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Ma più cristianamente io proporrei di tenerli alla gogna per dieci giorni in piazza del Popolo. Ovviamente, vestiti da suore elisabettine.

21 marzo '93

Italia

Caro Direttore, Le faccio un pettegolezzo, ma mi raccomando, è una confidenza a livello di portineria e non la ripeta a nessuno: lo sa che sono cambiate più cose negli ultimi cinque anni che in tutto il secolo? Tenga le orecchie dritte come una volpe del deserto.

Cominciamo col dire che tutti noi forse non ci siamo resi conto fino in fondo di quello che è successo e sta per succedere in Italia.

In questi ultimi mesi un'autentica rivoluzione, un golpe insperato sta per far cadere un tiranno che sembrava destinato a regnare per almeno~un altro secolo: la partitocrazia.

Amici, stiamo per guarire da una maledettissima peste, dannosissima per il nostro paese: i partiti politici.

Poi è caduto il muro di Berlino, si sono frantumate la Cecoslovacchia e la Jugoslavia monolitica di Tito.

S'è polverizzato l'impero socialista.

A Mosca lo zar Eltsin viene combattuto duramente e la situazione è tragica: a un punto tale che, pur avendo esultato alla caduta del muro, per fermare l'ondata di almeno trenta milioni di russi affamati saremo costretti addirittura a costruire una grande muraglia.

Fortunatamente di quello che succede al di fuori dell'Italia noi abbiamo idee molto vaghe e confuse. Ci sono stati dei massacri in India: uno a Bombay e l'altro a Calcutta.

Nei prossimi quarant'armi in quel grande paese potrebbe esplodere una del e guerre di religione più spaventose della storia del pianeta, e sui nostri giornali se la caveranno con poche righe.

E chi di noi sa qualcosa della rivoluzione integralista che potrebbe incendiare il Medio Oriente e tutto il Nord Africa arabo? Meno male che siamo impegnati a scrivere e a leggere solo su Tangentopoli e sul problema di Baggio e Mancini, e di come possono convivere nel a stessa squadra.

Credo che non tutto il merito sia nostro, ma anche di una stampa provinciale che si disinteressa completamente di eventi che avvengono poco lontano da noi, dall'altra parte dell'Adriatico, come la terribile faida tra bosniaci, serbi e croati.

Ci siamo accorti della tragedia degli albanesi solo quando li abbiamo visti arrivare disperati su navi stracolme sulle coste della Puglia.

Si ricorda Direttore come si buttavano in mare e come nuotavano? Le faccio una proposta saggia: perché non li facciamo sbarcare e gli facciamo mangiare tutta la mucillagine? Sarebbe un bel sollievo per gli operatori turistici.

Poi quelle stesse navi potremo usarle per spedire in Albania tutti i tangentisti.

Da noi si scrive e si parla solo dello strapotere del Milan, del declino della Ferrari, del Festival di Sanremo, e, con una punta di noia, di chi andrà in galera domani nell'inchiesta mani pulite.

La nostra felicità, l'obiettivo fondamentale della nostra vita, per ora rimane quello di vincere i campionati di calcio del 1994 negli Stati Uniti.

Abbiamo una singolare immagine del mondo: noi siamo i migliori, i più grandi amanti, i più eleganti, i più intelligenti, la nostra cucina non ha eguali, siamo i più buoni e i più simpatici, i più tutto insomma.

Ed è vero, perché abbiamo esportato in tutto il mondo il nostro ingegno, la nostra povertà, la nostra intolleranza cattolica, la nostra malinconia, la pizza napoletana, e, in tutta Europa, gli spaghetti al pomodoro.

Poi c'è un'altra nostra invenzione che ha avuto molto successo: la mafia siciliana che, trapiantata in America, viene servita come Cosa Nostra.

Noi siamo deliziosi nelle truffe e abilissimi nel raffinare le droghe pesanti, in piccole e geniali fabbriche artigianali che, dopo la lavorazione, vengono vendute, e lo dico con grande orgoglio, in tutto il mondo.

Infine siamo gli inventori di un modo unico di gestire la cosa pubblica: Tangentopoli! Che come costruzione ha la grandezza della Nona di Beethoven e la singolarità del trittico di Bosch al Prado di Madrid, anche se in questi giorni somiglia sempre di più al Giudizio Universale.

Tutti però siamo ossessionati da un grande dubbio: potranno Baggio e Mancini coesistere nella stessa squadra? Vi rendete conto? Due mezze punte! E chi va dentro, poi, alle difese avversarie? Ma fatemi il piacere! Non scherziamo con le cose serie!

28 marzo '93

Fellini

Sono le quattro di un pomeriggio.

E' un novembre grigio e con poco sole del 1938. Il mare invernale è leggermente mosso e color fango perché in quel punto il torrente Bisagno esce in mare aperto.

La località si chiama la Foce e la città è la mia città: Genova.

Io, mio fratello gemello e mia nonna Delia stiamo tornando verso casa.

Fa quasi freddo e stiamo mangiando avidamente, da un cartoccio che mia nonna tiene in mano, del e castagne arrostite e fumanti.

Passiamo vicino alla spiaggia.

Dei pescatori escono con due gozzi.

Buttano le reti a duecento metri di distanza, e da terra con quattro massicci cavalli color marrone le tirano su.

Due cavalli arrivano fino al punto dove le reti vengono arrotolate sulle pietre tonde e grigie della spiaggia, mentre gli altri due tornano con gli zoccoli fino in acqua: i pescatori li attaccano alla corda che delimita la rete e che cominciano a tirare loro stessi.

La frusta schiocca in aria senza toccare i cavalli, che però, a ogni colpo, avanzano con un breve scatto, impauriti.

Alla fine della rete c'è una grande sacca a maglia stretta come una grande calza.

E per la pesca dei bianchetti che sono i piccoli delle acciughe.

Si possono mangiare crudi con un po' di limone o sbollentati con olio di oliva e pepe nero: sono squisiti.

Questa pesca è ormai vietata da molti anni.

C'è molta gente attorno alla rete: vogliono vedere.

I pesci vengono raccolti in secchi di zinco e venduti dalle donne che hanno scialli neri e urlano come muezzin, meccanicamente: Sun bel i freschi, vegnì a vedde xente!.

Vogliono attirare i compratori.

Poi li pesano su bilance a bilico.

Sui piatti di rame hanno messo fogli di carta gialla e spessa che arrotolano velocemente in pacchi a forma di cono.

I soldi li mettono dentro i grembiuloni azzurri.

L'aria è impregnata dell'odore forte del pesce.

A un tratto sentiamo gridare intorno: il Rex… ecco il Rex.

II Rex è l'orgoglio della nostra marina mercantile.

Cinquantaduemila tonnellate.

Aveva vinto proprio in quei mesi il Nastro Azzurro, il primato di velocità nella traversata atlantica in otto giorni. Eccolo… eccolo…! urlano delle voci, e tutti a correre verso la riva del mare, coi piedi quasi nell'acqua fredda.

Preceduto da un fortissimo suono delle sue trombe, di fronte ai nostri occhi il Rex appare come una montagna nera di almeno seicento metri, coi fumaioli tricolori, illuminati da un ultimo raggio di sole.

In un attimo gira attorno alla diga foranea del porto e scompare al 'orizzonte! Tutti applaudono.

Quel ricordo e quelle misure stravolte dalla mia coscienza infantile erano sepolti e ormai del tutto dimenticati.

Passano molti anni.

Ed ecco che Fellini in Amarcord me l'ha restituita intera, la mia visione.

Questa è a mio parere la straordinaria capacità di Federico Fellini: deformare la realtà con la coscienza ipertrofica dell'infanzia.

La sua grandezza creativa è quella di restituirti un'immagine del mondo come visto dall'occhio di un bambino.

E così mi è capitato per il passaggio della Mille miglia e la Venezia cimiteriale di Casanova che ha evocato i miei primi viaggi in laguna a trovare i nonni, e la decadenza dell'impero di Roma che si sgretola nella cena di Trimalchione in Satyricon.