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Di loro si parla solo come teppisti: in realtà sono dei malati, che lanciano ruvide invocazioni d'aiuto: sfasciano, dunque esistono.

Cerchiamo di avere pietà di loro, sono nostri figli.

13 dicembre '92

Chiacchiere e violenza

10 non so più come urlarlo: basta con la retorica, basta con le chiacchiere.

Bisogna cambiare, cambiamo, ora si cambia, stiamo cambiando, svoltiamo.

La verità è che mi sembra ancora e sempre tutto fermo.

Il moralismo di stampo clericale imperversa come sempre: tutti contro tutti.

I pochi politici che galleggiano hanno l'etichetta non di uomini di valore, di talento politico, ma solo di uomo onesto, e cioè di uomo che non ruba.

Scalfaro, che è un gran galantuomo, anche se ha quasi beccato un cazzotto ai funerali di Borsellino al Duomo di Palermo, va in Albania e dice pubblicamente che i serbi sono proprio gentaccia, sono come Hitler e Stalin.

E tutti ora a condannare Israele per l'espulsione dei quattrocento palestinesi.

E se li avessimo avuti in casa noi? Degli albanesi noi che ne abbiam fatto, ce li siam tenuti o li abbiamo ributtati in mare? Noi abbiamo questa sinistra caratteristica: siamo sempre indignati, ma solo per gli altri.

Mai per noi.

Di noi accettiamo tutto.

Arriva la comunicazione giudiziaria a Craxi e tutti prima a gioire e urlargli al ladro al ladro in via del Corso, ma poi eccoli lì, quelli della Dc, tutti a scendere in campo a far quadrato intorno al segretario socialista.

Sono contento per la figlia segreta di Ripa di Meana: beato lui, pensate, alla sua età, sessantatré anni, trovarsi una figlia dev'essere una grande gioia e poi è anche subito finita in prima pagina di Repubblica Se lo scoprissi io di avere una figlia segreta alla mia età sarei prima linciato moralmente e poi guardato con disprezzo dai negozianti del povero quartiere dove abito.

Confesso che mi ha fatto molta tenerezza il povero colonnello dei carabinieri beccato col tema in tasca già preparato all'esame di procuratore legale.

E stato subito esonerato e gli hanno rovinato la vita.

Ora come fa a rientrare a casa e a sostenere lo sguardo prima del portinaio, dei figli, della moglie, ma soprattutto di sua madre che è sempre stata fiera del suo figliolo? Se non vi dispiace voglio finire anche oggi con la violenza negli stadi.

Lo stadio è solo un pretesto.

Ho visto i capibanda che davano le spalle alla partita per tutta la durata dell'incontro, preoccupati solo del vero spettacolo: quel o sul e gradinate.

Lo dirigono con colpi di fischietto come al Desfile del Carnevale di Rio e con le dita, come gli agenti di Borsa, indicano qual è il movimento coreografico da fare e lo slogan da lanciare.

E ora preparatevi a un paradosso molto sgradevole.

Nel nostro Risorgimento i primi moti libertari del 1821, nei quali fu coscritto anche un padre della patria come Giuseppe Mazzini, erano violentemente condannati come destabilizzanti dalla morale di allora e soprattutto dal a concezione del o Stato in quel periodo di quel secolo.

Negli anni di piombo, una parte dell'animo giovanile delle università giustificava i delitti delle Br come necessari e quindi non li condannava ma anzi li considerava atti rivoluzionari e quasi poetici. Ora nella cultura degli ultras delle curve, imposta anche dalla televisione e dalla stampa specializzata che ne esagera ed esaspera il significato, una cultura di un livello non basso, ma bassissimo, gli unici valori sono: essere visibili, e contrastare lo spirito combattivo degli avversari, individuati semplicisticamente come i supporter del e altre squadre.

Prendiamo il caso Fiorillo.

Ricordate il ragazzo che tanti anni fa ha ucciso il povero Paparelli nella curva laziale con un razzo in un occhio di fronte alla moglie inorridita? Allora cominciamo col dire che Fiorillo era sicuramente uno psicolabile.

Faceva parte delle Brigate giallo-rosse della curva sud dell'Olimpico, ma, essendo ingovernabile, è stato cacciato anche da quel gruppuscolo.

Con un piccolo drappello di fedelissimi è quindi passato alla clandestinità, quasi come le Br che, emarginate da Potere operaio e Lotta continua, passavano nelle frange illegali.

Si metteva ogni domenica in alto, nella curva di sempre, ma ben lontano dai centri di potere delle Brigate giallo-rosse, tollerate e finanziate anche dalle società.

Arriva il giorno più atteso, il giorno dell'odio, il derby Roma-Lazio.

Fiorillo arriva allo stadio con una sorta di bazooka che la polizia aveva avuto l'incoscienza di far passare.

Entrano le squadre in campo: è il grande momento del e curve e del loro spettacolo. Quella laziale srotola all'improvviso un grande striscione: Rocca, i cadaveri non resuscitano!

Rocca, terzino della Roma e della Nazionale, usciva da una terribile operazione al ginocchio che gli avrebbe rovinato la carriera.

Fiorillo vede rosso e spara col suo cannone verso la curva laziale, così, alla cieca, nel gruppo.

Le foto della moglie di Paparelli che cerca di estrarre il razzo dall'occhio del morto sono ancora impresse con raccapriccio nella nostra memoria.

Fiorillo passa alla latitanza.

Ed ecco il paradosso sgradevole: vi prego, non rabbrividite.

Tutta la frangia arrabbiata dall'intellighenzia italiana degli anni Settanta ha stabilito che il fare politica era lotta dura e senza paura e che era soprattutto un fenomeno neoromantico, l'unico modo possibile per cambiare le cose e quindi si consideravano le azioni delle Br come gesti poetici ma era, quella, tutta gente di grande cultura, professori universitari, Toni Negri, Sofri, Curcio e altri.

Per loro si aveva una specie di comprensione.

Perché non averla anche per Fiorillo? Nella tragica cultura da curva di Fiorillo, che non ha riferimenti per canalizzare la sua rabbia di escluso da sempre, quello era l'unico gesto libero, rivoluzionario, illegale, di protesta possibile, e quindi quel o di Fiorilo è stato, sì, uno stupido omicidio, ma anche un povero triste gesto poetico.

Punto! Fratelli della grande sinistra, cerchiamo di avere un po' di pietà anche per loro e non solo e sempre, come abbiam fatto in passato, per noi.

P.S.

Abbiate però pietà anche di noi disgraziati, non abbiamo figlie segrete, né mogli famose, né soldi, né titoli nobiliari, ma mogli mostruose.

Siamo mediocri, è vero.

Ma stiamo morendo con la faccia contro la televisione.

Voi siete cristiani, o no?

20 dicembre '92

Natale

Cari fratelli della Grande Sinistra, diciamoci la verità, quest'ultimo Natale è stato proprio un Natale di merda.

Come ben sapete né io né voi né soprattutto il Papa polacco crediamo in Dio.

Lui poi l'ha clamorosamente dimostrato quando, spaventato a morte per la sua malattia, è entrato in ospedale pallido e tremante.

Neppure il dubbio di tentare una guarigione miracolosa a Lourdes viaggiando col treno ospedale mescolato ai malati comuni, né un minimo di fiducia negli archiatri pontifici (che sono i tradizionali medici dei papi), no! Lui subito di corsa e di gran carriera al Policlinico Gemelli con le staffette della polizia ad aprire il traffico alla caccia del miglior chirurgo su piazza.

Implorava fedeli e infermieri lì all'ingresso di pregare: solo per lui, dimenticando clamorosamente i somali, i fratelli della ex Jugoslavia e l'intera popolazione del Bangladesh.

Tremava come una foglia e, a mio avviso, se si prendeva due Tavor avrebbe nascosto meglio il suo terrore del nulla che c'è dopo la morte. Per me è stata una grande occasione perduta.

Poteva in gran segreto farsi operare da un gran chirurgo, e poi simulare una plateale guarigione nella piscina di Lourdes, dove deve fare un freddo della madonna, ma spero che, almeno, l'acqua sia riscaldata.