiunse il Cane — queste cose assumono qualunque forma. Non sono mai se stessi. La loro linea di condotta è sempre l’inganno.

— Ha detto di essere un loro concorrente — osservai. — Quindi anche lei è un agente immobiliare?

— Sì, ma di livello superiore — rispose il Cane in tono compiaciuto.

— Sbaglio a pensare che, se queste sfere non avessero cominciato a comprare la Terra, l’avrebbe fatto lei?

— Mai e poi mai! — protestò il Cane. — Sarebbe immorale. È per questo che mi sono interessato alla faccenda. Questa operazione sarebbe un pugno nell’occhio per tutti gli agenti immobiliari dell’intera Galassia, e perciò non dovrà essere portata a termine. La nostra professione è antica e onorabile, e non deve essere macchiata in alcun modo.

— Ciò che dice è molto bello — dissi. — Ora, cosa intende fare?

— Non so bene. Purtroppo ci troviamo su fronti opposti.

— Noi due? E perché?

— Non lei in quanto persona. Tutta l’umanità, intendo. Con quelle vostre stupide leggi.

— Ma perché vogliono la Terra? E cosa ne vogliono fare?

— Noto che non vede ciò che ha ogni giorno sotto gli occhi — disse il Cane. — Nell’Universo ci sono pochi pianeti simili a questo che voi chiamate Terra. La Terra è un pianeta del tipo “a fondo regolare”, di cui esistono pochi casi, perlopiù dispersi in aree molto lontane. In posti come questi, gli esseri deboli di tutte le galassie vengono a riposare le ossa e a riempirsi gli occhi di rare bellezze. In alcuni sistemi solari hanno anche tentato di mettere in orbita una serie di pianeti artificiali, simulando le condizioni della Terra. Ma l’artificiale resta sempre una lontana approssimazione del naturale. Perciò la Terra ha un elevato valore come località di villeggiatura. Spero si renda conto — aggiunse, quasi in tono di scusa — che per rendermi comprensibile sto usando una serie di concetti molto semplici e approssimativi. Per molti altri versi, le cose stanno in maniera totalmente diversa. L’essenziale è che se ne faccia un’idea.

— Vuol dire — gli chiesi — che, appena acquistata la Terra, questi esseri la trasformeranno in un centro turistico per tutti gli abitanti delle varie galassie?

— Oh, no — fece il Cane — questo andrebbe oltre le loro possibilità. Ci penseranno coloro a cui questi esseri venderanno la Terra. Quello che è certo è che ne ricaveranno un buon guadagno. Nello spazio ci sono molti luoghi di svago, e molti imitano le condizioni della Terra. Ma, di fatto, non c’è niente che possa davvero sostituire un genuino pianeta “a fondo regolare”. Sono certo che la venderanno al prezzo che vogliono.

— E quale sarà il prezzo?

— Fragranza, odore, oppure… — disse il Cane. — Non mi viene la parola esatta.

— Profumo?

— Esatto. Proprio profumo. Cioè odore piacevole. Per questi esseri, l’odore è un attributo della bellezza. Nella loro forma naturale di vita, il profumo rappresenta il più grande tesoro, forse l’unico. E questo perché, nella loro forma naturale, questi esseri non sono fatti come me o come lei, bensì…

— Li ho visti, in quella che presumo sia la loro forma naturale. Come quelli nel sacco.

— Allora comincia a capire — commentò il Cane. — Sono come del Nulla raggrumato.

Sollevò il sacco, e con furia selvaggia lo agitò violentemente, facendo scontrare le sfere al suo interno.

— Grumi di niente — sottolineò — e ora eccoli lì immobili, immersi nel loro profumo. Questa forse è la loro felicità, se esiste felicità per esseri del genere.

Continuavo a pensarci, e mi pareva un insulto all’intelligenza. Dubitai anche, per un attimo, che il Cane mi stesse prendendo per i fondelli, ma poi decisi di no. Perché, se questo era solo uno scherzo, c’era dentro fino al collo anche lui, altrettanto grottesco e incongruente delle sfere imprigionate nel sacco.

— Mi dispiace — proseguì ancora il Cane, senza però alcuna espressione di rammarico — ma tutti voi ne avete colpa. Con le vostre stupide leggi…

— Lo aveva già detto — lo interruppi. — Cosa vuole dire con “le vostre stupide leggi”?

— Quelle che riguardano chiunque possieda qualcosa.

— Intende il diritto di proprietà?

— Credo che sia questo il termine usato da voi.

— Ma se ha detto che quelle palle da bowling si danno da fare per vendere la Terra…

— È tutt’altra cosa! — obiettò il Cane. — Ho dovuto esprimermi come fate voi, perché non c’era altro modo di spiegarlo. Ma, sul mio onore, le posso garantire che è tutt’altra cosa.

Già, doveva essere così, pensai. Era impossibile che due culture, una aliena rispetto all’altra, arrivassero a fare le cose nello stesso modo. Diverse motivazioni, metodi differenti, non poteva esistere parallelismo. Non solo le lingue, ma anche i concetti dovevano mancare di paralleli.

— Ho avuto molte difficoltà per adattarmi ai vostri metodi — disse il Cane — dato che nel frattempo sono stato molto occupato, come può immaginare, a raccogliere informazioni in merito a parecchie altre cose.

Sospirò. — Non ha idea… ovviamente, e come potrebbe?… su quanto ci sia da imparare, quando si giunge in una nuova forma di civiltà senza un’adeguata preparazione.

Diedi il mio contributo alla sua formazione parlandogli del motore a combustione interna e dei meccanismi per sfruttarne la forza motrice. Non ne sapevo granché ma cercai di spiegarglielo come meglio potevo. Con risultati disastrosi, perché capì l’esatto contrario. Dalle sue reazioni mi resi conto che non si era mai imbattuto in niente di simile. Ebbi inoltre la netta impressione che lo colpisse non l’ingegnosità dell’invenzione, ma la sua stupidità.

— La ringrazio molto per la precisa esposizione — mi disse soavemente. — Non avrei dovuto seccarla, ma la mia curiosità è immensa. Forse sarebbe stato meglio se avessimo impiegato il tempo per decidere come togliere dalla circolazione queste sfere.

Scosse ancora il sacco di plastica, per farmi intendere di chi parlava.

— So già cosa ne farò — gli dissi. — Le porteremo a un mio amico, Carleton Stirling. È un biologo.

— Un biologo? — disse con aria stupita.

— Uno che studia la vita — spiegai. — Può sezionare queste cose, e dirci di che cosa sono fatte e cosa sono.

— La procedura è dolorosa? — chiese il Cane.

— Da certi punti di vista, immagino di sì.

— Allora va bene — decise il Cane. — Biologo, eh?… Mi sembra di ricordare qualcosa del genere…

Dal modo in cui lo diceva, ero quasi sicuro che avesse in testa qualcosa che non c’entrava minimamente. Ci sono un sacco di modi per studiare la vita.